Childfree .5: Pietre di scandalo

35 anni e sentirsi ancora come all’asilo: cioè presa per il culo

Santo Stefano 2019, interno pomeriggio (cucina di zia).
Personaggi in scena: io, zia, cugina2 ed il suo compagno.

Lui: _ E allora, quand’è che ti sposi?
Io: _ … 😓 🧐 … 🤔 … il 24 maggio. Ci sembra un bel mese.

Inutile specificare che non c’è alcun matrimonio, anche perché non c’è alcun fidanzato; ed è già abbastanza incredibile che me la sia cavata con una battuta in risposta: un po’ miseranda e traballante, ma pur sempre una battuta.
No, perché quando sei single, e/o non hai figli, c’è sempre l’importuno che ti fa domande inopportune, magari persino in buona fede (peggio!) e con la simpatia che si riserva al povero cane zoppo di famiglia – ma tu non hai il diritto di difenderti, risentirti o prenderla a male: altrimenti rinforzi l’idea di “persona strana, suscettibile, mal riuscita” che già ti sta appiccicata addosso.
E allora, giù sorrisini e battutine stupidine e cazzatine.
La risposta giusta, buon Dio, ce l’avevo sulla punta della lingua; ma immaginate che danno alle relazioni con la cugina2 – da tempo infertile per problemi di salute e però desiderosa di essere madre –  mi sarei procurata, se l’avessi lasciata uscire con la stessa nonchalance con cui il suo compagno ha fatto la domanda cretina a me.
Potevo dire:
_ E voi, quando farete un figlio?
Ecco. Ma non l’ho fatto. Perché alla cugina2 voglio bene. Ed il suo compagno, anche se è tristemente razzista, mi piace. Sono parte della mia famiglia, e lo specifico non perché in famiglia si debba giustificare la qualunque (sono di tutt’altro parere), ma perché per me sono importanti.
Insomma, io così banalmente sensibile non scherzerei mai su una cosa simile.
Eppure, pur non essendo cattive persone, altri non trovano sbagliato scherzare “sulla mia pelle”, su qualcosa che nemmeno conoscono ma è evidente considerino problematico. Embé: complimenti.

No, non ho un uomo. No, non c’è alcun matrimonio all’orizzonte. No, men che meno sento l’esigenza di riparare alla mia “stranezza” sfornando un figlio, ed il mio “orologio biologico” mi dice una sola cosa: che è tempo di godermi la mia libertà.

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I bambini (degli altri)

_ dice che fanno un casino incredibile.
_ che stronza! sono bambini, che fastidio le danno?

Ne danno eccome. Capisco la vicina, anche se mi è antipatica: se rompono il cazzo a me, che son pure più staccata, figuriamoci a lei che ce li ha appena oltre la parete. Se li sento io, a questa distanza – senza freni, senza orari, senza la minima parvenza di rispetto e dunque di contenimento dei versi animaleschi e delle lotte contro il mobilio -, figuriamoci lei.
Non scherzo mica, quando racconto che spesso (finché non si sono graziosamente levati dalle palle) ho dovuto insonorizzarmi io indossando le cuffie da cantoniere.

Ma naturalmente non sono soltanto i bambini in prima persona a dare segni di squilibrio. Prendete le loro madri, le nonne, persino le sorelline (sarà un caso che mi vengano in mente solo femmine?).
Non riescono ad uscire dall’incanto del bambino-fenomeno (no, non tutti i pargoli sono intelligenti e acuti, e sì, ne conosco alcuni che spiccano. Però, ecco, sono esempi rari ma non comunque dei miracolati o dei messia).
E non riescono a concepire che per qualcuno gli unici fenomeni interessanti siano quelli adulti, autoregolantisi. O quelli fisici e chimici. O quelli culturali e sociali. Certo non i baby-fenomeni…

hvhj

… quando ascolto i racconti di mamme o nonne, che siano mie parenti, amiche o conoscenti, lo faccio volentieri. Non fingo. Ma se ascolto e apprezzo, accade unicamente perché mi interesso a loro, tengo a loro, e mi fa piacere condividere un pezzetto delle loro gioie (o preoccupazioni), anche quelle di cui di per sé a me non frega nulla.
Lo faccio per loro, e lo faccio per poco.
NON lo faccio per i bambini, né mi presterei ad occuparmene al di là di una conversazione da concludersi in tempi ragionevoli. I vostri figli e i vostri (/ miei) nipoti non mi interessano in alcun modo, nemmeno un poco, nemmeno di striscio; che ci crediate o meno.
Possono farmi simpatia, ispirarmi tenerezza, e posso senz’altro provare per loro un vago affetto, ma nulla più di questo.
Sic est.

not interested in motherhood

[Immagini dal web e da qui]


Nelle puntate precedenti:
> Childfree .1: Sul non volere figli
> Childfree .2: Una questione terminologica
> Childfree .3: Cosa NON dire a una donna senza figli
> Childfree .4: I motivi per NON volere figli

47 pensieri riguardo “Childfree .5: Pietre di scandalo

  1. I bambini per i genitori hanno lo stesso effetto del fumo di sigaretta per i fumatori: credono che non dia fastidio. Così come i fumatori sono convinti che non siano responsabili del fumo che emettono, i genitori credono di non essere responsabili per i danni fisici ed auditivi che i loro bambini creano. Non parliamo poi di come sia crollata la genitorialità negli ultimi decenni: il totale ed abissale disinteresse verso i loro figli unito ad incapacità su tutti i fronti ha reso i genitori degli assenti ingiustificati. Così abbiamo eserciti di ragazzini disperatamente alla ricerca di attenzione che distruggono tutto, urlano e scalciano sperando di avere da quei buffoni dei loro genitori un minimo di interesse, ma loro devono chattare e chiacchierare al telefono, non possono mica dar retta ai loro figli. Così ai casini dei bambini si unisce il rumore molesto delle chiacchiere di quei beoti dei loro genitori.
    Ecco perché la vera domanda è: perché continuate a fare figli, se non ve ne frega niente di loro?
    Il tono “pacato” del mio intervento si deve a sette anni di pendolarismo sui treni, dove quelle scimmie urlatrici che altri chiamano “persone” e la loro degna prole mi ha costretto a stare ogni singolo secondo con le cuffie nelle orecchie e musica metal sparata al massimo: e anche così le grida disumane di questa Armata della Feccia Umana erano avvertibili…

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  2. Penso che i genitori abbiano un grande peso nell’educazione dei bambini.. i bimbi, intelligenti o meno, a mio avviso hanno una “colpa” relativa nel caos che creano.. Certo ci sono bimbi più o meno vivaci, ma ci sono anche genitori e genitori, e direi che quelli fanno davvero la differenza.
    Ti faccio perdere tempo raccontandoti questa situazione. Elly viene da un canile, ha avuto qualche trauma, e soprattutto appena l’abbiamo adottata reagiva male con i bambini che volevano avvicinarsi a toccarla per strada. I bambini sono imprevedibili e per lei erano fonte di stress (per fortuna nel tempo la cosa siamo riuscite un po’ a risolverla..). Ecco, ci sono genitori che spiegano ai figli di chiedere il permesso al padrone prima di avvicinarsi al cane, stanno vicini al loro figlio, lo guidano nell’approccio con l’animale e tengono presenti anche le mie indicazioni, altri che lasciano correre i bambini all’impazzata verso il cane sconosciuto di turno (magari anche con il rischio che finiscano sotto qualche macchina..) e poi si ritrovano con il bimbo che magari si terrorizza perchè il cane abbaia e il bimbo diventa un adulto timoroso degli animali.. A me dispiace.. Non ho un cane aggressivo, ma con i bimbi (per il bene dei bimbi) non conoscendo chi incontro, se vedo che il genitore è poco attento e il bambino si lancia sul mio cane, a volte mi trovo a dire che Elly morde (mai capitato, ma almeno evito incidenti). Preferisco passare per quella “stronza”, ma i bambini che colpa hanno?
    Credo tu sia stata molto brava a gestire le tue emozioni e la tua reazione alla domanda del compagno di tua cugina.

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    1. Ecco, vedi: è un “piccolo” episodio, ma dai prova con questo di quel minimo sindacale di capacità genitoriale (e di gestione di un animale, se non vogliamo accomunarle).
      Ed io ti faccio i miei complimenti, perché riguardi simili dovrebbero essere basilari, se non proprio scontati, ma per l’appunto non lo sono.

      Sì, tutto sommato me la sono cavata… eppure se ci ripenso, nonostante abbia tenuto la reazione più giusta per tutti, inevitabilmente un po’ mi “ruga”, come diciamo noi bresciani, ossia mi rode.
      Ma è sempre meglio che zittirsi imbarazzati, senza dubbio.

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        1. Sicuramente per la gravidanza c’è un tempo biologico. Ma le cose non hanno un tempo predeterminato. Forse sono fatalista per questo. E mi sembra di capire che tu non sia poi tanto predisposta, o forse ho interpretato male.

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        2. No, infatti – lo si capisce meglio dai post precedenti a questo.
          Ma al di là di me e del mero fatto biologico, ecco, trovo che essere fatalisti rispetto ai figli sia proprio da evitare.
          Le cose vengono quando è il loro tempo (a volte: mica sempre), ma come minimo bisogna sapere prima se quelle “cose” le si vuole accogliere o meno, e regolarsi di conseguenza.
          Anche perché molte “cose” che alle donne “capitano” (si fa per dire…) poi finiscono in un cestino della pattumiera d’sospedale.

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        3. È un argomento particolare. Forse scrivere non aiuta a capirci. Fatalista, nel senso che una cosa accade, se deve accadere. A volte penso sia tutto scritto. Che non ci sia autodeterminazione, anche quando crediamo di aver scelto. Ci sono tante coppie che vogliono fare un figlio e non arriva mai. Così come quelli che non lo vogliono e zac, puntualmente arriva.
          E nella vita, ma credo tu lo sappia bene, molte cose arrivano senza essere preparati. O le accogli o le accogli. Oppure subisci. Aldilà dei figli. Quindi poi sta alla persona, riuscire ad affrontare gli eventi senza farsi travolgere. Ma sono, comunque, sulla tua stessa lunghezza d’onda. Spero di essermi spiegato!! 😊

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        4. Più o meno… credo di aver capito, credo 😉
          Sono cattolica, credo che esista per ciascuno un disegno divino (che spesso di discosta dal nostro personale) – e credo anche che, a prescindere da questo, la vita ci sorprenda e non si possa programmare tutto, men che meno con esattezza. E’ una buona cosa.
          Certo, anche i figli fanno parte del quadro, ma trovo ugualmente pericoloso parlare di imprevisto rispetto a questo. Semplicemente perché non siamo abituati a ragionare in termini di “affidamento, abbandono” a ciò che “deve essere”. Tutt’altro. Si rischia perciò di far passare l’idea che, se non penso alle conseguenze di quel che faccio, poi quelle conseguenze non sono una mia responsabilità. (Vale per tutto, non solo per le gravidanze).
          L’imprevisto vero è qualcosa di molto marginale: se un figlio non lo si attendeva ed arriva – magari “predisposto” dal destino, o come lo vogliamo chiamare – resta il fatto che la madre ed il padre hanno scelto di non preoccuparsene. Una scelta, comunque, c’è stata, e quindi una responsabilità.

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        5. Non sono cattolico, ma credo tu abbia una visione un po’ pessimistica della cosa.

          “Si rischia perciò di far passare l’idea che, se non penso alle conseguenze di quel che faccio, poi quelle conseguenze non sono una mia responsabilità”.

          Perché un figlio “capitato” dovrebbe poi diventare una non-responsabilità?? Io conosco molti genitori che hanno voluto dei figli. Programmati. Ma lavorano tutto il giorno, e questi figli voluti li cresce la tata o se va bene i nonni. Conosco genitori separati che hanno voluto i figli, ma che li usano come scudi umani nelle loro beghe matrimoniali. E genitori “irresponsabili” a cui i figli sono capitati, ma che li crescono come se fossero stati voluti. Con un amore incredibile. Ecco è la generalizzazione di alcuni concetti che a volte esasperiamo. Ma poi le cose bisogna analizzarle caso per caso.

          Pippone delle 00.30 🤣🤣🤣

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        6. Tranquillo, i pipponi sono ben accetti 😉
          Però mi sa che avevi ragione, non ci capiamo, o partiamo da presupposti diversi e il discorso non s’incastra.
          Il pessimismo è l’antitesi del cattolicesimo, en passant.

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  3. Per educare i figli purtroppo bisogna essere educati. I bambini sono bambini ma non devono rompere le scatole agli altri. Possono giocare e anzi devono, ma negli orari consentiti e sempre tenendo conto, specie se si è in condominio, che ci sono i vicini. Poi certo, i vicini un po’ di pazienza devono avercela perché non è che un bambino si può legare… una volta forse era più normale perché di bambini ce ne erano di più ed era una ruota, oggi tocca a te subire un po’ di disagio e domani tocca a me… quindi occhio che se tu fai casino poi te lo ritrovi amplificato. Io forse ho esagerato con l’educazione, sono un po’ pentito, avrei dovuto lasciarlo scatenarsi di più. Recupererò con i nipoti, se ne avrò l’occasione.

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    1. I condomìni sono ricettacoli di dolore, popolati da gente frustrata.
      Se non sono i bambini, è la cacca dei cani, se non è la cacca dei cani, sono i turni di pulizia… eccetera.
      Comunque sì: tieni un file aperto sui nipoti, e pensa ugualmente a giocare con i figli, quando possono, anche facendo un po’ i pirla per strada. E’ soddisfacente.

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  4. La società contemporanea ci priva di ordine, supporto, unione. E tutto questo lo chiama libertà individuale. Questa società impedisce di crescere, e l’immaturità la chiama emancipazione. Viviamo in una cultura della competizione individuale sempre più spietata, perché è stato detto che la società non esiste ma solo gli individui. Chi non può competere sta ai margini, ai margini della vita, ai margini dell’amicizia, ai margini della povertà, ai margini della lucidità mentale. Mondo senza più alcun valore umano, senza sentimento autentico che non sia di perfidia.
    Individui soli e senza speranza vengono convinti di essere stati liberi di scegliere, di essersi realizzati, di aver voluto esattamente quello che hanno. La truffa più grande della modernità è di aver convinto la gente che la libertà aumenta le possibilità di scelta. Molti individui, illusi di aver scelto liberamente, hanno solo accettato le poche vie praticabili alle quali sono stati costretti dalle condizioni limitate che gli sono rimaste. Si chiama libertà ma è triste ripiego. Si chiama volontà ma è nevrosi. Si chiama scelta ma è privazione.
    Questa società marcia non durerà, cerca di sopravvivere costringendo i perdenti a convincersi di non esserlo, e produce matti. Non durerà perché si prefigge di fermare la sua stessa riproduzione.
    Questo mi dà ancora speranza.

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    1. Io sarei anche d’accordo su tutto, ma ho l’impressione che tu invece voglia esprimere una critica al post.
      Perché sì, io parlo di scegliere di non riprodursi, ma del resto non lo faccio assecondando una società che pensa di avere solo diritti e mai doveri.
      Non credo nella “libertà” così come oggi concepita, ossia senza responsabilità – vedi commenti precedenti.

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      1. Certo! Anche nel mio blog ne ho parlato, ed è tra i miei argomenti centrali… perché credo che, al di là delle mie motivazioni specifiche, non contribuire alla sovrappopolazione dovrebbe essere una preoccupazione di tutti!
        In particolare poi ho due motivi miei, uno è che non ho l’indole materna, non mi sentirei realizzata con un figlio, e tengo troppo al mio tempo personale… e l’altro è il buonsenso, perché tra problemi di salute e di lavoro mancante, e famiglie mia e del mio fidanzato poco idonee all’aiuto pratico e psicologico, non sarebbe cosa anche volendo!

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        1. Cerco i tuoi post, allora 🙂
          In effetti il discorso sulla sovrappopolazione ha senso, anche se non sono molto ferrata al riguardo. I primi pensieri che mi vengono sono:
          i paesi più popolosi e con più spinta demografica sono altri, quindi ridurre la nostra crescita demografica ulteriormente non porta risultati
          però
          i paesi che sfruttano e determinano il sistema economico in cui anche i paesi più popolati sono immersi (con tutte le conseguenze di povertà, inquinamento ecc.) siamo noi, quindi la nostra decrescita (più economica che demografica) favorirebbe tutti.
          La vedo molto, molto dura, per usare un eufemismo…

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        2. p.s.: naturalmente, a prescindere dalle cifre, “esiterei” anche a far nascere un figlio in un mondo così rovinato, decadente.
          A questo punto di solito ti viene replicato che i nostri nonni i figli durante le guerra li hanno avuti senza tante paranoie, eppure a me sembra che le cose stiano peggio ora di allora.

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  5. Il pezzo su cui scrivi che non te ne frega dei figli di amici e conoscenti, non più di quella ragionevole tacca insomma, mi fa male fisico per come vorrei condividerlo sul mio Facebook, proprio sogno di farlo, ma non voglio offendere tali persone e quindi evito. Però clap clap. 🙂

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    1. Nemmeno le persone cui pensavo io, a dire il vero, leggono il mio blog – a parte forse una, sempre che sia arrivata a seguirmi fin qui. A pensarci credo, comunque, che avrei scritto le stesse cose anche se sapessi che mi seguono, garantendo la possibilità di discuterne solo alla cugina2.
      Gli altri, muti.
      (Felice di averti dato un virtual sollievo 🙂 )

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