Sul mare .9: La cucina della filibusta, Melani Le Bris

I pirati? Li immaginiamo imbronciati mentre rosicchiano insetti come le calandre o lappano acqua putrida sulle loro bagnarole sperdute nell’immensità del Caribe, durante l’interminabile attesa dei galeoni d’oro; oppure li pensiamo mentre si abbruttiscono di liquori adulterai nelle bettole della Tortuga. Che errore!
Come dimostrano le memorie di Jean-Baptiste Labat, domenicano poco portato alle estasi mistiche, ma dotato di un appetito e una curiosità incontenibili. In un inedito mélange di arte culinaria e storia, Melani Le Bris, insieme al padre Michel, il più noto storico francese della pirateria, ricostruisce questa misconosciuta epopea gourmande della filibusta caraibica.
Una gustosa narrazione in cui un centinaio di ricette si alternano ad altrettanti aneddoti in un’armonica composizione di sapori e vicende. Riviviamo così le gesta dei “Fratelli della Costa”, che nelle loro modeste capanne o nelle malfamate taverne lungo i moli sono stati i precursori di quella cucina meticcia che oggi si chiama moderna, portando ai più alti livelli l’arte delle spezie, raffinando la preparazione delle grigliate e scoprendo molti dei cocktail che ancora oggi ci fanno sognare.

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La quarta di copertina non mente: aneddoti, note storiche e curiosità culinarie corredano degnamente un’infilata di piatti, dalla più “semplice” salsa al peperoncino (ne trovate descritte diverse) ai dolci a base di platano, passando per la frittura di pesci volanti – i miei capitoli preferiti!
Stando a quanto riportato, e confermato dal “buon” Long John Silver, non dubito che un vero pirata, bucaniere o filibustiere (nel libro si parla degli ultimi due) sarebbe capace di ingurgitare ogni portata in un solo pasto. Del resto, è proprio questo “il vero tesoro dei pirati caraibici”, come recita il sottotitolo.
Non stupisce, dunque, la “dimenticanza” che l’autrice attribuisce a Stevenson:

Nel baule dell’uomo morto lasciato nella locanda
dell’Ammiraglio Bembow, Jim Hawkins aveva scoperto,
tra le cianfrusaglie dello sventurato Bill Bones
(vecchi orologi spagnoli e conchiglie dei Mari del Sud),
preziosamente avvolta nella tela cerata
la carta dell’Isola del Tesoro.
Incalzato dal ritorno del cieco e dei suoi compagni,
aveva trascurato, e con lui Stevenson, anch’egli presente,
quest’altro tesoro, un libro di cucina che puzzava
di rum invecchiato, catrame e tabacco freddo…
… qui abbiamo semplicemente tentato di porre rimedio
a quella dimenticanza.

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L’edizione Elèuthera 2010 ha una grafica leggera ma accattivante, un contrasto di bianco/nero e poi rosso a punteggiare in sfondi, disegni, paragrafi esplicativi, dettagli.
Se le cucine esotiche non vi turbano, ne sono lieta, fate però ugualmente attenzione: qui e là spuntano storie inaspettate che potrebbero arrecare dispiacere a chi ama gli animali… o più semplicemente non è abituato a considerare cibo alcuni di essi (io, anche se poi mi sentirei una persona orribile, confesso che la zuppa con carne di alligatore la sperimenterei volentieri. Le tartarughe no, non riesco nemmeno a pensarci).

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La carta contempla:
Salse al peperoncino
Entrées

Carni alla brace, spezzatini e fricassee
Pesci, crostacei e frutti di mare
Tuberi e altri ortaggi
Dessert, marmellate e altre dolcezze delle isole
Vini, rum, punch e altri modi di guadagnarsi il paradiso

 

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