Sono un mito .6: Libera

A volte bisogna fare qualcosa di imperdonabile,
per poter continuare a vivere.

Ventitrè dicembre duemiladiciannove: ho chiuso i rubinetti centrali di acqua e gas, spento tutte le luci, abbassato il termostato, raccolto tutte le mie cose cesto regalo compreso.
Parto, e dopo cinque minuti di auto già percepisco nettamente le spalle ed il collo non dico sciogliersi, ‘ché ci vorrebbe ben altro (tipo un lungo massaggio sapiente), ma lasciar andare la tensione massiccia.
Passo i successivi quattro giorni a mente vuota, senza mai soffermarmi sulle faccende in sospeso o sui crucci lasciati a casa. Mi dedico alla lettura: sulla testata del divano entro il quale mi sono scavata il mio nido, nella stanza più intima in fondo all’abitazione di mia zia, stanno appollaiati cinque libri che alterno incessantemente.
Dormo parecchio, appisolandomi senza il pensiero che domattina, di nuovo, mi toccherà alzarmi e vivere.
Mi godo i manicaretti del cugino-orso, cuoco ufficiale, e nelle due notti in cui tiro tardi a leggere entro di soppiatto in cucina a rubacchiare: la prima volta un pane, la seconda una ciotola di patate al forno. La mattina, mia zia mi dirà che siccome eran dure (mica vero), aveva pensato di tagliarle e farci nonsocosa. Troppo tardi…! 😉
Nel mezzo si fa Natale. Momento anomalo. Mia mamma non c’è più, questo è molto chiaro, e improvvisamente mancano troppe persone a tavola. Non sembra quasi neppure Natale. Mi sento vuota e disconnessa da tutto – capirò più tardi che la mia psiche, sempre accorta, mi sta tenendo lontana da qualsiasi stimolo troppo intenso e doloroso.

Vuota; perché per tutta una vita ho vissuto, anche nei miei periodi di maggior apertura al mondo, in funzione di altro e altri – negli ultimi otto anni, mia mamma e la sua versione della malattia. Non c’era imposizione, in questo – l’ho scelto più di quanto l’abbia subìto -, ma neppure spazio per la mia autonomia da sempre accantonata. I quattro giorni staccata dalla mia quotidianità hanno funzionato come catalizzatore di un processo già in atto da febbraio, realizzando una netta cesura tra la prima fase di lutto – disordinata, fiacca, demotivata – e la seconda, al cui esordio ho fatto il punto su una serie di problematiche fra loro interconnesse che tornerò ad affrontare, ma con più criterio e più strumenti, in questo 2020.
Disconnessa; perché come detto ricevere senza filtri le impressioni di questo Natale senza famiglia, senza neve e con una temperatura esterna assurdamente alta, senza famiglia, arrivato troppo in fretta e troppo in fretta ripartito, senza famiglia, senza cena della Vigilia e sc(qu)artamento pacchetti come tradizione vuole, e l’ho già detto senza famiglia?, beh, sarebbe stato un terribile passo falso. Ho pensato a mia mamma solo due volte, per pochi istanti prima di obliare tutto di nuovo, una delle quali quando a Santo Stefano ho lavato i piatti come faceva sempre lei, battendo sul tempo mia zia con un sorrisetto di malcelata soddisfazione.
Poi, al ritorno, ho spostato le foto dei miei: dal salotto, che è il cuore della casa, alla camera, che ne è l’anima; così da un lato li ho ancora più vicini, dall’altro però mi son scrollata di dosso il continuo confronto tra il prima e il dopo, tra il con e il senza, tra chi ero e (non so ancora) chi potrei essere.

Ricomincio dunque da qui, ripagando un po’ alla volta le ipoteche che l’esistenza ha acceso sulla mia persona.
Sapendo che questa ferita non si cancellerà mai, né voglio che accada, ma che può rimarginarsi e permettermi di mettere me stessa al centro.
Non c’è contrasto tra la sofferenza della perdita e la mia gioia di sapermi libera, legata ai miei cari ma non più vincolata. Libera dalla preoccupazione per la loro sorte e la loro serenità. Libera dalle aspettative, per poterne coltivare persino di più alte. Libera da condizionamenti di vecchia data che neppure chi ha contribuito a suscitarli conosce, o riconosce più.
Libera e solitaria, eppure non sola.

30 pensieri riguardo “Sono un mito .6: Libera

  1. Lucidissima, intelligente descrizione della tua -giustamente- lenta ripresa.
    Brava, per tutto.
    Mi hai fatto venire in mente che le foto dei miei cari, anche e soprattutto quelli che ho perso, sono nel mio studio. Mi guardano mentre lavoro, come a dirmi ehi, non sei mica sola. Mi ricordano da dove arrivo e chi mi ha aiutata a diventare quel che sono. Bello, dai.
    Ciao, buona vita.

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    1. Ormai sono due settimane che me li coccolo “in privato”, e ho capito che è stata la scelta giusta. Ogni tanto ancora mi volto verso il punto dove stavano, per condividere qualcosa (tipo Oh, mamma, va’ che super-pasta che mi son fatta!), poi ricordo, e ripeto l’operazione guardando in alto anziché di lato.
      Buona vita anche a te, Rossa ❤

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  2. Potrebbe essere l’incipit di un romanzo invece è vita vera. Chissà che poi un romanzo non diventi…
    Bellissime parole, per bellissimi pensieri, ma tali sarebbero state anche se i pensieri fossero stati beceri: nel tuo caso, invece, doppio premio (di prosa e di etica).

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  3. “Libera e solitaria, eppure non sola.”
    Quanto hai ragione, me lo dovrei stampare in fronte. Ci sono giorni in cui mi sembra di vivere in un incubo fatto di solitudine e continui fallimenti, tipo oggi.
    Ti seguo da un po’ e mi sembra di capire che sei una persona che ha subito della perdite importanti ma che, nonostante tutto, si sta ricostruendo una vita.
    E io voglio chiederti scusa. Si, ti chiedo scusa per tutte le volte in cui mi piango addosso nonostante sia certa che i miei problemi siano infinitamente più piccoli dei tuoi. Invece di concentrarmi su quello che ho, piango per quel poco che non riesco ad ottenere.
    Spero di avere, un giorno, anche solo una piccolissima parte di coraggio che hai tu!
    Grazie per le belle parole che ci fai leggere ogni giorno ❤

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    1. Il tuo commento mi ha commossa.
      Sì, è vero, ho avuto delle perdite notevoli; ma sai che anche a me è capitato di trovarmi nella tua posizione? – cioè di osservarmi e pensare che avevo sì delle sfighe, ma restavo comunque una piagnucolona per carattere, e che altri al posto mio avrebbero vissuto in modo assai migliore.
      Accetto le scuse, allora, ma le giro immediatamente a chi è più incasinato di me (qualcuno ne conosco). Se io ho coraggio, oggi, è anche perché ci sono persone come te che mi danno riscontri positivi. E Dio solo sa quanto ne abbiamo bisogno, tutti!
      Un abbraccio grande 💕 🌼

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    1. Ti ringrazio, Olivia.
      Caratteristiche sono al tempo stesso la mia salvezza ed orgoglio, ed il mio tallone d’Achille.
      Ma non vi rinuncerei.
      Buon (inizio e soprattutto) proseguimento a te 🙂

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