Curiosando qua e là tra i blog consigliati ed i post correlati da WordPress a quello che sto leggendo in un dato momento, mi sono imbattuta in questa storia molto… contemporanea 🙂
Un fotografo ha ritratto il suo cane (Max) in una serie pose iconiche di una delle popstar più note, di successo e più antipatiche ai miei nervi (Madonna). Il risultato è pregevole, e divertente – buttateci l’occhio.

Non mi è riuscito tuttavia di evitare un piccolo pensiero, ossia: nonostante la qualità dell’intento e appunto del risultato, non si è travalicato un tantino il limite tra gioco innocuo e manipolazione di un essere vivente – per quanto non vittima di una più diffusa e chiara violenza fisica – ad uso oggetto?
Ho provato vero fastidio, va detto, per una sola foto (quella che replica la copertina di Harper’s Bazaar, con Max a… zampe larghe, ehm, ed un corpetto dorato con tanto di finto seno a cono). Forse, senza quella e magari senza l’altra in cui il soggetto-cane diventa un salame tenuto fermo in stazione eretta da due comparse di lato e da un abito fasciante rosa, forse non ci avrei nemmeno pensato su.
Però, invece.
Ciò che mi disturba non è, comunque, la sensualità più o meno accentuata degli scatti scelti, ma l’evenienza di una palese costrizione, di una forzatura delle attitudini e del comportamento naturali di Max. Un conto è (in)trattenere il proprio “peloso” per qualche minuto, sfruttando certe sue pose o certe situazioni che già di per sé si prestano al gioco. Un altro è imbrigliarlo, magari per un lungo tempo, in una vera e propria rappresentazione che gli risulta estranea e, in quanto incomprensibile impedimento ai suoi istinti, frustrante.
Chiaro.
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Woof!
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