Sono un mito .5: Come bambini

Vi lascio un ultimo post, più leggero e allegro, sulla malattia
prima di mettere la serie in pausa natalizia-capodannesca.

Mito

«In verità vi dico:
se non vi convertirete e non diventerete come i bambini,
non entrerete nel regno dei cieli. […]
Mt 18,3 [Fonte]

Ne parlerò diffusamente, o almeno questa è la mia intenzione, ma oggi riassumo: mia madre, negli anni, sempre a causa della MELAS era diventata completamente sorda. E le possibilità di comunicare con lei erano molto ridotte, dato che non avrebbe potuto, neanche volendo, imparare la LIS (non ne era in grado), che ci hanno proposto l’impianto cocleare troppo tardi (…) e che i semplici apparecchi acustici da un pezzo non bastavano più.
Abbiamo naturalmente sviluppato qualche piccola strategia per parlare tra noi, anche un po’ oltre il minimo necessario; ma di fatto è sempre stato difficile.
Ciò che voglio consigliare oggi, a familiari / amici / compagni di sordi ma, in verità, a chiunque, è però piuttosto di non parlare affatto.

  • Abbracciate. Accarezzate. Baciate. Strofinatevi naso contro naso.
    Dedicatevi col massimo impegno a coccole, grattini e massaggi. Il tatto! Il tattooo!!!
  • Fate gesti comuni, che si possano intendere, e provatene altri non codificati, ma che vi stanno comunque simpatici. Adottate quelli che funzionano meglio.
  • Conoscente il codice Morse? Usate il Morse con le dita. O con una torcia. O su carta.
    Lui / lei è bravo/a a distinguere le lettere tracciate con le dita sulla schiena? Scrivete dei messaggi sulla schiena.
  • Lui / lei non può sentire la musica. Tamburellate a ritmo su qualche punto del corpo dove non faccia male – non sarà come sentirla, ma è divertente, e quanto ad altezza e timbro volendo potete compensare in altri modi.
    Create vibrazioni. Raccontate la musica con dei paragoni allosensoriali.
  • Ballate.
  • Avete mai mangiato con le mani? Provateci.
    E scambiatevi anche il cibo, in questo modo.
  • Poi giocate.
    Io ho conservato uno di quei nastrini rossi con attaccato un campanellino, quelli che si trovano legati al collo degli animaletti di cioccolato della Lindt. Ogni tanto lo passavo a mia mamma e lei sapeva che doveva sventolarmelo davanti… mentre io cercavo di acchiapparlo imitando un gatto. Io mi ci divertivo perché sono un po’ bambina dentro, ma sono riuscita a far tornare a galla anche la bambina che era in lei e finiva per ridere di gusto, fino alle lacrime.

Così, per esempio.

trasferimento (3)

20 pensieri riguardo “Sono un mito .5: Come bambini

  1. Toccarsi, stare in contatto… molto bello… forse bisognerebbe insegnare a tutti i rudimenti almeno del linguaggio dei segni, fin da piccoli… scriversi? Bigliettini, post It? So che sembra segretariake, ma a volte pratico, no?

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    1. No no, macché segretariale: qui ho voluto ricordare brevemente un modo diverso per stare insieme e comunicare, importante e a volte persino più efficace, ma naturalmente se dovevo chiederle quando voleva andare a far la spesa non potevo limitarmi a sorridere e fare le facce buffe 😄 😉
      Ho via un faldone pieno dei nostri quaderni, sui quali le scrivevo (perché anche le frasi brevi generavano deliri). Ogni tanto, fra le frasi, compaiono cuoricini e pecorelle sghembe, ma questo è un fattaccio privato 😂

      A proposito di lingua dei segni, non so quanto fattibile e oggettivamente utile potrebbe essere (cioè: lo sarebbe molto, se avessimo intelletto e risorse d’avanzo per dedicarci ad implementare la linguistica a fini interdisciplinari, ma lasciamo stare che la parentesi s’allarga troppo e in Italia già le parentesi ci dan fastidio ecc. ecc.).
      Più che altro noi abbiamo un bel problemino ulteriore rispetto alle versioni estere, perché – riassumo come mi ricordo, probabilmente in modo inesatto ma ci capiamo – quella che noi chiamiamo LIS non esiste.
      E’ un po’ il risultato della preminenza di alcune varianti locali su altre, come il volgare del tempo che fu (e fu molto tempo fa…), mentre de facto in giro per lo Stivale si parlano, contemporaneamente, parecchie declinazioni differenti di lingua dei segni.
      Pur avendo studiato la “LIS”, non è detto che un sordo di Trento segni allo stesso modo di un sordo di Caltanissetta, anche se va detto che la plasticità e la rapidità con cui di solito viene gestita una lingua dei segni copre agilmente un sacco di eventuali divergenze.

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  2. Quanta tenerezza in questo post! Sono d’accordo, con le persone che si amano si riescono a trovare tanti stratagemmi.
    Ti racconto un fatto: mio padre è sordo da un orecchio e lui l’ha sempre trovato un grande sollievo. Fin da bambina io ricordo i pranzi interminabili di Natale a casa dei nonni (che per lui erano i suoceri), di vedute politiche diametralmente opposte alle sue e lui, placido e sereno con una mano appoggiata all’orecchio buono.
    Praticamente era il suo modo di tapparsi le orecchie, senza dare nell’occhio e non sentiva una beata cippa. Era sempre il più tranquillo e felice quando alla sera venivamo via!
    Spero di averti fatta sorridere, un abbraccio e buon Natale!

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    1. Mi hai fatto sorridere sì 😄
      Uomo saggio, tuo padre!
      Il trucchetto mi avrebbe fatto comodo, più che a Natale, durante le cene della vigilia di un tempo – che adoravo, ma che spesso venivano “sporcate” da gente indegna, e che tuttavia faceva parte della nostra vita…
      … il rapporto con mia mamma è sempre stato difficile, anche al di là della sordità: però siamo state fortunate, abbiamo vissuto una manciata di ultimi anni bellissimi e pieni di comprensione reciproca, dopo tante schermaglie ❤
      Ricambio l'abbraccio, ti auguro un Natale felice, e benvenuta! 🙂

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