Poveri noi .0: Rinunciare

David Alvarez
Opera di David Alvarez

So cosa significa avere la morte inscritta dentro – nel dna, quasi.
Per me l’abitudine alla perdita, ed alla conseguente forzosa rinuncia è diventata presto liberante: tutto ciò che resta è grasso che cola, e ne godo senza remore, ma nemmeno temo la sconfitta perché è come se già l’avessi vissuta ed assimilata in anticipo.
Mi è venuta ad appartenere, col tempo, una Weltanschauung per la quale la vita è un lungo fiume tranquillo, che riassorbe in sé ogni corrente tangente e mulinello pure presenti.

Parafrasando il film scritto e diretto nel 1986 da Étienne Chatiliez, La vie est un long fleuve tranquille, […] la vita, con i suoi lutti, i suoi cambiamenti drastici, le coincidenze ed i tanti sassi in cui inciampiamo lungo il nostro percorso, alla fine è davvero un lungo fiume tranquillo, che può offrire solo dolore a chi si oppone alla corrente o al contrario inaspettati squarci di gioia a chi invece comprende che bisogna imparare a navigare in mezzo alle rapide, così come nell’acqua stagnante della bonaccia senza vento.

mulinello bicchiere acqua

Una premessa sicuramente inattesa, forse poco immediatamente comprensibile, fungibile, per quella che vuole essere una serie di post molto pratici – non tanto su come si possa “fare economia”, cavarsela con poco, ridurre al minimo le spese (tutte cose che mi toccano), quanto sulle scelte, le accortezze, le strategie che io stessa metto in atto a questo scopo. Del tutto personali, dunque, ma spero stimolanti anche per i lettori, e che possano dare ad ognuno anche un solo, piccolo suggerimento, idea, riflessione.
Il punto è che se “fare” qualcosa per risparmiare, per campare con mezzi limitati è necessario, “non fare” qualcosa è ancora più importante. Non comprare, non sprecare, non uscire, non desiderare. In un unico, bellissimo verbo: rinunciare.
Se la parola vi spaventa, forse non soltanto i miei sproloqui teorici ma persino gli elenchi di azioni concrete potrebbero essere fuori portata per voi. Forse, dovete prima fare i conti – giustappunto… – con la vostra stessa concezione di risparmio.

“Siamo portati a definirci attraverso quello che abbiamo:
proprietà, soldi, opinioni e like.
Ma a rivelare chi siamo è quello a cui rinunciamo”.
[Jonathan Safran Foer, da “Possiamo salvare il mondo, prima di cena”]

Non voglio fare un discorso elitario. O disprezzare chi sceglie altrimenti, magari semplicemente puntando tutto sul portafogli e nulla sullo spirito: è giusto se è giusto per voi. Non nego però che vedo poche possibilità di reale riuscita, di reale cambiamento per chi pensa di potersi limitare un po’, ma senza rinunciare davvero a qualcosa. Si può raggranellare qualche centinaio d’euro ad esser bravi, si può allontanare la crisi, i debiti, le difficoltà finanziarie; ed è già molto. Ma questo è un tampone. Non incide sulla vostra qualità della vita.

brunori-sas-la-verità

Sì, io sono un po’ fissata con la rinuncia, meglio essere onesta. A ciascuno il suo, qui voglio condividere e proporre, suggerire, non disporre di come altri debbano agire. Ma è da qui che parto, idealmente, e ad ogni mia mossa in genere è sottesa questa ottica.

Una fastosa povertà ed un servile lusso. (cit.)

Niente filosofia aulica: facciamola semplice e prendiamo ad esempio il cibo.
Vuoi per scarsità di soldi, vuoi per scelta alimentare, vuoi per necessità fisiologica, c’è una cosa che la mentalità corrente non si sognerebbe mai di vivere come una rinuncia consapevole, libera; ed è il mangiare meno, o non mangiare affatto.
Mangiare in minor quantità perché i contanti per la spesa sono quelli che sono.
Mangiare solo alcuni cibi perché il nostro corpo altri non li tollera.
Evitare i prodotti animali perché vegetariani.
Digiunare periodicamente perché riequilibra l’organismo, o per pratica religiosa.

Accade che un giorno mi rendo conto che
mangiare diversamente non è una rinuncia, ma uno stimolo.
E accade soprattutto che non vedo questa decisione come un limite, piuttosto come una sfida.
[…] Michela. Le ho chiesto come avesse fatto lei i primi tempi a gestire i pranzi in famiglia e le situazioni conviviali, e la risposta è stata talmente semplice che mi ha spiazzata:
Non mangiavo, punto. A costo di farmi pane e olio”.

pane-olio

Io sono così. Piuttosto ascetica, un pizzico monacale – ma soprattutto, tanto tanto maniacale, iper-organizzata, squadrata – e immagino emergerà… facciamo allora, dài, che questo post lo definisco uno “scarabocchio introduttivo”, e lo numero con lo zero; così poi andiamo sul concreto, sulla ciccia 😉 E ciao.

36 pensieri riguardo “Poveri noi .0: Rinunciare

  1. Beh ti posso dire che, quando da ragazzo, andavo in ferie dalla lombardia fino in Molise a trovare i miei nonni, io che ero abituato alle classiche “michette”, mi innamoravo di quelle splendide fette di pane che puntualmente mangiavo semplicemente con olio e sale, o zucchero; e mi piacevano un casino. Ogni tanto ci spalmavo sopra il pomodoro fresco, ed era come un paradiso. Vuoi per gli ingredienti tutti genuini; vuoi per la fragranza di quel pane o di quell’olio, fatto sta che me le gustavo come una prelibatezza. Questo per dire che le semplici cose non è detto che siano da sminuire, anzi, sono meglio di tante esagerazioni commerciali.
    Bel post, potrei aggiungere: tutto da gustare, non tanto per la chiusa gastronomica, ma per quello che hai detto prima. Assolutamente da sottoscrivere.

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    1. Che meraviglia.
      Mi hai fatto venire in mente un romanzo di Carmine Abate, Il bacio del pane, che ne parlava diffusamente. Siamo in Calabria, ma poco cambia: https://it.wikipedia.org/wiki/Carmine_Abate

      Uno dei miei “piatti” preferiti è pane raffermo e latte caldo.
      Ma anche il sugo di pomodoro raccolto col pane – e basta.
      Potrei citarne mille…!
      Polenta e zucchero. Suprema.
      Ciò non toglie che io sia una golosa e che mi nutra con gusto anche di schifezze commerciali (beh, diciamo schifezze dal punto di vista nutritivo… ma che goduria!). Però una volta imparata la differenza, non la puoi né scordare né negare.

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  2. Anche nel mio DNA c’è la stessa cosa. Proprio per questo non rinunciò quasi più a nulla. Faccio cose voglio vedere e comprare… Certo secondo le mie possibilità… Ma non voglio più rinunciare a nulla… A niente e a nessun tipo di emozione… Alla fine la vita è questa…. E me la voglio godere per quanto possibile☺💞

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  3. Per molta gente è difficile saper rinunciare a qualcosa. Anche in questi giorni lo stiamo vedendo, la gente non sopporta più questa situazione che ci costringe a dover fare a meno di cose che prima sembravano la normalità. Diciamo che più che rinunciare alle cose bisogna saper cambiare.

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    1. Sì. Un tempo (lontano lontano…) le sfide erano altre, ma per noi contemporanei la rinuncia è sicuramente una delle più grandi. E come dici tu, al di là del cosa, siamo troppo debolucci per sentirci in grado di cambiare in modo significativo. In genere, traballiamo un po’, ci dimeniamo, e poi ci sistemiamo comodi poco più in là rispetto a dove siamo “partiti”.

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    1. Anni di minimalismo mi hanno temprata, ma è un lavoro mica da poco, chiedersi se una cosa serve (o, comunque, se è opportuna) oppure no.
      Alla prossima! (Più tardi, un piccolo rincaro a questo post, un contributo di chi l’ha detto meglio).

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  4. Penso di non essere mai stato citato con tanta eleganza e profondità di pensiero come hai fatto tu, omaggiandomi in corsivo con il tuo parafrasare.
    Ovviamente grazie moltissimo della stima che riponi in me, anche in un periodo in cui sto persino spodestando il proverbiale orso dalla sua grotta di misoginia…

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    1. Da brava gazza ladra, io plano sui post altrui e quando vedo un brillocco lo raccolgo e lo metto in saccoccia. Poi quando torno al nido ci faccio le composizioni sberluccicanti…
      … ma: povero orso! Non riuscite a starci entrambi, nella grotta, mettendo un separè? 😉

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      1. Ah, beh, il plantigrado vero è rimasto nella sua grotta, invece quello simbolico, quello archetipo ha lasciato sua sponte la spelonca che gli aveva costruito Platone nell’iperuranio delle idee ed è andato via sbattendo la porta (sai che non penso ci sia una porta nell’iperuranio, ma tant’è…).

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  5. -1 Penso che in questo periodo in cui uno sta a casa e consuma meno energia potrebbe tranquillamente mangiar meno.
    0 Anni fa rinunciai alla carne, che pure era l’alimento che mi piaceva di più. è stato come per l’appunto rinunciare a qualcosa a cui tenevo molto ma avendo in cambio una maggiore autostima, perché stavo facendo qualcosa di davvero molto buono che mi avrebbe ripagato. In realtà le cose sono andate anche meglio di quanto pensassi. Credevo che avrei accusato una maggiore stanchezza, invece mi sono ritrovato a essere più forte di prima! 😉

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  6. Oh, the city’s desire 
    To take me for more and more 
    It’s in the street, getting under my feet 
    It’s in the air, it’s everywhere 
    I look for you 
    It’s in the things I do and say 
    If I wanna live I gotta 
    Die to myself someday 

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    1. Io invece, al contrario, sono nata nel benessere che, pur andando via via assottigliandosi, è rimasto tale… un minimo di continenza, come la si chiama in ambito teologico, ho dovuto impararla – non è mai abbastanza, ma è già moltissimo!
      E per questo, ho da ringraziare in modi diversi ma ugualmente importanti i miei genitori ❤
      Baci, non razionati né distanziati.
      E buon fine settimana 🙂

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        1. Che bello 💕
          Io l’ho trascurato per anni, non avendo occasioni serie di parlarlo, ma la passione è rimasta e quando sento il crucco il mio cuoricino si scioglie.
          Sicuramente leggendo capisco qualcosina di più, ma ormai non posso considerarlo fluente… pazienza, almeno è un bel ricordo e un bel riflesso condizionato XD

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  7. Ho letto prima quello di Parise. Ora, questo. Anzi, non ora. qualche ora fa, intorno alle quattro e mezza. Mi ha fatto tornare la voglia di dare un po’ di ordine alle mie giornate. E di smettere di perdere tempo con Facebook. Vaghi propositi, pie intenzioni.

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    1. Propositi che conosciamo bene, sì 😉
      Volevo appunto chiedertelo ieri, se per caso avevi un po’ mollato Fb in questo tempo fertile di scotch ai cassoni delle tapparelle e di audioregistrazioni, ma poi m’è passato di mente.
      E così, alle 4.30… aha! Còlto in flagrante… io ho fatto dieci ore secche, dalle 2.22 (mi piace coricarmi in orari simmetrici) alle 12.25, come sai.

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  8. Anche in questi tuoi post troverò senz’altro qualcosa di interessante! Mi hai fatto ricordare un professore al liceo che diceva qualcosa tipo che se si introduce qualsiasi sostanza o liquido nel corpo, si aggiunge una quantità, non la si sottrae. Se quindi pensate di dimagrire mettendo cibo in corpo, bè non funziona esattamente così. Il discorso era più articolato e non era un invito a diventare anoressici, ma il senso mi è un po’ rimasto in mente e vale anche per le cose che si accumulano, per il troppo che si desidera.. La rinuncia a volte è fondamentale ed è anche una gran forza anche se io non sono per alcun estremismo. Grazie per questi spunti! 🙂

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