Sono un mito .2: t-RNA-leu-A3243G

E’ un modo catchy di attrarre i motori di ricerca, ma è soprattutto un modo per riassumere in una sigla chi-cosa sono: la mutazione (puntiforme) nel titolo è infatti la responsabile dell’80% dei casi di Sindrome MELAS.
Ecco, l’ho nominata: la Sindrome MELAS (per gli amici), altrimenti nota come encefalomiopatia mitocondriale con acidosi lattica ed episodi simil-ictus, è la roba da cui io, mio fratello, mia mamma, due miei zii e mia nonna siamo affetti.
Per essere precisi, io ne sono affetta – gli altri lo sono STATI: tutti morti in giovane e meno giovane età, comunque prematuramente. Ma ci arriveremo…

Mito

… intanto, ribadiamo un paio di concetti.
La MELAS, come pure altre mitocondriali, è una malattia rara, innanzitutto. E questo significa che, su una “popolazione” di 10.000 persone, solo 5 ne sono colpite. Nel caso della MELAS si parla di 1 persona su 6250 – fatto il rapporto, 5 su 31.250: è infatti classificata come ultra-rara; va ricordato però che si tratta di una prevalenza stimata, poiché quella effettiva non è nota.
La cifra fa riferimento ai “portatori” di mutazione, inclusi coloro che non sviluppano un quadro clinico (che sono ancora meno, il 7,5% del totale). Una differenziazione da tener presente, ma a mio parere risibile: il danno comunque c’è.

E’ inoltre una malattia mitocondriale, come già detto. Dei mitocondri, credetemi, bazzicando in rete potete sapere tutto (cosa sono, come sono fatti, come funzionano o non funzionano, a cosa servono; che numero di scarpe portano, boxer o slip, se sono orsi o metrosexualAH NO, questo non c’entra). Se proprio volete, insomma. Io mi limito a dirvene due cose essenziali:
a) al concepimento li acquisiamo dalle nostre madri. E’ poco carino dar sempre la “colpa” alle madri, che si sa già si smazzano la presunta responsabilità di turbe psichiche varie, autismo e chi più ne ha più ne metta, però raga così stanno le cose: il DNA mitocondriale ce lo passano loro, e solo loro.
Il che significa che un maschio può nascere portatore (con la medesima probabilità di una femmina, mi pare), ma non può trasmettere la patologia ad eventuali figli, fosse pure rovinatissimo e abbondasse in prole. Mentre una donna, toh, magari la malattia non la sviluppa nemmeno, ma potrebbe ugualmente fare uno scherzetto.
Indovinate un po’ chi non vuole figli, qui?
b) sono gli organ(ell)i cellulari deputati alla produzione di energia dell’intero organismo. E, se non fosse chiaro, di energia abbiamo bisogno, in abbondanza, per tutto: anche “solo” per vegetare; per respirare, rivoltarci nel letto e smanettare sulle tastiere al buio come gli hikikomori. Un sacco di energia, sempre, ad ogni dannato istante dalla culla alla bara, per ogni singolo movimento o pensiero anche microscopico.
E se il mitocondrio non se la sente mica tanto, e va in mutua? Eh, son cazzi. Respiri, cammini, vivi, fai quello che fan tutti gli altri, ma “vai a tre” cilindri, come si dice in officina. O a due. O meno.
Anche su questo, entreremo nel dettaglio. Ma un’idea ve la siete fatta, ah?

Un ultimo punto: stiamo parlando di una malattia neuromuscolare. E questa è facile: compromette il sistema nervoso (in primis centrale, ma anche periferico, per lo più indirettamente), e l’efficienza muscolare, dunque la quantità e la qualità del movimento. Occhéi, vi ho presi in giro: questa in realtà è la parte più difficile da spiegare. Sulla carta il concetto è chiaro. Ma “neuromuscolare” è un’etichetta, pur giustissima, che si applica a mille altre condizioni anche più famose, e tuttavia diversissime.
Il post è già abbastanza lunghetto, perciò vi lascio con un mezzo cliffhanger, o se preferite un trailer: vado ad elencare le rogne, così tutte insieme, da sbornia, senza approfondirle. Avremo tempo e modo… se non mi piglia una crisi proprio oggi – che ne so, magari uno scotoma verde rinforzato!

In ordine sparso, il menù prevede:

Astenia (Affaticamento cronico) / Intolleranza agli sforzi “intensi”
Dolori / Spasmi / Ipotonia e Atrofia muscolare
Sonnolenza diurna
Crisi convulsive / Epilessia
Atassia / Scarso equilibrio / Carenze nella coordinazione
Sordità
Diabete
Cardiomiopatia ipertrofica
Decadimento cognitivo
Sti-cazzi

Nelle puntate precedenti:
> Sono un mito .0: La medicina narrativa
> Sono un mito .1: Please meet mitochondria

75 pensieri riguardo “Sono un mito .2: t-RNA-leu-A3243G

        1. Avevo fatto un pensierino a tradurre tutta la sigla in una stringa di codice binario, trasformarla con un cifrario alfanumerico e usarla come password al mio file segreto dove ho scritto tutte le mie password, ma uh, poi mi sono distratta e ho dimenticato di farmi un nodo al fazzoletto per ricordarmi di generarla.

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    1. Non esattamente, no.
      Ma ti dirò: hai usato la parolina magica, consapevolezza.
      Di (auto)consapevolezza ne ho sempre avuta a pacchi, ed in questo caso come in generale è sempre stata la mia salvezza.
      Decisamente un punto forte, una chiave per non finir sott’acqua.
      Non esserlo sarebbe stato il vero dramma.
      Poi, certo, son bagagli pesanti. Ma il peso sta già tutto nella malattia – sapere non può che mettermi in una posizione di vantaggio. Un vantaggio che, per altro, nessuno dei miei parenti poteva godere in questa misura!

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    1. E infatti la stronza mantiene un basso profilo. Così basso che molti la scavalcano senza neanche accorgersene…! 😐
      Non so se è stata l’unica occasione, ma un paio d’anni fa una rappresentante dell’associazione nazionale – e una malata che ho conosciuto – han fatto la classica ospitata a Telethon (capirai: con le millemila minuscole malattuncole esistenti…).
      Comunque, per la cronaca, alle volte per facilitarmi il compito di spiegare (agli addetti ai lavori! Ma quanti punti esclamativi in questo commento!) ho preso ispirazione da un articolo sulla malattia dei belli. Ti ricorda qualcosa? 😉
      Ciao, bella! 😘

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        1. Per servire, Madame 😀
          No, ma… aspetta. Ma che caz… ho ripreso in mano l’articolo (ce l’ho in una cartellina tra diagnosi e referti, volevo scriverti da dove l’avevo preso… cioè da 7, uscito il 3.6.16… mi scappa l’occhio sull’autrice… e sei tu! 😮😮😮
          Ovviamente avevo letto il nome anche allora, ma chi ti conosceva (ah ah ah)?!
          Maronn’, questa è proprio forte 🤣🤣🤣
          A ‘sto punto non trascrivo nulla, lo farò in altre occasioni.
          Sono ancora basita 😀

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  1. Lo sti cazzi ha effetti collaterali? 🤣

    Dobbiamo pur sdrammatizzare la convivenza con determinati “mostri”. Non conoscevo la Melas. Sono sincero. Ma da quanto ho capito pregiudica la qualità della vita. E non è poco. 😞

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    1. Vedi quante e quali meraviglie scopre chi mi frequenta? 🤣
      Sì, l’impatto sulla qualità della vita è molto variabile, può andare dal gravissimo (mio fratello) al quasi-nulla-quasi (io). Ma in generale va per accumulo, quindi se sono un rottame ora, immagina che fiore diventerò tra una ventina d’anni! 🤭
      (Ohssignùr).
      Per sdrammatizzare, appunto, ti racconto una barzelletta.
      Ci sono un cieco, una sorda e una zoppa… questa me la sono inventata io, eh. A febbraio, quando è morta mia mamma e avevo i parenti in casa attorno alla bara, ho scritto queste parole sul memo del cellulare all’amica che mi stava di fianco. Lei porta gli apparecchi acustici, non so se mi spiego (ora ti farai l’idea di casa mia come un centro nevralgico di casi umani, tipo Corte dei Miracoli). Alza la testa, e vede mio cugino, con la benda bianca sull’occhio che ha perso da piccolo (altra malattia rara, il retinoblastoma). Shifta lo sguardo a sinistra e vede mia zia, in carrozzina. A momenti le faccio venire una sincope: ma come potevo non approfittare della scenetta surreale? 🤷‍♀️
      Aspetta, te ne racconto un’altra, ma questa non è mia. Viene da una raccolta. (A proposito dei mostri che ci assediano).

      Il signor Cohen decide di consultare uno psicanalista: è un caso grave, quello che in gergo scientifico si definirebbe una personalità border line, cioè al confine tra una nevrosi e una vera psicosi.
      Perché il signor Cohen sostiene di avere un’oscura presenza sotto il letto che si agita rumorosamente e non lo fa dormire e che scompare ogni volta che lui si china a vedere di cosa si tratti, per ricomparire subito dopo. Il signor Cohen è ormai così stanco da non riuscire più a condurre una vita normale.
      Dietro consiglio dello specialista, il signor Cohen intraprende così una lunga, lenta ma profonda terapia psicanalitica che comincia a scandagliare la sua psiche dai meandri dell’infanzia.
      Passano i giorni, le settimane, i mesi, gli anni… niente da fare!
      Il signor Cohen continua a sentire quell’oscura presenza sotto il letto e a non riuscire a vederla.
      Dopo tre anni, proprio quando si cominciava a intravedere uno spiraglio di luce, il signor Cohen abbandona il lettino dello psicanalista.
      Dopo una settimana il terapeuta esulta:
      “RESISTENZA ALL’ANALISI! Si vede che abbiamo colto nel segno”.
      Dopo altri quindici giorni il nostro dottore è raggiante:
      “RESISTENZA DURA! Abbiamo individuato il nocciolo del problema”.
      Passati tre mesi, l’arguto analista capisce che il paziente non resiste, bensì se l’è data a gambe.
      Molto seccato, e anche un po’ in crisi personale, chiude il caso e si prepara ad accettare un altro paziente.
      Trascorrono due anni quando un giorno, del tutto per caso, il nostro psicanalista incontra per strada il signor Cohen.
      Bruscamente lo apostrofa: “Signor Cohen!”.
      “Dottore carissimo, che piacere rivederla!”.
      “Piacere un corno!”, replica l’analista. Lei mi ha lasciato senza nemmeno un cenno, non una telefonata, non un rigo. Non ci si comporta così! E poi, passi per me, ma lei era un caso grave! Si rende conto delle conseguenze che questa malattia potrebbe arrecarle se la trascura in questo modo?”.
      “Dottore, non faccia così, non se la prenda! Io sono guarito!”.
      “Ah sì? Lei è guarito?” lo canzona l’analista che non riesce a nascondere il suo disappunto. “Aiuti allora un povero analista fallito a capire qualcosa”.
      “Lei si ricorda di com’ero disperato per quell’oscura presenza ossessiva sotto il mio letto? Bene! Sono andato dal mio rabbino per avere un po’ di conforto – perché un uomo, qualche volta, ha bisogno di una buona parola – e gli ho detto:
      ‘Rabbino, rabbino Shloimele! Mi aiuti, io non vivo più! Tutte le notti, sotto il mio letto un’oscura presenza si agita rumorosamente e non mi fa dormire e ogni volta che mi chino per scoprire chi è, non vedo nessuno e appena mi distendo, ricomincia senza sosta!’
      Vede dottore, il mio rabbino, è un bel rabbino, molto saggio e con una grande barba bianca. Mi ha fatto segno di calmarmi, poi ha chiuso gli occhi e ha cominciato a respirare profondamente lisciandosi a lungo la barba. Dopo più di un quarto d’ora, con una luce meravigliosa nello sguardo, mi ha detto:
      ‘Yankele, figliolo, sai cosa devi fare? Taglia le gambe del letto e vedrai che quella creatura non potrà più starci lì sotto!’.
      SONO GUARITO, DOTTORE!!! “.

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      1. Ho pensato d’impatto, che mi avessi lasciato le ultime volontà per quando tra 100 anni verrà il momento! Poi ho pensato che essendo tu appartenente alla categoria “donna”, sarebbero state molte di più e mi sono tranquillizzato. 🤣
        Ogni tanto penso. Anche questo è strano! 😝
        Ognuno ha i suoi casi umani in famiglia. Io sono il più grave nella mia. La classica pecora nera e psicopatica.
        Però la tua barzelletta, mi ha in qualche modo, dato una soluzione. Anche se io colleziono i miei mostri, la notte li prendo e li infilo sotto il letto. Poi la mattina mi sporgo, li guardo, li conto e li segno sul mio diario di bordo! Ho bisogno di compagnia! 🤷🏻‍♂️

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        1. Aha, no, a quelle per l’appunto ci sto ancora lavorando… presumibilmente, essendo donna & puntigliosissima, le terminerò giusto appena prima dell’ora X 😁
          T’informo che io e la mia amica (quella sorda, che è un’educatrice: e non so quale delle due disgrazie sia peggiore 😀 ) abbiamo appena meditato al telefono di aprire un manicomio tutto nostro. Del resto, i nostri politici non ci dicono sempre di avere iniziativa ed inventarci un lavoro? Per altro, così, avremmo già due pazienti bell’e pronte, cioè noi due. Se poi ti vuoi aggregare… faremo presto un open day con camicie di forza personalizzate in omaggio (la ragazza sa cucire: io le ho detto che ne voglio una con la stampa a teschietti per i giorni festivi, ed una con le pecore per i feriali).

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        2. Non ci lavorare troppo! Lascia tutto al caso! O a me se hai milioni! 🤣
          Lascia stare i manicomi. Ci sono più malati mentali (che si credono normali) per la strada, che chiusi negli ospedali psichiatrici! 🤦🏻‍♂️

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        3. Ma senz’altro!
          Oltre alle castagne che ti spettano, ti devolverò anche un mucchio di monete grande così, che non ci sta nemmeno nel Deposito di Zio Paperone. Monete di cioccolato, ovviamente 😀 😘

          Sui pazzi, come si usava dire negli anni ’70, “non è un caso se manicomio è scritto fuori dall’edificio”.
          E come disse Joker (quell’altro) salutando Batman che se ne andava da Arkham dopo la sua “passeggiatina di salute”, Goditi la vita, là fuori. In manicomio. E non dimenticare che, se le cose dovessero farsi insopportabili… qui c’è sempre posto per te!
          Dài, che ci divertiamo. Più strip-poker / spettacoli di magia (soprattutto escapologia!) e meno farmaci 😉 Molti meno farmaci.

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        4. Castagne, cioccolata…se aggiungi del vin brûlé potresti anche esser mia amica! 😝

          “Non è un caso se manicomio è scritto fuori dall’edificio”. Il concetto è esattamente quello. 🤣

          Mettimi in camera con 5/6 donne e sarò ospite fisso del tuo manicomio a 5 stelle! 😜

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        5. Me lo segno. D’altronde abbiamo SOLO camerate da 8, come ai vecchi(ssimi) tempi, così da facilitare l’orgia pànica.
          Il vin brulé è tutto tuo, io mi tengo le mie squisitezze analcoliche – ma sono ancora tua amica se resto astemia? Sarà paradossale per una pronipote di Bacco, ma così è.

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        6. Non a caso ho scelto le pecore per la mia “camicetta”.
          E ho anche un pigiama da mezza stagione, con su stampata una pecora (pelata: sulla crapa niente vello!). Vuoi salire a vedere la mia collezione di pigiami? 😉
          Così faccio come con l’infermiera del Cps (che è passata oggi, ciao M.!): spalanco la felpa allo stesso modo dei maniaci sessuali nei vicoli col loro impermeabile, e mostro il pigiama-pecora facendo beeeee!

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  2. Sono sempre in imbarazzo a leggere cose tanto personali su un mezzo che per me, 51enne, è comunque “meccanico” e “freddo”… E questo giro di parole per dire che non ho molte parole pubbliche da scrivere o dire, ma che se posso ti abbraccio. Anche io ho (avuto) una bella sorpresa, a Giugno 2015, ma per fortuna la prossima estate, col compleanno dei 5 anni, dovrei ritenermi “salvo” da recidiva. Ma poi chi lo sa? Almeno riuscissi a imparare qualcosa dalla malattia, ma alla fine cado sempre nelle stesse ripetizioni…

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    1. Tendo sempre ad abbassarti l’età, sarà per il Piccolo Yoda che hai per avatar 😉
      Subodoro un tumore. Come che sia, dagli un calcio negli stinchi anche da parte mia.
      Mi rendo conto – in genere a posteriori – che questa “massa” di informazioni, anche un po’ secche, spesso impatta più di quanto io possa immaginare: ora non dico che per me sia uno spasso, ma siamo appunto ancora al livello superficiale, facile, da brochure informativa che potresti trovare nella sala d’attesa dei Servizi Sociali (uhm, questa è quasi un’affermazione fantascientifica, ma ci capiamo).
      Se puoi abbracciarmi? Magari, mi farebbe piacere 😊

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      1. E allora eccomi! Senti, Celia, mi piacerebbe parlare con te di più, consigliarci letture, ascolti, pensieri: perchè mi sa che su alcune cose (religione, politica) la pensiamo diversamente, ma che c’è di meglio che imparare da chi la vede in un altro modo? Ma ho difficoltà nel farlo sul blog: e poi, a te andrebbe bene? Se si, ok: se si ma preferisci via mail, te la do senza problemi; se no, ok ugualmente! In attesa, ti saluto e esco: questa settimana la mia metà e io siamo in vacanza, la dedichiamo interamente al Torino Film Festival, come sempre da una dozzina d’anni a questa parte. Cheers!

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        1. Perché no? 🙂 Dài!
          La mail mi pare possa essere un buon approccio, normalmente usi quella inserita per i commenti o ne hai un’altra?
          Non posso che invidiarvi la vacanza, Torino città ed il festival – ovviamente, al ritorno sei tenuto a raccontarmi tutto – capisci in che guaio ti sei messo? 😉
          Nel frattempo, have much fun, tu e La Metà ◕‿◕ Ciao, anzi Ciak! 🎬

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        2. Ah, aspetta, il Torino Film Festival… certo… mi ero un po’ allucinata con quel “sydba” e ho pensato che stessi delirando anche qui 😀

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        1. Errr, non avevo ancora controllato la tua mail, pensavo che questa fosse una sigla 😀
          (Occhéi, me la devi spiegare comunque, a meno che non stia per “Syd Barrett”… ma perdona il rimbambimento, sono un tantino fusa – e ora me ne vo a letto).

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  3. Quello che segue non è un bel commento: lo premetto perché sono un vigliacco che in questo caso scaglia la pietra e nasconde la mano, ma sono anche un vigliacco stupido, perché nascondo la mano e poi la indico a tutti dietro la schiena…

    Ho letto tutto il tuo post fino all’ultima riga e malgrado un disagio costante (generato da una dolorosa empatia, dovuta a sua volta da un certo affetto che ho per te) non ho saltato nemmeno una parola e Dio solo sa quanto spesso la nostra mente crea buchi nell’affrontare ciò che ci crea dolore ed alla fine facevo fatica a trattenere una serie di pensieri, generati anche dal tuo approccio di orgogliosa consapevolezza, dolente nel suo essere sfacciata ma non esibita e mai vittimistica (pur avendone ben donde, perché se è vero che una contabilità delle priorità e del dolore è sempre miseranda, altresì spesso si resta basiti dalla pochezza di alcune persone che si lamentano disperate anche per una pioggerella autunnale sulle loro auguste capocchie…).

    Insime pensieri in ordine sparsi…

    1. Il tuo menù… Ma che c***o!
    2. La tua malattia neuromuscolare… No, dico, cosa faceva il tuo angelo custode?
    3. Sti-cazzi… ‘sticazzi!
    4. E adesso?

    Un abbraccio, grande, grande.

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    1. Carissimo Vig,
      potrei dirti che amo la pioggia perché ti permette di piangere a testa alta, ma la verità è che pur con tutti i miei umanissimi alti e bassi di piangere non ho mica voglia. Ho più voglia di Nutella, ma con la tessera prepagata che mi passano in associazione grazie all’infimo ISEE non posso comprarla, è solo per i prodotti freschi e di prima necessità.
      Lo vedi? Povera, handicappata, sola come un cane e con un senso dell’umorismo sociodistonico (tu che sei sveglio, anzi che sei speciale, questa la capisci subito. Ma comunque, cfr. mio ultimo commento a Joker più su, stop).

      1. Credits: il buon (seee, ciao) Bruno Barbieri, che usa dire: Vedi che mi parte il neurone, nèèèèè! Infatti, alcuni dei miei si suicidano ogni volta che egli proferisce l’orribile frase.
      Ricorda, non c’è sfiga che non possa essere almeno “impiattata” con stile.
      2. A costo di sembrare una tipica Cattolica Demente, sto cominciando a credere che non solo episodi specifici, ma la malattia tutta sia stata appositamente pensata per me – per noi. Forse è un passo troppo lungo da fare adesso. O forse hai ragione tu, e mi è toccato per angelo l’Agente Beyoncè… cioè, volevo dire, Castiel.
      3. E’ il magico mondo del trauma! Godiamocelo! E non dimenticare che se le cose dovessero diventare insopportabili… c’è sempre un posto, qui, per te! (cit. Grant Morrison, aka J to Batman, dall’uscio del manicomio).
      4. E adesso, prima di tutto, la richiesta di aggravamento, ‘ché se riesco a strappare 4 punticini mi piglio almeno due tolini di pensione. E poi… poi niente, se vuoi scoprirlo devi leggerti le puntate successive 😉

      Un abbraccio schiacciaossa a te, fanciullo 🧡
      Ora devo andare, mi stanno aspettando.
      Godot

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  4. Cara Celia di solito leggo e trovo molto interessanti i tuoi post. Quando ho visto quel codice genetico ho pensato: “no, questo non ce la posso fare”. Se c’è un aggettivo che negli ultimi anni mi perseguita e sembra non voglia staccarsi da me è proprio “raro”. Non ti voglio ammorbare più di tanto con i miei guai, ti basti sapere che rara è la SLA che ha colpito mia madre dieci anni fa, rara la malattia genetica del mio secondo figlio nato quattro anni fa, raro (anzi rarissimo) il tumore a cui sono stato operato ormai un anno e mezzo fa. Che dire? Alla fine l’ho letto il tuo post e mi sono ritrovato in molti tuoi pensieri. Ma anche nel modo di affrontare le difficoltà. Dopo i primi momenti di totale umano sconforto ogni volta ho rialzato la testa… Pensa proprio in questo momento sono all’INPS per la pensione. Incrocia le dita per me 🤞io lo farò per te.
    Un abbraccio

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    1. Non so se valgano anche le preghiere retroattive, purtroppo ho letto solo ora il tuo commento – ma io dico di sì, quindi aspetta in linea che torno quando ho parlato col Principale…

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    2. … rieccomi.
      Nonostante la confidenza con certi temi, e spesso proprio a causa di questa, non è mai facile rapportarcisi. In questo momento mi sembra opportuno, cosa buona e giusta, prender solo nota di quanto mi racconti, ricordarvi nelle preghiere (che son sempre più efficaci della nostra burocrazia) e mandarti un grosso abbraccio a mia volta.
      Se, anzi, vorrai dirmi i nomi di tua madre e di tuo figlio, puoi star certo che ti sentirai fischiare le orecchie.

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