Decluttering .4: Senso estetico

L’estetica è la madre dell’etica:
quanto più ricca è l’esperienza estetica di un individuo,
quanto più sicuro è il suo gusto,
tanto più netta sarà la sua scelta morale e tanto più libero, anche se non necessariamente più felice,  sarà lui stesso
”.

[Iosif Aleksandrovič Brodskij]

Affermando che ho un forte senso estetico, non voglio intendere che abbia uno spiccato talento per l’arte, per la scelta di palette di colori nell’arredo o nell’abbigliamento, o simili. Intendo soltanto rilevare un dato di fatto, e cioè che l’aspetto estetico, il risultato più o meno soddisfacente e pacificante per l’occhio, è una variabile che condiziona moltissimo le mie scelte.
Tutte le mie scelte: dall’acquisto di un libro in base alla sua copertina, alla preferenza per un cibo o per un altro, passando naturalmente per il decluttering e facendo pendere l’ago della bilancia “lo tengo / lo elimino” di qui o di là.
Non che l’estetica rivesta un ruolo rigidamente deterministico nella mia vita, sia chiaro; tuttavia come detto incide, ed incide parecchio, in forme gestibili delle quali sono per lo più del tutto consapevole.

Per citare un esempio:
solitario ed affascinante, nella mia grossa wishlist di lettura autunnale-invernale, si erge fra gli altri il noto Libro d’ombra di Junichiro Tanizaki.
In maniera grossolana, certo, ma qualche nozione sulla cultura nipponica di gestione degli spazi di casa, dei pieni e dei vuoti, della creazione di densità attraverso luce e penombra credo l’abbiamo tutti.
Lungi dall’aver iniziato una risistemazione cosciente dei locali di casa mia in questo senso, mi accorgo comunque di aver già messo in atto piccole modifiche spontanee, su base intuitiva, come il tendere – specie ora che la luce va calando – a mantenere le stanze appunto in penombra, sfruttando le lampade e così creando coni di luce soffusa e calda, un po’ un bozzolo temporaneo nel quale sostare mentre porto avanti una singola attività.

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L’anelito alla semplicità è attivo a 360°, ma in generale, ed in questo periodo di transizione in particolare, si esprime per me soprattutto in cucina.
Primeggia, certo, il bisogno di razionalizzare un ambiente ed una serie di attività tendenti per natura all’entropia; c’è poi però anche qui una fetta di piacere estetico-psicologico, per il quale vuoto, pulizia, spazio libero e pronto all’uso equivalgono a leggerezza, armonia, e in definitiva bellezza.
Ecco: per un minimalista l’ordine, sia esso “morbido” oppure abbia esso un tratto compulsivo (per es. nel desiderio che ogni oggetto sia dritto), non è mai il punto d’arrivo ultimo, non è un arido fine ma è, oltre che uno scopo pratico, principalmente un mezzo per ottenere bellezza e piacere dalla propria vita per come è riuscito ad organizzarla.

29 pensieri riguardo “Decluttering .4: Senso estetico

        1. Oh, capisco 🤣 😁
          Ma vedi, non c’è problema: essendo il “circo” cosa vostra, abitarci non mi rattrista, anzi, mi rallegra confrontare le nostre vite sotto questo aspetto 😉
          E poi:
          a) ribadisco sempre che secondo me esageri, almeno un po’ dico;
          b) la sottoscritta è sempre pronta a metter mano allo scompiglio, quando voleste approfittarne 😀

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    1. Fondamentalmente, si tratta di un lavoro di “eliminazione” (il che può voler dire buttare, riciclare, regalare o vendere, ma in ogni caso: disfarsi) di tutti quegli oggetti, principalmente – ma anche di abitudini, relazioni, vincoli – che a osservarli attentamente troviamo essere inutili, quando non addirittura zavorre per la nostra vita.
      Spesso in italiano si parla di “riordino”, ed è un termine corretto, purché si specifichi che non si intende con esso il rimettere a posto una stanza, fare pulizia insomma (magari nascondendo il casino dentro un cassetto o un armadio…!).
      Riordinare / fare decluttering, nell’ottica minimalista (certamente con tutte le sue diverse sfumature, ma qui stiamo sul generale) significa letteralmente “ribaltare” una concezione del quotidiano fondata su consumismo, possesso e novità come elementi positivi in sé, che migliorano la vita.
      Ma la sobrietà che si propone un minimalista non è “solo” morale, ha inevitabilmente un cascame pratico molto forte: ogni persona stabilisce da sé il proprio limite e le proprie necessità, ma la direzione comune a tutti è il togliere, diminuire, eliminare appunto: Less is more riassume una grossa parte del nostro percorso 🙂

      Per fare un esempio al volo:
      l’orologio rotto di un bisnonno NON è clutter. Si tiene e se ne ha gran cura.
      I cinque orologi accumulati a comunioni / cresime e mai usati invece lo sono.

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      1. ahaahah poveri orologi! 😀
        Non avendo quel tipo di “eredità” da gestire mi ritrovo esente dal dover decidere di cose “di valore” (cioè di valore “ufficiale”, come appunto un orologio), mentre negli ultimi anni mi sono reso conto del peso morale di un bagaglio enorme di oggetti che però non sono più in grado di gestire, e – pensa un po’! – senza saperlo da temo sto facendo decluttering!
        Possiamo dire che è un “mettere ordine” fisico che però ha dietro anche un lavoro “morale”? Decidere che quell’oggetto comprato quindici anni fa all’interno di un progetto che non si è mai concretizzato… be’, è il momento di liberarsene come appunto del progetto medesimo, posso considerarlo decluttering?
        Sono un accumulatore seriale nel cuore, quindi sono pieno di roba ed è incredibile come ognuna richieda un lavoro morale molto forte per stabilire se il peso delle memorie che quella porta meriti di essere gettato via. Purtroppo non ho possibilità di archiviare tutte queste memorie ingombranti, devo prediligere quelle più economiche e leggere (cioè quelle digitali) e declutterare a bestia se non voglio andare a dormire sul pianerottolo 😀

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        1. Assolutamente sì, a entrambe le domande!
          Ed è vero, anche quando si è più che convinti di voler seguire un percorso del genere – e magari se ne sente proprio il bisogno fisico – resta difficile, soprattutto all’inizio, metter mano a cose che la razionalità stabilisce superflue in due minuti, mentre l’emotività continua a restarci aggrappata.
          E non è detto che la razionalità abbia sempre ragione: meglio metterci anni per decidersi definitivamente su un oggetto, sia perché se non si elabora la perdita (e cosa ci ha condotto ad annegare nelle cose) si fa un lavoro inutile, sia, soprattutto, perché il decluttering come tutto il minimalismo ha lo scopo di farci star bene e vivere meglio.
          Se non è cosa adatta a noi, o se lo prendiamo come una procedura penitenziale e doverosa, controvoglia; meglio evitare: si può essere sobri, fare alcune scelte in questa direzione, senza aderire in toto.
          Che sia per un desiderio di semplicità, per il piacere di adottare uno stile di vita a basso impatto ecologico, per fare gli asceti o esser pronti a cambiare casa una volta l’anno…

          … del resto, anche mangiare ogni giorno tramezzini confezionati e destinare la cucina ad uso archivio fumettistico è lecito e perfettamente in linea: si tratta di ridefinire le proprie priorità 😀 😉

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        2. L’ho preso anche come un modo per mettere alla prova i processi mentali che mi hanno portato all’acquisto di determinate cose: la penso ancora così? Ne ho davvero bisogno?
          L’elemento finale però temo non rientri nella filosofia del decluttering: ho scoperto un sottile piacere crudele nel buttare via. Quel senso di libertà che provo subito dopo, mi fa sentire come se fino a quel momento avessi l’oggetto addosso a me e finalmente non ne avvertissi più il peso. Come se respirassi meglio senza quel peso sul petto…
          Questo mi ha spinto a gettare via cose che mai, in tutta la mia vita precedente, avrei gettato: è stata una liberazione portentosa…

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        3. Ma è fantastico.
          E se il piacere di buttare non ti porta dubbi o ansie, vai tranquillo che ci rientra nello spirito del decluttering (o per gli italofoni: repulisti), anzi 😍
          Del resto se non incontri difficoltà in un certo settore non hai motivo di limitarti… non posso non pensare a quanto sollievo mi ha portato abbandonare borsette e borsettine per lo zainetto da escursione; o far sparire i tre quarti dei soprammobili del soggiorno; oppure organizzare un circuito di adozione piante: a ogni vaso che riuscivo a sbolognare, la pressione arteriosa scendeva.

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        4. Ehh riuscire a regalare sarebbe splendido, ma è un piacere che mi è negato, per motivi misteriosi. Così i cesti della raccolta differenziata sono gli unici che accettano i miei “regali” ^_^
          Mi sa che dovrei scriverci un post, su questa realtà che mi hai fatto conoscere…

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        5. Mi farebbe piacere 🙂
          Se lo scriverai, ti leggerò volentieri!
          E se vorrai altri input sono qui.
          Io ho ripreso a scriverne quando, rimasta per conto mio, ho potuto seriamente pensare a far diventare questa casa “casa mia”.
          E ho un po’ imparato anche a buttare di più, persino quando in teoria avrei potuto destinare un oggetto ad altro: a volte è più semplice e sbattersi per dare una seconda, terza o quarta vita a qualcosa non è poi così fondamentale.

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    1. Oltre alla Kondo, ho scoperto Dominique Loreau, che sta a cavallo tra Giappone ed Europa e anche se altrettanto determinata, ha una prospettiva un po’ più vicina alla nostra.
      Dopo i primi anni di approccio, ormai veleggio rapidamente verso una forma di minimalismo più estremo. Tutto ancora in progress, ma finalmente più scolpito a mia misura e soddisfacente 🙂
      Eh sì, la vita migliora davvero enormemente 😃

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    1. E’ una componente importante… se un libro che comunque voglio ha una copertina orrenda, e non ci sono altre edizioni migliori disponibili, provo la qualunque: sovracoperte colorate, tagli alla Fontana, persino le bombolette spray (che poi sono il mio esperimento meglio riuscito: materiale impermeabile sotto, spruzzare, e lasciar asciugare… bellissimo anche l’effetto al tatto! ❤ )

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    1. No, infatti.
      E “minimo” non equivale a “da poco”.

      A proposito degli inglesismi sei in buona compagnia, qui; per conto mio li trovo inutili meno spesso di quanto si sostenga – in questo caso, per esempio, l’inglese rende di più e meglio.
      Al di là della lingua, comunque, è anche questione di ambiti di conoscenza: che qualcuno dica “solenoide” oppure “helical coil”, per me fa lo stesso, perché non ne so nulla – cito il solenoide perché mi suona bene, m’è rimasto impresso da quando vidi La guerra dei mondi (quello con Cruise) al cinema, e lo stanno dando adesso sul Nove 😉

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      1. Grazie della segnalazione, comunque mi ero già “guardato” i tuoi siti “preferiti” in collegamento a destra nel tuo blog (e ho trovato cose molto interessanti). Un cordiale saluto.

        P.S. Il tuo articolo sul “decluttering” è stato letto anche da mia moglie, che ringrazia di cuore. E infatti ieri ha approfittato -coinvolgendomi- per una “granda sistimata e ‘na grande jettata ‘e rrobba ca nu’ serve”; insomma una grande razionalizzazione degli spazi e degli oggetti nei cassettoni della cucina.
        (Perdonerai ,spero, il napoletanismo, ma in fondo è una lingua a tutti gli effetti -con tanto di opere letterarie notevoli- anzi, la mia “prima lingua”, l’italiano l’ho imparato sui banchi di scuola [e non so nemmeno se e quanto, ci sono riuscito…] ).

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        1. Mi fa piacere, per i link (dai quali trarrò tra non molto, spero, una spigolatura di post che pubblicherò qui) e per il repulisti generale casalingo in salsa partenopea 🙂
          Scusa la brevità, ma sono “in trasferta”… bbuòna jettata, intanto! XD

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