libri (marzo 2020) – pt. II

Seconda metà del mese, tutti e-book.

l'animale più pericoloso - luca d'andrea

L’animale più pericoloso – Luca d’Andrea [*kindle]

Ne avevo letto su uno dei molti blog del poliedrico Lucius (sì, ancora lui!), e mi ispirava.
Veloce e leggero, cresce d’intensità nella seconda parte; non particolarmente originale ma, almeno, non pretenzioso come certi gialloni americani serissimi, o come svariata narrativa italiana di genere cui pure s’ispira.
Ci sono infatti inganni nel web, protagonisti con a carico esperienze che ti sporcano l’anima, attrazioni sessuali così come ferite sessuali, tecnici forensi pm funzionari di alto grado interessi segreti e turbamenti – ma anche un fondo d’ingenuità, irruenza e semplicità che non potremmo trovare né a Los Angeles né nella Napoli letteraria.
E poi ci sono i Carabinieri (carrrramba!) al posto dei poliziotti, che si permettono pure di fare il verso a Terence Hill col suo (suo nelle prime due stagioni, in verità) A un passo dal cielo – infatti la storia si svolge in Trentino, a Sesto Pusterìa, la stessa zona di San Candido e del lago di Braies che pure vengono nominati.
Non posso che chiudere questo commento con la fanfara dei Carrrramba!, fanfara che ho come suoneria del cellulare da qualcosa come diec’anni e più.

Una cosa che volevo dirti da un po’ – Alice Munro [*kindle]

Il perdono in famiglia per me è un mistero; come sopraggiunge, come possa durare.

Mi capita insistentemente di immaginarti morto.
Mi dicesti che mi amavi, anni fa. Tanti anni fa.
E lo dissi anch’io, ero innamorata di te al tempo. Un’esagerazione.

Di questa raccolta ho letto, per ora, cinque racconti. La Munro sa quel che fa. I suoi sono ritratti di vita emotiva-familiare accurati e nascostamente caustici, nei quali le stoccate ai protagonisti, ciechi alle proprie nevrosi e deficienze, giungono usualmente al termine della narrazione decapitando platealmente un cavallo che abbiamo visto agonizzare lento e testardo per tutte le pagine.
Il mio preferito, finora, è Dimmi se sì o no.
Ne leggerò altri più avanti, adesso la minuzia di particolari con cui descrive il pensiero su se stessi dei personaggi mi pesa un po’, e soprattutto ho estratto dallo scaffale un Signor Libro: L’ombra dello scorpione di Stephen King! Dunque, lo slot “narrativa” da oggi è occupato sino a nuovo ordine ♡

Capital Punishment

Riflessioni sulla pena di morte – Albert Camus [*kindle]

In cerca di saggi e saggetti, avendo appena letto La peste, ho pinzato dello stesso Camus questo pamphlet (leggibile in una giornata). A parte rinnovare il mio disprezzo per la pena capitale – dall’autore definita supplizio coronato dai fiori della retorica –, mi ha fatto scoprire – horribile dictu – che all’alba del 1957, in Francia, ancora si eseguivano esecuzioni (pardonnez moi la repetition) alla ghigliottina. Mi cascò la mandibola, mi cascò.
Bello – se così ci si può esprimere al riguardo – il paragone che porta tra pena di morte e campo di concentramento, che differisce dal carcere semplice perché presenta una morte non solo “aritmeticamente” restituita al criminale, ma anche pubblicamente decisa, programmata con criteri d’efficacia industriale, comunicata infine in anticipo come un assassino potrebbe fare solo mantenendo la propria vittima in condizione sospesa per mesi / anni prima di eseguire la sentenza (e a proposito delle tempistiche di attesa: Camus si stupiva, per quanto lo trovasse necessario per una eventuale revisione della pena, che quest’attesa potesse durare la smisurata quantità di pochi mesi…).
Parla anche, in modo altrettanto agghiacciante poiché beneficamente diretto, di come un detenuto in attesa di esecuzione sia tal quale ad un animale destinato al macello: nel senso che egli gode di un regime alimentare speciale, privilegiato, e si vigila perché si alimenti. Lo si forza, se occorre. L’animale che si sta per uccidere deve essere in piena forma. Le cose e le bestie hanno diritto unicamente a quelle libertà degradate chiamate capricci.
Colpisce poi, tra le ragioni per le quali la pena di morte non costituisce un valido deterrente (fatto, questo, acclarato), una che non ho mai letto o sentito nessuno esporre (magari è stato fatto, in tal caso non ne sono al corrente). Ed è questa, che amo particolarmente per il suo mettere in evidenza un caposaldo psicanalitico comprensibile a chiunque sia dotato non di cultura, ma di autocoscienza:

L’istinto di vita, che è fondamentale, non lo è più di un altro istinto, di cui non parlano gli psicologi accademici: l’istinto di morte, che esige in certe ore particolari la distruzione di se stessi e degli altri.
E’ probabile che il desiderio di uccidere spesso coincida con il desiderio di morire o di annientarsi.
[…] L’uomo desidera vivere, ma è vano sperare che un tale desiderio regni sulla totalità delle sue azioni. Desidera anche non essere, vuole l’irreparabile, e la morte per la morte. Accade così che il criminale non desideri soltanto il delitto, ma anche la sventura che l’accompagna, persino e soprattutto se è una sventura smisurata.

Psicologia del giocatore di scacchi – Reuben Fine [*kindle]

Psicanalista e scacchista a sua volta, Reuben Fine propone una panoramica svelta ma – per me che sono una totale profana – piuttosto curiosa. Al netto della personale simpatia e fiducia o meno nella psicanalisi, è un testo leggero che può interessare appassionati del gioco ed appassionati di psicologia (in senso lato) in egual misura, fornendo per altro una piccola galleria di nevrosi e psicosi dalle quali Hollywood avrebbe ben ragione di attingere – fino all’estremo di Bobby Fischer, individuo ripugnante.
Citando cinema e scacchi, come non approfittarne per segnalare ai miei fidi lettori il blog di Lucius (sì, un altro) dedicato alle comparsate del “gioco dei re / re dei giochi” nei film: il Citascacchi! 😉 Se invece preferite degli input musicali, ecco qua: Chicco ha dedicato una due post (1 & 2) alle cover degli album musicali a tema scacchistico, ed ai rapporti tra musicisti e scacchi in generale.

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Reuben Fine

Confesso che ho vissuto – Pablo Neruda [*kindle]

Poche cose mi fanno stare bene come immergermi nella natura. E Neruda, non solo nelle sue poesie ma anche in prosa, sa far emergere tutto il suo beneficio così viscerale, primordiale, disintermediato, antiretorico e profondo. Chiarisco: non sono mai stata sportiva, né capace di approcciarmi alla natura in modo diverso da quello della cittadina che coglie scampoli di bellezza e salute, ma non sopporterebbe di viverci dentro. Immergermici equivale a rigenerarmi in situazioni circoscritte eppure non artefatte, come facevo da piccola nel giardino di casa (nostalgia), come faccio ora sul balcone quando godo del sole come una lucertola, del sole e del vento che ti asciugano da ogni grano di pensiero, sentimento e sensazione superflua. A maggior ragione per questo la familiarità dell’autore cileno con questi e molti altri elementi mi arriva diretta come un massaggio al cuore.
L’autobiografia è suddivisa in “quaderni”: se il primo è dedicato all’infanzia ed alla scoperta delle meraviglie della sua terra, e per meglio dire della “provincia”, delle estese propaggini extra-megalopoli con la loro vita contadina ed il retaggio ancestrale degli indigeni araucani ma anche quello della dominazione spagnola (che, afferma l’autore, ha tolto al Cile l’oro delle risorse e della libertà ma gli ha al contempo donato l’oro di una lingua amata), i successivi si spostano e si concentrano su altri focus d’interesse: le abitudini di città – Santiago in primis -, i viaggi per il mondo nel ruolo di console (più di nome che di fatto), la poesia, un pizzico di politica (ciò che ne dice è grossolano, vago, e non compare prima del quaderno numero 6, e c’è poi una parte più consistente nel 12),…
… il testo è scorrevole, e come direbbero i critici quelli seri “acchiappa”: un caleidoscopio sensoriale, un carosello esperienziale, una galleria animata di ritratti. Più una raccolta di memorie che una vera e propria autobiografia, forma probabilmente meno consona a Neruda.

L’uomo che diventò donna – Sherwood Anderson [*kindle]

Per una panoramica su cosa aspettarvi da questa raccolta di racconti, vi rimando al post di Benny. Di mio posso solo aggiungere che è effettivamente molto diretta, ripulita dagli eccessi, e molto ritmata. Il primo racconto, per dire, parla di un ragazzo che per guadagnare qualcosa fa lo stalliere di cavalli da competizione, e la lettura stessa procede un po’ al trotto, come una bibita che ti scivola in gola senza trovare attrito ma anzi sfruttando la pendenza. Ed è una cosa buona, quando succede.
Ho potuto leggere Anderson grazie ad una delle iniziative di Solidarietà digitale riportate qui, ed all’editrice Cliquot.

✪✪✪

I libri non commentati:
Le parole – Jean-Paul Sartre [*kindle]

49 pensieri riguardo “libri (marzo 2020) – pt. II

    1. ❤ Un po' sono maniaca, di quelle che non riescono a stare dieci minuti in attesa senza ridursi a leggere i foglietti illustrativi dei medicinali appena ritirati in farmacia, o gli scontrini, o i cartelloni pubblicitari, pur di trovare parole…
      … un po' sono una disoccupata cronica, a questo punto diciamo pure "scioperata", e non avendo figli né animali puoi immaginare quanta "libertà" ho (forse troppa?). Come faccio a vivere? Cercherò di spiegarlo nei prossimi post 😁

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      1. Hahaha!
        Anche io ero una maniaca lettrice, quando avevo tanto tempo libero! Adesso mi tocca rinunciare a ore di sonno per arrivare alla fine dei libri che voglio leggere.
        Il problema di questi giorni è che sono arenata dentro libri poco entusiasmanti e non mi fanno venire voglia di riaprirli, ma vorrei finirne almeno uno prima di iniziarne uno nuovo!

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        1. Giusto… non dimentichiamoci però del diritto del lettore di interrompere una cosa che non gli piace 😉 (Faccio fatica a farlo, ma sto imparando!).

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        2. Eh lo so, sapessi quanti ne ho abbandonati dopo uno o due capitoli! Ma ci sono alcuni libri che voglio comunque portare a termine… Ce la posso fare!

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        3. Eh, non è male l’idea e per questo non voglio abbandonarlo. Però non è realizzato nelle mie corde. Sembra più uno scrittore occidentale che orientale, gli manca poesia.

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      1. Parla di Victor e Roser, due giovani che, dopo la fine della guerra civile spagnola nel 1939 decidono di sfuggire alle persecuzioni dei fascisti emigrando in Cile a bordo del Winnipeg, il piroscafo che Pablo Neruda usò per potare molti profughi in Cile. Ho letto un’ottantina di pagine ma è incredibile come la scrittrice sia riuscita a narrare bene l’ascesa del fascismo in Spagna e la situazione che si viveva.

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        1. Del Winnipeg ho letto proprio da Neruda.
          Interessante. Sulla guerra in Spagna ho letto, credo un solo libro tempo fa: Sole e ombra di Cinzia Tani.

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    1. L’ho terminato ieri sera (anzi, a dir la verità ieri a notte fonda: ed ecco perché arrivo a rispondere nel primo pomeriggio, ahem).
      Sul Kindle l’ho inserito nella cartella “Letti” anziché in quella “Cancella”, il che già dice molto.
      Winesburg, Ohio, per primo, e poi altro, ho intenzione di recuperarlo… intanto, attendo la tua recensione! 🙂
      (E prego, anzi, grazie a te per l’indicazione preziosa).

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        1. … e? 😉
          Io in periodo di Speer avevo preso in mano una vecchia enciclopedia DeAgostini di mio padre, “Storia controversa della seconda guerra mondiale” di tale Eddy Bauer.
          Ma era per staccare ed alternare un po’, non ho proseguito oltre il primo volume.

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  1. Grazie per i consigli. 😉
    Sto cercando di diffondere il più possibile questa video-inchiesta sulle vere cause del coronavirus. Spero avrai voglia di vederla per poi magari contribuire anche tu a diffonderla il più possibile affinché la gente sappia!
    https://www.raiplay.it/video/2020/03/Indovina-chi-viene-a-cena—Il-virus-e-un-boomerang-7f5b2b93-2b26-4a62-aed8-d312f6461f22.html
    Secondo me è molto IMPORTANTE!

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    1. La vedrò senz’altro – connessione permettendo, visto che ultimamente RaiPlay mi fa penare – e ci rifletterò. Ma leggendo il titolo ho capito che si tratta del programma in preserale di ieri che ho visto purtroppo solo negli ultimi 10-15 minuti, che per ovvi motivi mi ha dato il voltastomaco ma che ho apprezzato molto (infatti contavo di recuperarlo, grazie per il link diretto!).

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        1. Stessa cosa. Pensa che ero indecisa tra Suburbicon e Casinò di Scorsese, ma un po’ per la lunghezza del secondo (tre ore) e un po’ perché quest’altro mi incuriosiva di più, l’ho scelto. Ho riso un sacco ed esultato più volte 😀

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        2. A me ha un po’ incupito, ma l’ho apprezzato molto (sicuramente a Clooney è servito lavorare con i Cohen). Anche io ho declinato Casinò per lo stesso motivo, che devo aver visto molto tempo fa e forse sarebbe il caso di rivedere prima o poi. 😉

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        3. Fregato! Ero convinto che fosse di Oliver Stone!, che stimo più di Scorsese… Già che ci sono ti caldeggio di vedere un suo film, se ancora non lo hai fatto (disponibile tranquillamente su raiplay): Snowden. Molto educativo.

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        4. Ce l’ho in lista sul sito della biblioteca 😉
          Ti confermo invece che ieri ho provato a vedere la puntata di Indovina chi viene a cena per intero, ma mi si blocca di continuo. La connessione è decente, ma con RaiPlay (e con YT) non c’è verso.

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        5. p.s.: su Snowden avevo visto quella sorta di intervista-documentario firmata da Laura (Poitras? o qualcosa del genere…), ma onestamente non mi ha detto granché. Anche per questo volevo vedere altro.

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        6. Eh. Vallo a spiegare. Io sono trasandata ma ne sono (abbastanza) cosciente, e mi sto ancora a stupire quando la mia amica, che per giunta si occupa d’informatica, non capisce perché non voglio spargere in giro i miei dati.
          La cosa che più mi ha fatto rabbrividire di tutte le brutture relative al virus è stata proprio l’idea del cazzo di tracciare i cellulari – e per fortuna che siamo ancora nel paleolitico, qui, ed ai chip sottopelle nemmeno ci pensiamo.

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        7. Io recentemente ho fatto un doppio salto mortale nel passato e uso un… cellulare di venti anni fa (20!), compresi i tastini che si incriccano che li devi spingere forte. 😀 Mi faccio grasse risate se penso che vorrebbero capire i miei spostamenti dal mio vecchio cellulare!
          Però al contempo (colpo di scena!) secondo me sono intercettato, ovvero tenuto d’occhio. Vuoi sapere perché? Per il semplice motivo che mi definisco “anarchico”. Vuoi sapere perché credo questa cosa? Forse un giorno ne parlerò nel mio blog… 😉
          Prima di intercettare gli anarchici dovrebbero intercettare i politici, delinquono con maggiore frequenza.

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        8. Anch’io ho via due cellulari non smartphone, uno di 15 anni e uno di più di 20. Da un paio d’anni uso lo smart che mi è stato regalato usato, senza internet, che per messaggi, foto e memo è più agile; ma quando mi mollerà tornerò indietro. A parte questo, la prima cosa che ho pensato – ribrezzo a parte – è stata proprio questa: basta cambiare cellulare… chi ancora ce l’ha 😉

          Non dubito che tu sia in più di un database XD
          E se c’è dietro una storia succosa, la leggo volentieri, tu avvisami.

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        9. Secondo me sono classificato come “cane sciolto al momento inoffensivo ma potenzialmente pericoloso”. XD E comunque stai tranquilla: il fatto che parli con me non ti mette in cattiva luce. Loro sanno che sei ultracattolica e hai come suoneria (come tu stessa hai detto) la fanfare dai caramba! 😉 Però certo questo, come capirai, non ti salva se per caso un giorno un uomo in divisa decidesse di abusare del suo potere con te. Lì non c’è target che salvi… E’ più forte di loro: non possono limitarsi a prendersela con barboni, immigrati, zingari, chi capita capita, se a loro scappa di esercitare un abuso lo fanno, non possono trattenersi…

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        10. Ah, non ti temo… ho ben altro di mio da nascondere.
          Traffico illecito di cioccolato,
          sfruttamento dei divani altrui,
          abuso di sonno notturno,
          eccesso di disponibilità…

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