40enalfabeto / 7

D di Diario

Ne ho avuti, in passato. Non moltissimi, ma ricordo in particolare quelli raccolti in normali quadernetti scolastici a righe, vergati soprattutto la notte mentre me ne stavo alzata ad ascoltare i Nomadi in cuffia.
Ora che abbiamo tempo a iosa e che ogni bazzecola delle nostre giornate pare assumere dimensioni enormi, ora che di fatto riflettiamo di più su noi stessi e tutto quanto, i diari online sono fioriti – diari di quarantena, s’intende.
Io non ne tengo uno vero e proprio, anche se questo alfabeto tematico un po’ ci va vicino.
Ma ormai un diario diario non lo terrei più. Troppo dispersivo da un lato, e poi preferisco varianti introspettive differenti – per esempio, le “pagine del mattino” di Julia Cameron.

G di Giustificazioni

Ne circolano di originali, quando si vuole fare un giro ma non si ha un motivo valido… Christian Marchetti ne ha raccolte per ogni lettera dell’alfabeto, io vi riporto solo le mie preferite:

E come Esorcismo – “Mi trovo da queste parti per praticare un esorcismo”. Ma anche E come Eroe dell’improvvisazione. Leggete qua: Arborio (Vercelli), un sacerdote viene fermato, sull’autocertificazione scrive proprio esorcismo e mostra pure la bolla vescovile. Niente multa, “Circolare” e prete libero come l’aria. Il giorno dopo la nota dell’Arcidiocesi di Vercelli riassunta così: “Non solo non abbiamo emanato tale documento, ma nemmeno sappiamo chi sia questa persona”.

V come Veterinario – […] “Devo portare il cane dal veterinario” l’ha usata poi un folignate beccato a Perugia. Peccato che lo studio del medico al quale avrebbe dovuto rivolgersi fosse chiuso (prevedibile a Pasquetta) e che… non avesse dietro un cane.

Z come Zero possibilità di cavarsela – “Vado a comprare il crack”. Tutto vero: è stata usata anche questa. Per la precisione ad Anzio. Inutile precisare che far figurare questo come “stato di necessità” sia stato a dir poco impossibile dal trasgressore.

P di Pubblicazioni

Riporto un lungo brano tratto dalla newsletter quotidiana a tema Covid-19 de Il Post.
Potete leggere l’archivio ed iscrivervi qui.

Da mesi migliaia di medici in giro per il mondo raccolgono informazioni sui pazienti e sul modo in cui reagiscono alle terapie contro il coronavirus, mentre centinaia di centri di ricerca sono impegnati a studiare nuovi farmaci e vaccini contro la COVID-19. È uno sforzo scientifico enorme che da gennaio ha portato alla pubblicazione di moltissime ricerche scientifiche, molte nella loro forma preliminare (preprint) e per questo da prendere con grande cautela, cosa che talvolta giornali e mezzi di comunicazione non fanno.

In condizioni normali, senza una pandemia in corso per esempio, le ricerche che ricevono maggiori attenzioni da parte della comunità scientifica (e dei media) sono gli studi pubblicati su riviste importanti e prestigiose come Science e Nature. La maggior parte delle ricerche viene pubblicata dopo una revisione alla pari (peer-review), nella quale altri esperti valutano il lavoro degli autori dello studio in modo piuttosto severo: cercano errori, contestano se necessario le conclusioni, apportano modifiche e fanno richieste per eventuali approfondimenti prima della pubblicazione (una revisione alla pari non è comunque sempre una garanzia sufficiente sulla bontà di una ricerca).

Gli studi preprint, come quelli che vengono diffusi quotidianamente in questi giorni, non sono sottoposti agli stessi severi criteri di valutazione. I loro autori li pubblicano su speciali archivi online come bioRxiv (si legge “bio-archive”) e medRxiv (“med-archive”) per accelerare i tempi, soprattutto quando ci sono particolari emergenze sanitarie in corso. Nelle ultime settimane, il grande afflusso di preprint su questi archivi ha consentito di offrire alla comunità scientifica moltissimo materiale sul coronavirus su cui confrontarsi, con una quantità di dati e informazioni senza precedenti su una singola malattia da poco scoperta.

La rapida diffusione su questi archivi implica che ci sia un controllo molto più blando dei contenuti. Prima di finire online, gli studi sono analizzati per verificare che non contengano parti plagiate da altri, che non ci siano contenuti offensivi e che le informazioni non causino rischi per la salute pubblica. Non sono però valutati i metodi utilizzati per realizzare la ricerca, né le sue conclusioni né la sua qualità in generale.

questo non implica naturalmente che debbano essere ignorati e non raccontati sui media: dovrebbe però indurre chi se ne occupa a farlo con grande cautela, segnalando che, se già uno studio scientifico in generale va preso con molte precauzioni, ne occorrono molte di più per un preprint. Articoli che parlano di queste ricerche dovrebbero inoltre contenere il parere di altri ricercatori, che aiutino il giornalista che scrive l’articolo e poi i lettori a farsi un’idea più chiara dei limiti di ogni studio.

Non tutte le redazioni hanno giornalisti scientifici, cioè redattori che si occupano esclusivamente di scienza e che hanno le competenze per comprendere e poi divulgare argomenti complessi. In molti casi il racconto delle notizie scientifiche viene affidato a redattori che solitamente si occupano di altro, e che non hanno particolare dimestichezza con gli argomenti scientifici. In questi casi la qualità dell’informazione può risentirne sensibilmente, causando la diffusione di notizie inesatte o allarmistiche, come accaduto più volte nelle ultime settimane (la storia del “coronavirus nell’aria”, per esempio).

Per aiutare chi legge le notizie, ma anche chi le scrive, abbiamo messo insieme una breve guida per districarsi meglio tra le ricerche scientifiche in un momento in cui tutti – comprensibilmente – si aspettano dai ricercatori importanti progressi per fermare questa pandemia.

21 pensieri riguardo “40enalfabeto / 7

  1. D: pur essendone teoricamente refrattario, mi sono accorto che ne ho avuti diversi. Alcuni quando si attraversa un momento difficile. Alcuni quando aspetti un evento importante (che magari neppure sai di aspettare). Alcuni quando ti azzardi a scrivere un romanzo traendo spunto dalla realtà (molto facile che poi finisca tutto in vacca, per un motivo o per l’altro). Ma anche diari inventati, proiezioni mie o di altri che conosco…
    G: tu ci scherzi ma comprare una droga, per uno che ne è dipendente, è un motivo validissimo! Sono contro le droghe ma capisco i poveracci che finiscono per esserne dipendenti.
    P: leggevo in un altro blog un commento del tipo: beh, in fondo ha funzionato tutto così adesso possiamo andare alla fase 2… In realtà non ha funzionato un bel niente! Ci sono un mucchio di problemi sui quali semplicemente si sorvola. E quelli che stanno morendo adesso, nella maggior parte dei casi, sono persone abbandonate completamente a loro stesse, nelle rsa e a casa propria, a cui spesso non hanno voluto fare nemmeno un tampone, al contrario dei calciatori e le fidanzate dei calciatori, e i cugini di secondo o terzo grado dei calciatori…. E nessuno pagherà per questi assassinii.

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    1. D: finire in vacca è esattamente quello che fanno i libri in cantiere, sembra quasi la loro vocazione!

      G: sicuramente. Certo fa sorridere – non diciamo ridere – la prevedibile cecità, o se vuoi ingenuità, davanti a quella che sarebbe l’ovvia reazione di un tutore dell’ordine… per la verità, di questi tempi e con la gente che gira (a tutti i costi), non mi stupirei se il tipo la storia del crack se la fosse inventata apposta…
      (a proposito: visto che citavi il fumo da Lucy, ho fumato per un paio d’anni alle superiori, ma è da allora che non fumo più. Non si può nenche dire che “ho smesso”, perché non ho mai sviluppato dipendenza: una mattina ho deciso che costavano troppo, mi toglievano il fiato e non ne avevo più voglia. Fine).

      P: Appunto. E quando muoiono in RSA, spesso i familiari lo vengono a sapere con molto ritardo, dopo aver ascoltato balle per giorni. E’ l’esasperazione di ciò che già normalmente funziona male.
      Assassinii, omicidi deliberati, non “solo” negligenza. E’ questo che sono.

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      1. D: tu ne hai scritti di libri, o hai provato a farlo? Scrivi bene…

        G: sta di fatto che in questi giorni vedo molta più gente in giro… Si stanno preparando alla riapertura. Ma se si comportano bene gliene vuoi fare una colpa? Io no.
        Mi hai anticipato sul fumo, che infatti è una questione che ti ho chiesto per email, non so se lo sai già… 😉 Mi fa molto piacere che non fumi. Ma stai attenta a dire che non hai mai sviluppato dipendenza. Cioè, se questa cosa è vera allora probabilmente il fumo ti dà anche fastidio. Se non ti dà fastidio forse potresti essere dipendente senza saperlo, teoricamente.

        P: sposo tutto, in particolare le conclusioni. 3:-)

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        1. D: Ho provato e ancora ci provo, ma certamente scrivere un libro non è come scrivere un blog. Naufragano per molti motivi diversi, ma almeno si lasciano indietro qualche scheggia, qualche frammento che rimane e ricompare in altri scritti.

          G: Non così fastidio da non poter stare vicino a chi fuma, ma lo percepisco molto e non mi piace. Certo, l’assuefazione vuol dire qualcosa, ma non è proprio lo stesso che esserne dipendenti 😉
          Diciamo soprattutto che non ho dovuto fumare gradualmente meno sigarette, ho smesso di punto in bianco e basta. Non per tutti è possibile, anche quando non ne consumano molte al giorno… e venendo da una famiglia di grandi fumatori – ex fumatori è un bel vantaggio.
          Ormai ho abbandonato anche i toscanelli, che compravo una volta ogni morte di papa per scaricare lo stress o per festeggiare (sempre fumo è, e anche più forte, ma l’aroma è ottimo).

          P: con i miei “simili” – che è forse eccessivo definire ancora colleghi – sono senz’altro più esigente e dura.

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        2. Sono supercurioso di sapere qualcosa di più sui libri che hai provato a scrivere. Romanzi? E di che tipo? Sei mai andata vicina a completarne uno?
          Io qualche trucco te lo posso dire, non che sia convinto di scrivere meglio di te…

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        3. Uh, cose molto diverse fra loro, ma romanzi, sì, e senza mai fare tanta strada – mentre poi finalmente capito che sono più portata per altro: certo non ho eliminato del tutto l’idea, ma punto su altro. La cosiddetta non-fiction, un mix di narrativa, esperienza personale e saggistica, secondo il caso.
          Dimmi, dimmi.

          (p.s.: approverò e risponderò più tardi, è l’ora della seconda sessione al sole 😉
          p.p.s: se ti va, e se non ho capito male, scrivimi in pvt anche quelle altre considerazioni che dicevi di avere in mente. Politiche o personali, non so bene. Così rispondo a tutto insieme).
          Ciù.

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        4. Effettivamente la maggior parte dei consigli, per una che scrive con la tua scioltezza, sarebbero inutili. Forse sul metodo potrei suggerirti delle cose ma dovresti dirmi qualcosa di più sulle tue ambizioni e sulla tua metodologia di lavoro. Per esempio, quando ti viene un’idea per un romanzo che fai? Parti in quarta? Quante pagine scrivi prima di arenarti? Dov’è che ti perdi secondo te? Perché tu stessa perdi interesse per quello che vorresti narrare? Oppure a un certo punto ti rendi conto che avresti così tante cose da dire che ti pare come di scalare un monte infinito?
          Ho scritto recentemente un romanzetto ironico (teoricamente per bambini :-D) in cui nell’introduzione parlo proprio di cosa serva per scrivere un libro, ovvero costanza e ispirazione… Chissà che non sia il caso di fartelo leggere. 😉

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        5. Eh, ce ne sarebbe da dire!
          Ma, comunque, sono senz’altro il tipo che ha poca costanza per i progetti di lunga durata.
          E i tanti stimoli mi entusiasmano, ma al tempo stesso mi impediscono di focalizzarmi su uno solo e non sentirmi in ansia perché il resto fugge via.

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        6. Ho capito. E’ come se avessi così tante cose da scrivere che non sai a quale dar la priorità, o comunque non te la senti di lasciare le altre. Capisco che questo possa “paralizzare” i progetti a lunga durata. C’è stato un periodo della mia vita (assai pieno di energie!) che la mattina scrivevo una storia e il pomeriggio un’altra. Poi c’erano anche dei racconti che premevano per esser raccontati… Alla fine la cosa migliore è focalizzarsi sul progetto che più ti interessa, se ne hai uno, e se sei in grado di rinunciare per un po’ agli altri. Se uno è particolarmente ispirato magari anche un paio di settimane possono bastare per scrivere quello che poi rappresenterà la base del romanzo… 😉 Io ci spero che prima o poi riuscirai a scrivere un romanzo. ❤

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        7. Mah, non mi dispiacerebbe battere tutti e diventare un po’ etiope, ma tanto quando comincerà a picchiare duro sul serio mi sa che mi rintanerò.
          Mi interessa soprattutto stare all’aria e non sempre ad ammuffire in casa. Sole, aria, cinguettii ecc. Oggi per esempio non esco affatto, aspetto che ci sia ombra.
          Comunque ogni anno io ci provo, ma poi la gggente non nota chissà che differenza -.-

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