Considerazioni in tempi di virus – II

Siamo capaci di generare una pre-carestia quando avremmo, invece, a disposizione tutto ciò che serve per vivere e ovviamente anche molto di più. Piuttosto che fare scorte infinite o saccheggiare generi non di prima necessità al super per chiudermi in una specie di parco giochi personale e sigillato, preferisco razionalizzare ed abituarmi a rinunciare ancora a qualcosa.
Ma su questo, signori, torneremo senz’altro presto perché mi prude sotto le dita la voglia di iniziare quella famosa serie di post su come “fare economia“, che non è la priorità di questi tempi ma, indirettamente, si rende necessario.


Eccovi qualche estratto dall'ultima newsletter di Evangelici.

Il panico da assedio provocato dal covid ha scatenato in tutto il mondo la psicosi da accaparramento e, per una dinamica che gli studiosi del futuro si divertiranno a sviscerare, ha incoraggiato l’incetta di carta igienica (l’ipotesi più semplice e desolante è che non si sia compresa la differenza tra virus respiratorio e intestinale). Solo che in Inghilterra, quando le scorte dei supermercati si sono esaurite, qualcuno ha pensato bene di procurarsi la materia prima in maniera alternativa.

Per l’appunto.
Il dubbio sulla possibile confusione di sintomi e modalità di trasmissione del virus m’era venuto, ma non ero arrivata a formularlo in maniera precisa. Ebbene…


Indeterminatezza, assenza di punti fermi: […] Il rischio è di scivolare nell’inquietudine di giornate sempre uguali, un continuo presente – come in quel celebre film – che non si decide mai a diventare domani.

Anche in questo caso, la “disciplina” del minimalismo ci viene in soccorso – tanto meglio per chi già la pratica: vivere con poco richiede organizzazione, ed una delle basi organizzative fondamentali è la gestione del tempo. Non perdere tempo non significa soltanto essere super-efficienti, andar di corsa, significa piuttosto e soprattutto avere una chiara consapevolezza di come lo impieghiamo, e che sia in mano nostra e non affidato al caso, a ciò che viene. Anche poltrire e svagarsi è qualcosa di sacro, purché non si dilati in una nullafacenza inconsistente e sofferta.
Un unico suggerimento: sia che cuciniate, vi rilassiate leggendo online o vi portiate avanti con il lavoro / i compiti a casa, provate per alcune attività ad utilizzare il timer. Sì, il timer: quello del forno o quello sul cellulare, non importa, ma decidete di quanto tempo avete presumibilmente bisogno, calcolate anche una decina di minuti extra, ed impostate il timer. Non solo vi eviterà di “perdervi via” lasciando trascorrere intere ore senza che ve ne accorgiate, ma vi aiuterà automaticamente a concentrarvi meglio.


“In questi giorni non si trova roba”: in mezzo al disagio della quarantena nazionale, a Roma scatena polemiche la preoccupazione di un politico locale [?] che sui social denuncia un risvolto poco considerato: “Gli spacciatori sono chiaramente scomparsi. I rifornimenti sono chiaramente bloccati”, scrive serio in un post, denunciando i “contraccolpi fisici e psicologici” di cui sono vittime i tossicodipendenti e concludendo che “il proibizionismo ha anche degli effetti sociali devastanti”.

Christian-Raimo-Covid-Droga

Onestamente non vi so esprimere quanto mi faccia schifo questa esternazione di Raimo, con tutto ciò che l’accompagna. Nemmeno ci voglio provare: mi limito ad annotare che chi fa un uso “ludico” della cannabis, se davvero lo pretende tale, non può razionalmente subire alcun contraccolpo dalla sospensione di un’attività che non genera dipendenza fisica e psichica. Perché non ne genera, lo sanno anche i sassi… schifoso.


Intanto a Brescello, il paese di Don Camillo, il parroco Evandro Gherardi ha deciso di esporre il crocifisso reso celebre negli anni Cinquanta dalle riprese della nota saga cinematografica: «Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza, faccia cessare l’epidemia su Brescello, l’Italia e il mondo intero!», ha invocato il curato (quello vero) sul suo profilo Facebook. E, rimanendo a Don Camillo, chissà a quanti, di fronte alla tragica attualità e al bisogno di speranza che si respira nelle nostre città, sarà tornato in mente quel famoso discorso.

Che dire? Amen!
Non che avessi avuto molte altre occasioni, dato che non si tratta di un nome diffuso, ma noto soltanto ora che “Evandro” è una probabile crasi tra Eva ed Andras, Andrea, che in greco significa “uomo”, insomma tra il femminile ed il maschile. Bello.

28 pensieri riguardo “Considerazioni in tempi di virus – II

  1. Un abitudinario come me sta vivendo brutti giorni, in cui tutto è saltato e bisogna ricalibrarsi, riequilibrarsi, e in effetti non ho mai pensato al timer ma in pratica già faccio qualcosa del genere, con il mio ossessivo sapere che sempre che ore siano. MI aiuta a riprendere ritmi e scadenze e a cercare di mantenere qualcosa che assomigli lontanamente al controllo 😉

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    1. Funziona, fidati di una che qualunque cosa stia facendo ci infila in mezzo una sbirciatina al web (che poi diventa una sbirciatina di un’ora), una puntata al frigo, una pausa per questo e quello… 😉

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  2. È un paio di giorni che penso seriamente ad organizzarmi un planner per le giornate e le cose da fare, non tanto per adesso che le giornate sono scandite al ritmo della bimba, quanto per prendere un ritmo e cercare di mantenerlo quando rientrerò al lavoro. Magari riuscirò anche dopo a mantenere la casa in ordine! 😂
    Comunque i politici italiani, a tutti i livelli, sono vergognosi. Magari non tutti tutti, ma la maggior parte di sicuro.

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    1. E’ un’ottima idea: se avessi un lavoro lo farei anch’io 🤣
      Battute a parte, conservare un minimo di abitudini, anche se adesso nessuno ci impone orari stringenti o scadenze immediate, è indispensabile. Allenamento, allenamento! Se no al rientro saremo tutti zombie.
      quanto al planner, io sono una “donna delle liste”, senza non vivrei. Perciò approvo ^__^

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  3. A parte il problema delle sostanze stupefacenti, ci sono anche altri problemi legati alle dipendenze; a Milano Sala vorrebbe chiudere i tabaccai, e anche questo genera polemiche, panico e corse alla stecca (ciò che è “necessario” talvolta è soggettivo, e il mio attuale damma è che non mi funziona più il portatile, e che domani mi avventurerò nel tentativo di acquistarne uno nuovo: necessità o dipendenza superflua? Per me è assolutamente necessario, poi vallo a spiegare al militare che mi fermerà, sono costretto a correre questo rischio se voglio lavorare e non rimanere isolato). Noto invece che nel panorama mediatico nessuno parla di sesso. Non c’è solo il problema del crollo della prostituzione, per rifarmi provocatoriamente alle considerazioni su proibizionismo e antiprobizionismo, c’è anche quello dei legami di chi non convive, o di un sommerso forse anche più ampio, quello degli amanti clandestini (però non concordo sulle osservazioni linguistiche del collegamento da te riportato che attacca la scrittura di Raimo, in particolare non vedo un congiuntivo mancato, ma una scelta legittima di preferire un modo che esprima meglio un’impressione soggettivamente certa).
    Tra le suggestioni letterarie di questo periodo drammatico a me viene spesso da pensare al Deserto dei tartari, a questa attesa infinita di qualcosa che ricorda Godot, a un nemico invisibile che non si capisce se c’è o non cè, consapevole nel nostro caso che c’è – nella sua drammatica invisibilità che sembra colpire solo gli altri – anche se tutto sembra sospeso come nel libro di Buzzati e racchiuso nella mente di ognuno di noi… Al film sul giorno della marmotta non ci avevo pensato, invece, ma anche questo è calzante per molti versi (è uno dei pochi casi in cui è stato fatto un rifacimento italiano con Albanese, chissà poi perché… di solito è Hollywood a rifare le cose altrui). Perdona la prolissità, sono solo consderazioni di sfogo in un commento ai tempi del virus).

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    1. L’articolo di Elena su Raimo l’ho linkato perché mi pare, anche se tratta tutt’altro aspetto, che mostri bene il tipo di persona di cui parliamo. So che l’avevo apprezzato ed avevo messo un like, non ricordo però i dettagli. A questo giro, compare un solo errore semantico (quel “surclassati”), ma non è certo quello il problema, si nota e si passa oltre. Trovo piuttosto che la sua scrittura sia sintomatica del suo pensiero, e questo pensiero (artificiosamente astratto, tanto per cominciare) mi fa orrore.

      A proposito di sesso, e di legàmi più o meno sospesi, rescissi, qualcosa in giro ho letto. Non è di sicuro un argomento diffuso, tuttavia, come noti; è un peccato ma si capisce che le contingenze pratiche tolgono fiato a molto altro, per quanto ugualmente necessario per “restare umani”, come si usa dire.

      Buzzati, come no.
      Io gigioneggio invece col tema della disillusione: Alice Munro, Sartre.

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  4. C’è un tema che forse, per superficialità, o distanza dal problema, non avevo considerato sino a poco fa: quello delle donne che convivono con uomini sopraffattori e maneschi… “Stare chiuse in casa” dev’essere una doppia tortura. Mi fa venire i brividi a pensarci.

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    1. Sì. E i caregiver di familiari disabili, anche. L’ho già detto, è un “bene”, per quanto relativo, che mia madre non ci sia più. Adesso sarebbe molto dura. Non ho detto tuttavia che una situazione simile avrebbe potuto rivelarsi non solo di difficile gestione, ma anche emotivamente insostenibile. Gente che ammazza e s’ammazza perché costretta in angoli soffocanti ce n’è abbastanza in condizioni normali, ed ora…

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    1. Hai ragione, accidenti!
      Per riequilibrare un po’ questa società malata, avanzerei una proposta di legge: i quarantenati in carcere, i carcerati liberi d’andar per via ed i ladri nelle case dei quarantenati.
      Buona settimana!

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