Libretto agile, d’una novantina di pagine, ricostruisce (principalmente attraverso articoli di quotidiani e testimonianze di chi fu giovane all’epoca) l’ambiente omosessuale bresciano intorno agli anni ’60 e lo scandalo scoppiato nell’esatto volgere del decennio rinominato così come nel titolo.
E’ una vicenda di cui ho sempre ignorato tutto fuorché, appunto, questo termine – balletti verdi – che indicava i ritrovi, le feste casalinghe messe in piedi da gruppi di quelli che all’epoca erano perfetti imboscati, uomini nascosti. Nonostante sia nata quasi 25 anni dopo, la storia e la locuzione mi sono familiari da sempre, e se le riferissi oggi al cosiddetto uomo della strada (magari di Castelmella, che ne fu l’epicentro), scommetto che annuirebbe: fanno ormai parte delle “tradizioni” locali, i balletti come i casoncelli di Barbariga.
La prima notizia in proposito fu data alle stampe dal Giornale di Brescia il 5 ottobre 1960, e raccontava di una vasta indagine di polizia: tra i capi d’accusa elevati, violenza carnale, corruzione di minore e favoreggiamento della prostituzione, ma anche – e questo è un contorno tristemente regolare della prostituzione maschile velata di quegli anni – estorsione. I ricatti ai clienti, fossero all’hotel Villa Eden di Gardone Riviera (che in realtà salì alle cronache prima, e non era direttamente coinvolto con l’inchiesta) oppure in strada, erano un’attività quasi professionale e discretamente redditizia…
… Bolognini riporta che:
Il primo quotidiano a chiamare lo scandalo ‘balletti verdi’ fu “L’Unità”:
I ragazzi, che avevano il compito di provocare negli ospiti virili slanci, venivano definiti con nomi di fiori: margherita verde, garofano verde, ecc. Da cui lo scandalo dei balletti verdi, come già la gente bresciana, venuta a conoscenza dei turpi episodi, indica le riunioni che avvenivano alla villa.
E spiega:
Il nome ‘balletti verdi’ è stato dato in contrapposizione a ‘balletti rosa’, che erano convegni tra uomini e ragazze minorenni scoperti a Parigi. Il verde era considerato il colore degli omosessuali, […] un simbolo di riconoscimento, […] reso famoso da Oscar Wilde che teneva un garofano verde all’occhiello.
Due cose mi hanno colpito subito:
la prima è il coinvolgimento nella vicenda, spesso immotivato, di svariati nomi pubblici noti (industriali quali Beretta e Folonari, personaggi televisivi quali Mike Bongiorno, ecc.), e naturalmente, poiché certe cose non cambiano mai, di ecclesiastici; non perché questo sia un fatto strano o insolito, ma perché ho sempre immaginato che si fosse trattato di un che di rilevante sì, ma pur sempre a livello locale. E invece.
La seconda riguarda i sentimenti che gli allora ventenni o giù di lì, intervistati circa nel 2000 (anno di pubblicazione del testo), raccontano di provare per quegli anni. E’ molto diffusa, infatti, una nostalgia non riconducibile alla sola gioventù – che è sempre fonte di ricordi ovattati -, ma piuttosto alla descrizione di quei tempi come più semplici: nel senso che “c’era molta più ingenuità e semplicità nei rapporti”, afferma un anonimo romano.
L’arte del pettegolezzo ed il gusto del torbido, tanto radicati nella natura umana, non potevano non approfittare di un’occasione tanto ghiotta. Così, come ancora riporta l’autore in una pagina del suo sito,
Gli effetti e i danni che lo scandalo procurò furono vasti.
Brescia acquisì nello spazio di un mese l’appellativo di “città dei froci”, le barzellette che immaginavano Mike Bongiorno con i tacchi a spillo si sprecarono, e un detto rimase agli annali:
“O viandante che per Brescia passi / stringi il culo e allunga i passi”.
Posso confermarlo: il detto è uno tra i più rappresentativi ancora adesso, e viene ricordato con bonomia dai miei concittadini 😉
In tutto le persone chiamate a deporre, in qualità di imputati o di testimoni, furono 158.
L’inchiesta iniziata a Brescia, dopo aver coinvolto sulla base di indicazioni campate in aria diversi nomi dello spettacolo (oltre a Bongiorno, il più discusso, vennero interrogati Dario Fo e Franca Rame, Gino Bramieri…), si spostò su Milano e Roma – girando del tutto a vuoto, e giungendo a chiedere la “consulenza” di una personalità di spicco dell’ambiente della dolce vita della capitale, Giò Stajano, pur di ritrovare un… orientamento perduto da un pezzo.
Di fatto, né il capoluogo lombardo né quello laziale c’entravano nulla con quella che alla fine, nel 1964, si rivelò essere una vicenda di cronaca molto più modesta di quanto la stampa, gonfiandola ad arte, l’aveva dipinta: solo 30 persone arrivarono a processo, la metà delle quali fu assolta. I 16 condannati godettero di ampie attenuanti.
La tesi più accreditata sembra essere quella della convenienza politica. Nessun intrigo interregionale o gombloddoh dei poteri forti, no; soltanto che nel 1960 in città c’erano le elezioni… vi ricorda qualcosa? La DC era al potere, e tanto a destra che a sinistra lo scandalo, nato in modo spontaneo ma esagerato in termini galattici, faceva comodo alla narrazione anti-democristiana. Non c’era alcuna rete di sfruttamento sessuale nazionale, solo singole “transazioni”, né c’era del resto un piano di mostrificazione degli omosessuali dietro le quinte: la mostrificazione avvenne, ma per il puro caso che si fece forte dell’abiezione dei moralisti di tutte le risme e della sete di potere dei loro rappresentanti. In pratica, tutti approfittarono dello scandaletto sperando di trarne vantaggio, ed esso si trasformò in una leggenda nera colossale. Anzi, una leggenda… verde.
[Difetto]: le virgole messe a caso ovunque!
[Pregio]: è una ricostruzione ben fatta, chiara e fluida.
Nelle puntate precedenti:
> Omo .1: Brokeback Mountain, Ang Lee
> Omo .2: Il compleanno, Marco Filiberti
> Omo 3.: Commentino su Guadagnino
> Omo .4: Nicolosi e vs. Nicolosi
> Omo .5: L’identità ferita, Andrew Comiskey
> Omo .6: Boy erased, Garrard Conley
> Omo .7: I love you, Phllip Morris; Ficarra & Requa
Visitando la redazione di un giornale, un tale si sentì dire: “Vede, signore, questo è il luogo in cui si decide che cosa domani sarà importante”.
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Meno quotidiani col caffé, più cruciverba 😉
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A proposito di Brescia e delle sue specialità:
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Son curiosa!!!!
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Certo ormai noi ne ridiamo.
Ma non dev’essere stato facile per chi ci è passato.
E’ proprio vero che le esagerazioni non hanno epoca: in quelle storie le stalle in campagna si trasformavano in ville sontuose…!
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