Un negro di successo

Stamane (8.8.19), ospite a L’aria che tira su La7, c’era un certo Stephen Ogongo: un uomo di origine kenyota, giornalista, arrivato in Italia venticinque anni fa per studiare.
E’ stato interpellato a proposito delle aggressioni razziste che ha subìto su Facebook (e non solo), sotto a non so bene quale post – aggressioni triviali, patenti e prive di qualsiasi traccia di giustificabilità o interpretabilità; vengono mostrate nel video.
E’ fondatore, per altro, del movimento politico Cara Italia, e membro caporedattore di un gruppo di colleghi, Stranieri in Italia, che ha lo scopo di contrastare per l’appunto il razzismo.

Perché ne scrivo?
Perché ho visto succedere una cosa bislacca e poco piacevole, in trasmissione. Anche preoccupante, a ben vedere, ma da questo punto di vista non c’è davvero nulla di nuovo sul fronte occidentale.
Ho visto il conduttore e gli altri ospiti sdegnarsi perché c’è gente che bercia schifezze ad un negro nero uomo di colore italoafricano (notate la sottigliezza politicocorretta) il quale, poveri ignoranti, parla bene italiano, è qui da venticinque anni, ha studiato ed oggi è un professionista di successo.
Ah, beh, allora…! Santo subito!
Seguitemi un momento: di immigrazione preferisco non parlare, praticamente mai, e soprattutto qui. Non sono leghista (lo sa bene la mia migliore amica, contro lo scudo di Alberto da Giussano della quale mi sono puntualmente, e non una sola volta, rotta la testa), e tuttavia no, l’immigrazione così come oggi la conosciamo non mi piace.
Detto questo, non comprendo onestamente – o meglio lo comprendo, e lo considero sintomo di pochezza – in cosa quest’uomo sia superiore ad un piccolo sfigato, arrivato in Italia da soli cinque anni, che ancora zoppica sull’italiano ma se la cava a sufficienza, sta faticando per beccarsi un diploma con una scuoletta serale perché di giorno spazza le strade dal nostro luridume, non ha e non avrà mai successo.
Mi seguite ancora?
Il punto non è l’essere o meno regolari, avere diritto; lasciamo stare.
Fingerò per un momento d’essere come gli inclusivisti che “qui nessuno è irregolare”; “i confini non esistono” ecc., e stabilirò che entrambi i nostri soggetti sono okay dal punto di vista legale.
Perché il professionista vale di più dello spazzino, allora? O peggio, di uno che ha fatto tutto quel che doveva in modo corretto, ma non ha visto girare la ruota della fortuna?
Dal punto di vista mediatico è facilissimo rispondere.
Ma dal punto di vista umano?
La rete secondo me non l’ha neppure studiata, questa cosa; se ipocrisia c’è, è del tutto inconscia. Neppure se ne è accorta, è talmente normale: per dimostrare che gli stranieri non solo ce la possono fare, ma meritano d’esser considerati pari agli italiani, portiamo ad esempio non una brava persona, ma una persona di successo.
Contesto e tematica trattata potevano anche essere radicalmente diversi.
Ma ne sarebbe uscito lo stesso show mirabolante di tono protestante: non se sei onesto, se ti impegni per far parte di una società, se la rispetti; ma se sei abile, se il tuo impegno viene visibilmente premiato, se ti fai rispettare da quella società – allora sì, sei un integrato. Un role model. La persona giusta nell’arena giusta. Il negro giusto, il fratello di successo. Uno di noi.

56 pensieri riguardo “Un negro di successo

    1. L’unica “consolazione” è sapere che questo è un meccanismo in cui cadiamo praticamente tutti… molto umano, al di là della matrice culturale.
      Ma per questo stesso motivo tirarsene fuori è arduo.

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  1. Beh, capitava purtroppo le stessa cosa anche negli USA, e ben prima di qui. A fine Ottocento i discendenti degli schiavi liberati facevano di tutto per accaparrarsi la qualifica di “negro con buone maniere e istruito”, era il loro modo per sentirsi integrati… In fondo, quanto auspicato dal leader nero Booker T Washington: prima di pretendere la fine del razzismo, diceva, i fratelli avrebbero dovuto migliorarsi ed elevarsi culturalmente… E’ una mentalità non solo di chi guarda alla minoranza, ma anche di certe stesse minoranze. E questo vale non solo per le persone di colore ma anche, ad esempio, per le persone omosessuali: “Guarda, tizio è gay, ma è una brava persona”.

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  2. E, peggio ancora, spesso colui che – facendo parte di una minoranza – grazie al successo riesce a essere accettato dalla maggioranza, inizia a ostracizzare i suoi “fratelli” poveri e non di successo… Quasi a voler negare le sue radici. E mi viene in mente “Indovina chi viene a cena”, dove alla fine i pur tolleranti bianchi accettano il pretendente della figlia (anche) perchè è un medico di fama!

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    1. L’ho appena letto e voglio riportare qui un estratto da Lansdale, La lunga strada della vendetta – che in apparenza nulla c’entra, e invece.
      E invece quella di Lansdale non è solo crudezza, è onestà.
      E quanto mai opportuna:

      La sua donna bianca.
      Pensava a questo mentre camminava, con imbarazzo. Era un pensiero primitivo e infantile, e lo sapeva, ma non poteva farne a meno. Riemergeva di tanto in tanto dal suo subsconscio come uno squalo (un grande squalo bianco?), alla ricerca di una preda, e lui lo ricacciava a fondo, come un pescatore armato di un pesante remo da barca, ma non appena abbassava la guardia, il pensiero tornava, con le fauci spalancate.
      Donna bianca.
      Angie aveva tante virtù, ma nel profondo del suo animo lui sapeva che l’attrattiva principale era quella. Era bionda, con la pelle chiara, occhi azzurri, ed era bianca. Le donne bianche erano sempre state la sua più grande debolezza, una a cui anche Abner aveva ceduto una volta.
      Una bella antropologa dagli occhi nocciola, venuta da Gotham apposta per studiare le abitudini dei Manowack – o più probabilmente quali programmi televisivi guardassero più spesso – aveva intrappolato il cuore di Abner con la stessa facilità con cui lui intrappolava i conigli. Ma come un cacciatore che decide di tenere una delle proprie prede come animale domestico, salvo poi stancarsene e lasciarla andare, lei si era disfatta di Abner e lui aveva cominciato a odiare i bianchi ancor più di prima.
      Viso Pallido, invece, aveva un punto di vista completamente diverso sulla questione e, poiché si era lasciato i Manowack alle spalle, avere una donna bianca gli sembrava quanto di più opportuno potesse capitargli. Era un passo ulteriore nel suo cammino dalla riserva verso il rispetto e la civiltà.
      “Zio Tomahawk”, lo chiamava Abner, e non aveva torto. Era proprio così, ma dal punto di vista di Viso Pallido, era sempre meglio che essere un indiano straccione”.

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  3. Càpita sempre, ovunque. Non proprio un universale, ma in un mondo altamente globalizzato – e colonizzato da tempo immemore dalla cultura anglosassone protestante – lo è quasi.
    Ma oltre ad una matrice culturale, sospetto che potrebbe averne una psicologica profonda (mi vien da dire: psicanalitica, finirei però per renderla e rendermi ridicola). Istinto di morte, di sottomissione… ecc.

    “Ho un amico gay”: espressione di per sé neutra – facile costruire un pregiudizio sopra un altro pregiudizio – ma scivolosa.
    Lo stesso dicasi, appunto, per “Tizio è gay, ma…”, “Non sono razzista, ma…”.
    Certo, muoversi nella selva del linguaggio specifico delle minoranze, qualsiasi esse siano, ad un certo punto dà mal di testa e voglia di sfanculare tutti.
    Io resto del parere che, come dovremmo giudicare le singole persone per se stesse e non come categoria (senza tuttavia fare gli gnorri su ciò che consideriamo un male), anche nelle conversazioni in merito dovremmo provare ad ascoltare ciò che viene detto in maniera molto elementare, senza caricare ogni parola di sovrastrutture.
    (Magari, prima di inoltrarci in terreni pericolosi, suggerisco di stringere i pugni e gli occhi e ripetere tre volte: Facile punto it, facile punto it, facile punto it!). Dicono funzioni.

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  4. Certo che i tempi sono davvero cambiati (ma pensa te, che idea originale!). Nella mia cittadina, quando ero piccolo, c’erano si e no 4-5 persone di colore. I miei genitori mi dicevano di non fissarli troppo, se capitava di incontrarli, perchè se no loro si sarebbero sentiti in imbarazzo. Ora siamo al “Che cazzo me ne frega a me dei negri” in diretta tv di Feltri.Va beh, basta, se inizio a parlare di politica… mentre sto scrivendo qualcosa su Woodstock!

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    1. Ecco, parliamo di politica senza parlarne, come piace a me 😉
      Anche perché, come scrivevo altrove ad un amico, la politica sfianca ed imbruttisce la pelle.

      Woodstock… bene.
      Poi linkalo pure qui, se vuoi, così chi ama “la musica da negri” ci arriva (scusa, la ribelle anti politically correct che è in me scalpita).
      (Con questa, poi, mi hai fatto venire in mente una conversazione assurda che ebbi sul rap con dei camerata di CasaPound.
      Più che la politica stretta potè la musica, e una manciata d’altre cose, ad allontanarmi).

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  5. Chiamasi tutto ciò con l’ignobile appellativo di “Politicamente corretto” che di corretto non ha proprio un bel niente ma di politico taaaaanto e pure a senso unico. Insomma, si cerca di far passare l’ordinario per straordinario solo se di mezzo c’è qualcuno considerato fin dall’inizio “sfigato” e che sta simpatico a qualche conduttore/giornalista.

    Non parliamo poi del becero e cretino finto buonismo sbandierato a pieni polmoni in ogni dove che mi fa venire non l’orticaria ma molto di più.

    Bel post 👍🏻

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    1. Well, l’arte della finzione e della contraffazione è inevitabile, in politica come nella comunicazione mass-mediatica.
      Niente di cui stupirsi.
      Tuttavia mi dispiace che, nell’ultimo anno, una rete come La7 che prima consideravo molto valida stia scadendo sul piano della professionalità.

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        1. Il meteo e ancora ancora Atlantide (anche se non è lo stesso che era qualche anno fa ma vabbè), per il resto ormai è solo propaganda politica h24.

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        2. Sottocorona rulez 😍

          (Ti ringrazio per il follow.
          Spero non si basi troppo su questo post, perché di politica parlo pochissimo se non in senso più lato, e per altro son di destra – atipica finché si voglia, ma non tutti gradiscono.
          E’ un discorso politically correct anche questo, aha, ma s’ha da fare, come quasi-disse il Manzoni).

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        3. Sottocorona è il massimo 😁

          Prego, e il follow si basa sulla lettura anche di altri post (fantastico quello su DFW, ce l’ho pure io quel libro :D), insomma mi sono iscritto perché questo posticino mi piace 😉

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        4. Assolutamente sì, anche se, vedendo certe cose, a volte mi domando se sia io quello veramente atipico o meno 😄

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        5. Esempio su tutti e il classico per eccellenza: lei che si innamora volutamente e perdutamente del classico disagiato sociale convinta di riportarlo sulla retta via grazie all’amore e allo spirito da crocerossina, per poi sbattere violentemente il muso sulla dura realtà e nonostante tutto continuare imperterrita ad andare avanti pur soffrendo molto. Alla fine depositerà le armi considerando tutti gli uomini alla stregue del suo ormai ex (ma con cui ritornerebbe di nuovo volentieri al volo al solo scoccare delle sue dita).

          Mh… quasi quasi ci scrivo su un libro su questa cosa 🤔 del resto l’ho fatto su come far conquistare una donna ai disperati, potrei fare anche questo 🧐

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        6. Oh, okay, ora ho capito 😀
          Sìsì, il migliore amico di molti, il disagggio 😉
          Trasversale alle appartenenze etniche, politiche, religiose.
          (Scrivi manuali di self-help?).

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        7. Macché ho scritto mesi fa una cavolata assurda e l’ho regalata a qualche amico, tanto è in formato ebook 😂

          Anche qui, tra le amicizie ho persone che si dannano l’anima per scrivere un libro bello e che piaccia e io in 4 ore ho scritto e impaginato di getto senza pensarci su una roba che almeno ha fatto ridere qualcuno 😄

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        8. Già, è un mondo capovolto.
          Siamo tutti caduti nella tana del Bianconiglio e non ce ne siamo manco accorti (tranne quando arriva l’ora della prova costume, e senza una ragione apparente ci dilatiamo di dieci taglie: lì un sospetto viene).

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        9. Vero vero, più che la prova costume bisognerebbe fare la prova pallone 👀 sarà mica un caso che il caldo fa dilatare molte cose? 😮 e intanto si voooooooolaaaaaaaaaaa…..

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        10. C’è un libro di Franzen, se non erro, che a che fare con una mongolfiera ed un omicidio. O comunque una morte. Da panico.
          Ce l’ho in wishlist, e come la stragrande maggioranza degli altri titoli, sgomita per farsi notare e leggere.

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        11. Su questo devo darti un grosso dispiacere perché come lettore sono pessimo anche se, a dirla tutta, chi ha molti libri da leggere ne ha ancora di più in attesa di essere aperti 🙂

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        12. Infatti non devi carteggiare, anche perché sull’email è impossibile usare la carta 😄 a meno che non intendessi usare la carta vetrata, in quel caso boh? 😶

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        13. Thanks 😀

          Ora ti lascio in pace e ti auguro una buona serata, e dato che in passato hai messo post relativi a film, ti lascio con questo video a tema 😀

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    2. Il politicamente corretto è diventato una piaga il buonismo a tutti i costi pure ma anche lo “scorrettismo” e il “cattivismo” non sono da meno. Le parole sono pietre. “Eh ma almeno tizio dice quel che pensa”: non tutto quel che si pensa è per definizione meritevole di esser detto e non è che dirlo lo renda automaticamente valido. Detto questo io sono di sinistra anche se non trovo più referenti politici…Alla fine sono un apolide.

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      1. Vero, le parole possono essere come pietre, e a questo proposito mi è venuta in mente questa frase (che non mi ricordo dove l’ho letta) che dice: “Esprimere opinioni non è un dovere”, detto questo tutti gli eccessi sono sbagliati, sia da una parte che dall’altra.

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  6. Cara, io in tv ci lavoro e questo meccanismo, ahimè, lo conosco. Sai la fatica per raccontare storie come dici tu? Sai le battaglie per portare a galla la gente “comune” e non solo nel campo dell’immigrazione? Ma no… spesso le linee editoriali sono inflessibili e “il caso” (ancorché positivo) vince. Nel caso di cui parli, purtroppo, temo sia necessario iniziare a prenderla da lontano… è ancora troppo duro il concetto di “italiano nero”. Bisogna inizare con l’uomo di “successo nero”

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    1. E: pecccato. Insomma: La7, tv privata che aveva grandi possibilità e grandi spazi di manovra, e avrebbe potuto intensificare la propria vocazione anticonformista mentre invece ha finito per appiattirsi.
      Ma se non se lo permettono le private, allora chi?

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  7. Solo recentemente ho scoperto la spiacevole storia della “moglie abissina” di Montanelli. “Pare che avessi scelto bene, era una bellissima ragazza, Milena, di dodici anni. L’avevo comprata a Saganeiti assieme a un cavallo e un fucile, tutto a 500 lire. (…) Era un animalino docile. Scusate, ma in Africa e’ un’altra cosa! Faticai molto a superare il suo odore, dovuto al sego di capra di cui erano intrisi i suoi capelli, e ancor di più a stabilire con lei un rapporto sessuale perché era fin dalla nascita infibulata: il che, oltre a opporre ai miei desideri una barriera pressoché insormontabile (ci volle, per demolirla, il brutale intervento della madre), la rendeva del tutto insensibile“.
    Ti assicuro che qui non mi interessa che Indro fosse di destra, sinistra, o di centro; o che sia probabilmente il più grande dei giornalisti italiani; o che – fatto che condanno – sia stata imbrattata la sua statua. Ma mi dà molto fastidio il modo in cui si tende a giustificare la questione riportandola a “questione culturale”. Perché per lui, per un europeo, in Italia avere rapporti con una dodicenne sarebbe stato sicuramente reato, anche allora, ma “in Africa e’ un’altra cosa”: esattamente come per i turisti sessuali di oggi, per cui è lecito andare a cercare sesso da bambine in Estremo Oriente perchè tanto là “si usa così”. Diverso sarebbe se anche QUI E ORA fosse (o fosse stato) lecito.
    Stessa cosa, ovviamente, penso di quanti oggi, in nome della “tolleranza culturale”, accettano magari che una donna sia sottoposta al “dominio” del maschio nel suo paese, ma si indignano se in uno spot compaiono due tette.
    Scusa lo sfogo, ma ce l’avevo lì!

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    1. E di che? La penso esattamente come te.
      Anch’io ho letto di questa storia di Montanelli di recente, non ricordo da che fonte.
      La distinzione che fai è semplice e fondamentale: se il relativismo antropologico ci insegna, giustamente, non ad usare due pesi e due misure come alcuni vorrebbero ma semmai a contestualizzare ogni fatto ed ogni idea; d’altra parte farne un uso di consapevole potere di una cultura su un’altra è quanto di meno “innocente” si possa immaginare.

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  8. Ciao! Concordo con te.
    Io ho una grave disabilita motoria e devo dirti una cosa che mi infastidisce o che altri crederanno essere un mio problema di autostima: i disabili fighi, quelli che sfondano sono come quel nero o altri diversi… Mi riservo di continuare sul blog dopo che mi sarò calmata per l’indignazione.
    Grazie per il tuo post!
    Il mio follow viene dal cuore ❤
    Vicky

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    1. Mi fan molto piacere il tuo commento ed il follow, ma ancor di più mi fa piacere sapere che non sono una mosca bianca, quando penso che – con tutto il rispetto per i singoli individui e per la loro storia – NON è vero che dentro ciascuno di noi c’è uno Zanardi o una Versace, e NON è vero che basta la forza di volontà per superare gli ostacoli.
      La mia malattia è sui generis e per ora solo mediamente invalidante, tuttavia comprendo bene il tuo pensiero… e le similitudini con altre categorie svantaggiate / emarginate (o comunque le si voglia chiamare) non finiscono qui 😐
      Grazie ancora! ❤

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