I preti si preparino ad andare in galera: così titola Lugaresi a proposito dell’ennesimo giro di vite sul sacramento della Confessione in Australia. E’ giusto sdegnarsi, è corretto parlarne per prepararsi, è invece superfluo stupirsi: solo chi è troppo immerso nel contemporaneo può non leggere i numerosi e forti segnali di guerra alla Chiesa, oppure viceversa scordarsi di come, perseguitata, la Chiesa lo sia sempre stata.
Un esempio di questo è il Giappone di Scorsese, paese dalla grazia fascinosa e violenta così poeticamente mostrato in Silence. La prima considerazione che ho fatto è stata appunto questa: la forza della persecuzione è resa con un che di elegante, il dolore fisico (a differenza di quello morale, troneggiante su tutto) è reso sopportabile da un’ambientazione, una scenografia, una recitazione che, se pure non lo sminuiscono, lo traducono in un quadro dai toni delicati. Un ukiyo-e.
Non è, insomma, nulla di paragonabile alla Passione di Gibson – nulla, comunque, di meno valido, s’intende.
Il finale, che non svelo, mi ha lasciata interdetta.
Non necessariamente delusa, ma, dopo tanto sudore e tanta tenacia, la scelta di padre Rodrigues (aka uno splendido Andrew Garfield) mi è risultata strana.
C’è un perché dietro, c’è sempre; c’è una motivazione che sul lungo periodo può rivelarsi fruttuosa ma, anche, farsi catastrofe – e personalmente ho provato a comprenderla, ma ho fatto e faccio fatica.
D’altronde, se immedesimarsi nell’atto di dolore (così come lo chiama Paola Casella su MyMovies) insieme a Garfield è cosa spontanea, non lo è calarsi nella logica imperiale nipponica prima, e di nascondimento cristiana poi.
Il silenzio di Dio e di una sua indicazione è tangibile: a seguito del Va’ dove io ti dirò, nulla segue. In questo, Silence offre esattamente ciò che promette.
Per chiarire cosa non mi sta bene nella scelta particolare di padre Rodrigues:
[…] offrite l’annuncio nudo e crudo senza perdervi in chiacchiere. Il tasto è dolente, perché è di moda oggi cercare le strette di mani e gli applausi e magari perdere di vista l’essenziale. Si finisce con il parlare, parlare, parlare, buttando là disquisizioni di psicologia e sociologia, e dimenticandosi di… annunciare Cristo. «Bisogna stare attenti a non disturbare la suscettibilità degli altri», si dice. Già, e così si finisce per annunciare le proprie analisi. Posto che siano, poi, giuste.
[…] «E vi accoglieranno… e non vi accoglieranno». La novità di Cristo non ricerca facili successi e non si lascia definire dalle reazioni di accoglienza o di rifiuto. Se vi accoglieranno, l’annuncio è quello, ma è lo stesso che dovete rivolgere anche a chi non vi accoglie. […] Gesù invita a fare lo stesso annuncio a chi accoglie e a chi non accoglie, senza cambiare una virgola.
[Fonte: http://agostinoclerici.it/2019/07/06/le-strategie-dellevangelizzazione-2/ ]
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Leggere queste tue righe, come al solito mai banali e sempre oblique allo specifico filmico, mi ha fatto tornare indietro nel tempo, quando discutei con passione di questo film con un altro blogger (che tra l’altro ho scoperto stimarti molto) nello spazio commenti del suo post (Inseguire un sogno) e se mi sono permesso di aver messo il collegamento al suo post (cosa che normalmente non faccio) e solo per rimandarti a quanto io e Wwayne ci scambiammo sull’argomento evitando di ripetermi, giacché so che ti legge anche lui…
Scorsese, come tutti gli italo-americani intellettuali, ha un rapporto con la religione cattolica (quella apostolica romana, in particolare) molto conflittuale ed anche per questo pieno di stimoli vivaci, in cui non c’è mai nè la semplice acquiescenza ai dogma ecllesiastici ma nemmeno la virulenza iconoclasta così superficiale e modaiola di chi in realtà sta solo scorreggiando sulla faccia di ogni dio, padre e padrone, per risolvere un Eipo che ha trascurato (passaggio doveroso da adolescenti, per divenire uomini, ma ridolo da adulti).
Ora ti lascio perché ho un week-end di fuoco lavorativamente parlando ed in più sto portando avanti un paio di post davvero logorroici e pontificanti (in uno spazio da Ariana Grande a Peter Sellers, seguendo un grossolano filo rosso di collegamento, mentre nell’altro mi interrogo sul viaggio nel tempo attraverso il cinema, partendo dalle tre teorie cinematografiche classiche ovvero quella osservata in Back To The Future, quella del Doctor Who e quella dell’anime culto della sci-fi per eccellenza Steins;Gate, ma poi vado ad esaminare il groviera narrativo di Avengers: Endgame, lo splendore della fiction di eccellenza Dark, passando per tanti film hollywoodiani, sia orrendi che bellissimi e non so nemmeno quando finirò di scrivere tutto ciò…
Buona notte, buon tutto.
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“Da Ariana Grande a Peter Sellers”, eccetera.
Alla faccia dell’obliquità! 😁
Buon lavoro: io aspetto la pubblicazione ed, intanto, leggo cose.
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L’accezione di tortuosità per definire lo stato di obliquità è deliziosa! Tu es merveilleuse…
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Je souis complicated, pö che altér.
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Con “pö che altér” hai vinto tutto…
Buon pomeriggio, compagna di viaggio! Ci si vede sul ponte di coperta… Occhio al mare mosso, bye.
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Pötà gnaro!!! 😂
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Che poi è un po’ come si usa qui a Bologna quando i ragazzi si salutano con un “Bella lì, vez!” dove con vecchio si indica praticamente qualsiasi entità a base carbonio che venga riconosciuta parte della compagnia…
Detto questo, buon pomeriggio…
Se you Soon…
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(Avevo poi curiosato su Wp e letto anche il post di Wwayne, tra l’altro).
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