Carnet (Giugno 2019)

Siccome il sistema usato sin qui per indicare i libri ed i film migliori del mese non mi convince più tanto, provo stavolta a differenziare:
con la stelletta 🌟 ho contrassegnato quelli (a mio parere, s’intende) di particolare qualità e di un certo livello, che ho apprezzato per i più svariati motivi;
col cuore ❤ ho contrassegnato invece quelli che mi hanno personalmente conquistato o che, comunque, mi han lasciato qualcosa a livello intimo. Insomma, quelli che mi fanno battere il cuore, per l’appunto – in 99 casi su 100 vantano anche evidenti pregi, certo,  ma occasionalmente possono pure non vantarne nessuno: ai propri “figli” si vuole bene anche quando son brutti come la fame.

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[libri letti]
60. In fondo al laboratorio a sinistra, Curiosità e bizzarrie della scienza
– Edouard Launet

61. Parli sempre di soldi!Hans Magnus Enzensberger
🌟 62. L’avversario – Emmanuel Carrère
* La vita istruzioni per l’uso – Georges Perec [interrotto]
Dopo Le cose, che mi aveva convinta, questo secondo approccio con l’autore è risultato indigesto. Non voglio dire deludente: sarei ingiusta, dal momento che ho sopportato solo poche pagine prima di chiudere. Ma lo stile descrittivo – letteralmente – di Perec, se ha una sua ragion d’essere e snellisce un romanzo già snello, richiede invece uno sforzo epico quando trasuda da centinaia di pagine, fatte per altro di storie fittamente dettagliate e tra loro intersecate.
Non ho più tempo da “perdere” dietro a testi meno che importanti e al contempo accessibili, sicuramente non ho più nemmeno l’età delle sperimentazioni “a perdere”. Peccato, però, che l’idea che me n’ero fatta si discosti così tanto dalla realtà: inseguo questo libro in effetti dal 2016, anno in cui lo stava leggendo la figlia di un buon amico al mare, dove li avevo raggiunti. Non mi riesce di capire, e forse distinguere non è neppure la miglior cosa, se sia il racconto delle vicende degli inquilini di un palazzo, o le vicende stesse, a pesarmi.
Lo spiega certamente meglio Ferdinando Amigoni, nelle note ad un altro suo libro (elencato sotto): […] come Percival Bartlebooth, il protagonista de La vita istruzioni per l’uso, scoprirà a sue spese, l’illimitata manipolazione di tessere di puzzle (o di parole, per l’oulipiano Perec) comporta il rischio di perdersi in labirinti tanto vasti e tortuosi quanto futili, e a lungo andare addirittura mortali.
63. La scala di ferro – Georges Simenon
64. I miei flop preferiti, E altre idee a disposizione delle generazioni future
– Hans Magnus Enzensberger
Anche Enzensberger è un autore che ci tenevo ad esplorare, ispirata da non ricordo quale considerazione su di lui e, in seguito, dalle quarte di copertina riportate sul sito interbibliotecario. Se il primo colpo è stato piacevole, ma non felice, questo secondo ne ricalca le orme: qualche spunto interessante, sì (in questo caso soprattutto nella seconda parte: quella dedicata a ipotetici progetti di scrittura, regia, teatro…, il che mi rammenta un bel taccuino, una raccolta di spunti narrativi per futuri racconti di Hawthorne che un tempo avevo), c’è qualche spunto interessante, dicevo, ma nulla più.
Un terzo libro è in arrivo, ma sarà l’ultimo tentativo di trovare una consonanza con del materiale così tiepido, timido.

65. 96 lezioni di felicità – Marie Kondo
D’accordo, il titolo è mieloso. La Kondo stessa, seppure marziale nel suo condurre gli allievi lungo il percorso di quel che lei chiama riordino, è apparentemente una cosetta dolcissima. Eppure, al netto di tutte le (tante) critiche ricevute – vuoi perché la sua gratitudine verso gli oggetti trascende in un panteismo che non ci è familiare, vuoi perché insiste sul verbo buttare (meno della Tatsumi, ma pur sempre troppo per la nostra sensibilità), e via dicendo – trovo che l’apprezzamento ricevuto around the world non si riduca alla sola moda, al fenomeno di costume ed all’esagerazione dei nostri entusiasmi post-moderni.
Non tutto ciò che è minimalismo è cosa buona, per quanto io senta che la mia parte nel gioco è di difenderlo da fraintendimenti e banalizzazioni – potendo, idealmente, di depotenziarlo come prodotto di massa sino a farlo ri-scomparire in una nicchia per coloro, pochi o tanti, che l’hanno seriamente adottato.
Resta comunque un must; un volumetto in equilibrio tra racconto appassionante (com’è più nello stile del primo libro, L’arte del riordino), e manuale d’uso pratico, guida ai perplessi desiderosi di svuotare, liberare, cambiare. E respirare.
66. La settimana bianca – Emmanuel Carrère
67. Si salvi chi vuole – Costanza Miriano
A proposito di monastero wi-fi, di monaci metropolitani e di salvezza che non conosce procedure d’infrazione. Lo stile della (fu?) giornalista lo si riconosce immediatamente, ed è come al solito frizzante, leggero ma molto chiaro e puntuale.
Personalmente poi càpita a fagiolo in un periodo in cui sto pensando a come poter concretizzare una vita ispirata al monachesimo, idea che inseguo da tempo; e dunque è un supporto in più.

❤ 68. Senza amare andare sul mare – Christian Pastore
660 pagine di puro godimento. Narrativa che conquista, ma senza pretese auliche. Un autore italiano, per altro, anche se il nome mi suggeriva un italo-americano – e questo lo si avverte nei dettagli, soprattutto lessicali -, ma di respiro internazionale (per altro al suo primo romanzo). Un autore nascosto, anche, di cui le poche righe sul risvolto non svelano nulla se non che già scriveva per la carta stampata. Un autore che si cala in tutti i suoi personaggi e si cela dietro decine di maschere diverse – e credibili: ogni volta in prima persona.
Un portfolio di personaggi in crociera – che però, sulla nave, ci sono arrivati non di propria volontà e senza serbare ricordo alcuno dell’avvenimento. Un diario da compilare ogni sera, ed un album contenente una sola fotografia, a vario titolo scomoda, per ciascuno dei malcapitati, più prigionieri che turisti su un mare e sotto un cielo immutabili e privi di guizzi di vita.
Un singolo capitolo per ciascun personaggio (in tutto 40), storie che si intersecano ma, per lo più, all’insaputa di chi ne è protagonista. Un mistero, quello della nave, di chi la governa e li ha voluti lì, tutti insieme; che sovrasta pagina per pagina quelli individuali (a volte piccoli, mai miserabili) che tormentano i convenuti.
Penserete ad un mattone ansiogeno, forse, invece no: è divertente. Molto. E scanzonato, per quanto possa esserlo un purgatorio privo di orizzonte temporale
Edit 1.07.19: l’ho appena notato: Pastore ha tradotto anche Storie della tua vita, di Ted Chiang. Da uno dei racconti di questa raccolta è stato tratto Arrival, che ho appena visto. Ne scriverò, se il cuore mi regge.
69. La bottega oscura – Georges Perec
Una raccolta di sogni (due parole qui) corredata da bellissime note esplicative “che identificano persone, avvenimenti e cose della vita diurna”, ma anche che danno una lettura psicanalitica di tratti caratteristici dello scrittore – di Ferdinando Amigoni.
🌟 70. Costruire, Le storie nascoste dietro le architetture – Roma Agrawal
Il racconto sintetico, interessante e condotto da un’ingegnera strutturale, di come siano nate le odierne architetture civili – con esempi che si rifanno alle sue proprie opere e svariati aneddoti, purtroppo per forza di cose spesso tragici: come quello delle Twin Towers che specifica un problema banale ma dalle conseguenze gravi, e che ignoravo.
I contenuti sono seri, ma l’esposizione morbida: ho immaginato più volte, anziché di stare leggendo un testo, di trovarmi in una saletta da thé con il liquido ambrato che più amo e delle meringhe davanti, conversando con l’autrice; in compagnia.
Peccato però per i numerosi, e grossolani, errori trovati qua e là: fin dalle prime pagine mi son chiesta se i correttori di bozze della Bollati Boringhieri siano usualmente ubriachi, o se magari li abbiano licenziati; perché certi paragrafi sembrano essere appena stati battuti al pc e non dico non essere stati rivisti, ma nemmeno riletti.
71. Il silenzio – Erling Kagge
72. Camminare – Erling Kagge
73. Per non morire di televisione – Hans Magnus Enzensberger

Attualissimo. Finalmente dei testi suoi (si tratta di una raccolta di articoli) che non mi lasciano insoddisfatta. Interessante anche la piccola polemica, nella quale entra verso le ultime pagine, con McLuhan.
74. Mi ricordo – Georges Perec
🌟 75. Tumulto – Hans Magnus Enzensberger
Un altro centro, questa volta con materiale autobiografico: se vi interessano la Russia, il Novecento, e ficcare il naso negli apparati delle dittature (ma anche nella vita spicciola di chi vi è sottoposto); è un libro che fa per voi. E’ il resoconto dei viaggi nell’Unione Sovietica, ma anche, e in porzione maggiore, del suo coinvolgimento nel ’68 – attraverso un’auto-intervista assai accattivante.
A proposito di Est, ne approfitto per consigliare 
Nostalgistan, un libro di Tino Mantarro (intervistato qui dalla blogger Claudia), conquistato dall’estetica dello sfascio.
76. Orizzonti selvaggi – Carlo Calenda

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[film visti]
* La felicità è un sistema complesso – Gianni Zanasi [bloccato a metà]
Ebbasta. Avevo visto un suo film, poco convincente, ci ho riprovato e – almeno finché il disco non s’è impallato – l’ho trovato nuovamente strano, irrisolto, lento. Grazie lo stesso signor Zanasi, noi però abbiamo chiuso.
59. Haunting (Presenze) – Jan de Bont
60. Piano 17 – Manetti Bros. [vedi anche da qui in giù]
61. I segreti di Osage County – John Wells
Incasellato nel genere commedia, è in realtà un drammone da far tremare i polsi, e permette alla Streep ed alla Roberts (quanto mi piace la Roberts in ruoli drammatici da stronza) di rifulgere: per una volta si può dire che il film sia costruito attorno a, e funzionale agli, attori – non dimentichiamo che nasce come rappresentazione teatrale -, anziché essere gli attori a sostenere con la loro più o meno spiccata bravura le sorti di una trama. No happy ending, let’s party!
🌟 62. Il ministro, L’esercizio dello stato – Pierre Schoeller
Cinico, ma qui il cinismo assume il sentore polveroso della burocrazia e del potere stantìo.
Una condanna della politica, con i suoi inganni e le sue strategie, vuota di cuore, che grazie al cielo s’allontana dalla verve sfavillante di certe pellicole nostrane dell’ultimo decennio e lascia che la forma resti torbida quanto il contenuto. O per lo meno, senza paillettes.
Dal Morandini:
“Lo Stato divora coloro che lo servono” è la tesi centrale del 2° LM di Schoeller che l’ha anche scritto. 3 premi César 2012 per sceneggiatura, attore non protagonista e suono (Olivier Hespel) e Fipresci della Critica Internazionale a Cannes. La tesi è annunciata nella sequenza onirica e metaforica iniziale: una bella donna nuda entra nelle fauci di un coccodrillo immobile. Il potere dello Stato divora, logora, fa soffrire chi ce l’ha, come il ministro dei Trasporti e il suo capo di gabinetto.
Bertrand Saint-Jean è un personaggio complesso la cui umanità si mescola al cinismo: il suo dolore commosso per i 13 bambini precipitati in un burrone non gli impedisce di mettersi una cravatta più consona alla situazione o, ubriaco, di litigare con la vedova di Kuypers, disoccupato assunto come autista. Con poche eccezioni, il cast degli attori, sconosciuti in Italia, è diretto in modo impeccabile.

63. Smetto quando voglio, Masterclass – Sydney Sibilia
🌟 64. Lo straniero – Orson Welles
65. Paranormal activity – Tod Williams
La scelta di mettere al centro un’intera famiglia anziché una coppia mi era parsa promettere bene, e per un po’ ha funzionato, ma più trascorrevano i minuti più l’intreccio si rivelava frammentario. “No buono” (cit.).
66. Le mele di Adamo – Anders Thomas Jensen [qui il film su RaiPlay]
Memorabile, tra i miei preferiti in assoluto. Commedia nera e grottesco, cinismo e vitalità si tengono per mano senza fare una piega. E se Mikkelsen è un mostro, l’interprete di Adam non lo trovo da meno. La violenza non viene edulcorata, ma neppure un lieto fine classico ed un’esaltazione ottimista e positiva della fede sono contemplati: ogni cosa è un pugno nello stomaco, persino i momenti più confortanti. La verità vi renderà liberi – ma non è mai stato detto che tale processo sarebbe stato incruento.
67. Viaggio in Italia (Una favola vera) – Paolo Genovese, Luca Miniero
68. La bella gente – Ivano de Matteo
Un autore che amo sempre di più (sono pronta a perdonargli I nostri figli, remake fastidiosamente di maniera, per avermi offerto questo). Se pensate che la protagonista sia la giovane prostituta Nadja, ripensateci: lo sguardo vi cadrà ineluttabilmente su chi le sta intorno, “la bella gente“, mentre lei assumerà il ruolo di perno della storia, di oggetto idolatrico-sacrificale e, soltanto in ultimo, di persona.
69. Smetto quando voglio, Ad honorem – Sydney Sibilia
Boom! Mi mancherai, Banda.
70. Mr. Brooks – Bruce A. Evans
Okay, il protagonista (assoluto) è un serial killer. Rappresentato però, bene o male, senza il canonico stampino: impossibile far indossare a Costner una maschera seriamente brutale, si opta dunque per un’alternanza tra abito elegante e tenuta chiccosa da “lavoro”, rigorosamente in nero.
Insolito, dal punto di vista (e dalle preoccupazioni) abbastanza originali; non fa certo gridare al capolavoro ma merita almeno un “bravo per averci provato”. Se proprio di mente criminale dobbiamo ogni giorno sciropparci una dose, che sia almeno parlata, interrogata, e persino esteriorizzata nella persona fantasmatica di William Hurt.
71. Chef, La ricetta perfetta – Jon Favreau
72. La Casa – Fede Alvarez
Posto che non sono competente a giudicare in modo corretto la relazione tra questo remake-reboot-quellochepreferite e l’antico (…) classico di Raimi, il quale l’ha per altro sostenuto, né sono in grado di sconfessare quella che, per una che ama le parole (anche quando seducono per veicolare stronzate), rimane una recensione apprezzabile; posto questo ecco: io penso che ‘sto film sia ‘na Clamorosa Cazzata.
A prescindere, dal regista di Man in the dark mi aspettavo ben di più, possibilmente ancora di più: quello non doveva essere che l’inizio. 1 su 5 è troppo cattivo come voto?
73. Powder, Un incontro straordinario con un altro essere – Victor Salva
Un figlio nato mentre la madre moriva colpita da un fulmine, portatore di imprecisate anormalità e deformità, che ritroviamo anni dopo, segregato (o forse no? Non è chiaro) nella cantina dei nonni: e lì scopriamo che, semplicemente, è un albino. Cosa che di per sé sembra suscitare uno sgomento sproporzionato. Finché non scopriamo che, per farla breve e soprattutto chiara, Jeremy ha assorbito delle potenzialità fisiche dall’energia elettrica che ha attraversato il corpo della madre al momento del trapasso.
Non è malvagio da vedere, poveri noi, c’è di ben peggio. Tuttavia sposo in pieno quanto dice la scheda di MyMovies, che è la mia principale fonte di approvvigionamento per farmi un’idea veloce:
Sostenuto dall’intenzione di denunciare gli effetti dell’ignoranza e dalla intolleranza nella vita quotidiana, il film si risolve una parabola buonista a sfondo fantascientifico cadendo, talora, nella trappola di un pesante sentimentalismo”.
🌟 74. Lo stato contro Fritz Bauer – Lars Kraume
🌟 75. L’onda – Dennis Gansel
Vidi questo film la prima volta in università, durante una lezione di Sociologia (che Dio ci aiuti: dell’intero corso, probabilmente la cosa più utile). Basato su una storia vera, sulla quale però ancora non sono riuscita a reperire altro materiale; è perfettibile ma efficace nel trasmettere la plausibilità di un evento che raramente convince fino in fondo, ossia che oggi in Europa una nuova dittatura possa emergere.
76. The believer – Henry Bean
Come dalla storia di un tizio sballato come Burros possa aver preso forma, alla fine, una raffinatezza simile è mistero della fede: il legame ispirativo si limita, esilissimo, all’ossimoro chiave di ebreo-nazista ed al suo portato di ambivalenza, ma viene sviluppato da Bean (regista, sceneggiatore e cammeo nei panni di Ilio Manzetti) in maniera insuperabile – e lo intendo letteralmente.
In Gosling, a Canadian actor who started at twelve as a TV Mouseketeer alongside Britney Spears (…), Bean has found the perfect actor. Gosling gives a great, dare-anything performance that will be talked of for ages.
(Peter Travers su Rolling Stone, 19 Maggio 2001)
77. District 9 – Neill Blomkamp
🌟 78Dark night – Tim Sutton

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