Simenon, mon amour

Nome notissimo ed assai prolifico della letteratura francofona, di Georges Simenon Paola di My bookish room ha condensato in due tratti universalmente riconosciuti lo spirito:

La forza dei suoi romanzi non sta nelle vicende narrate, sempre ridotte all’osso, ma nell’accurata introspezione psicologica dei suoi protagonisti. Le descrizioni fisiche sono rarissime eppure quasi sempre abbiamo la netta percezione delle fisionomie dei suoi personaggi […]

L’asciuttezza ed il sapore di intimità che Simenon sa evocare mi fanno pensare, in altro ambito, ai dipinti di Edward Hopper: ha un tratto denso ma essenziale, intenso senza sbavature o ridondanze.
Inoltre – effetto che non può dipendere unicamente dal ritmo impresso alla narrazione, che pure vi contribuisce molto – ha la capacità di fermare il tempo. A differenza di altri libri e autori, che posso leggere con velocità ed attenzione adattabili al contesto e alle mie esigenze (pur godendo appieno delle storie, lasciandomi trasportare altrove), Simenon non riesco a leggerlo se non sprofondandoci dentro con tutta la persona.
Spesso mastico un brano per un solo quarto d’ora, poi sospendo per assimilarlo e lasciarmene riscaldare, e via così: eppure, anche se per un brevissimo periodo di tempo “oggettivo”, il normale fluire del mondo viene interrotto. La mia stessa coscienza è, quasi, sospesa: più che quella di immergersi in un universo altro, che ogni buon romanzo può garantire, la sensazione è quella – viscerale – di essere altro.
Essere altro, forse, come essere “di più”: partecipare alla realtà aumentata di se stessi.

Ho mutuato la passione per il belga (mirabile dictu) da mio padre; lui che dell’animo umano e in specie delle sue miserie se n’intendeva.
Leggerlo, che sia un Maigret o ancor meglio un romanzo che non appartiene a questa infinita serie di volumetti gialli Adelphi, è anche un modo per sopportare la crudeltà della vita: quella che abbonda nei cuori e fa capolino negli occhi “bovini” dei suoi personaggi, quella per cui l’autore sembra provare la medesima compassione che Dio riserva alle sue povere, scapestrate creature – vittime e carnefici.

4 pensieri riguardo “Simenon, mon amour

  1. Come pesci, ignari di essere costretti a vivere dentro un’ampolla, i protagonisti che spingono Maigret alla soluzione di rebus esistenziali sono in uno stato di negazione perpetua della normalità.
    Maigret entra in apnea per capirli, per spogliarli dei loro paraocchi, per ridare loro la vista della realtà. Non è un’operazione facile, richiede mente chirurgica, cuore allenato, e coscienza del male che attacca chiunque, a caso, senza risparmiare cartucce di orrore.

    [Fonte: http://liberidiscrivere.com/2018/09/17/i-maigret-14-adelphi-2016-di-georges-simenon-a-cura-di-daniela-distefano/ ]

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