libri (aprile 2020) – pt. II

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L’amore possibile. Conversazioni con Juan Arias – Josè Saramago [kindle]

Seconda tappa di avvicinamento all’autore.
Stavolta un che di interessante c’è, un po’ più consistente, seppur non ancora in grado di catturarmi in modo spassionato. Ho trovato altrettanto, se non più interessante la breve intervista a Pilar, la moglie.

Viaggio in Portogallo – Josè Saramago [kindle]

Un passo ancora avanti.
Saramago qui non è didascalico come lo sono molti racconti di viaggio, eppure non è nemmeno particolarmente originale e stimolante. Non lo affermo come fosse un difetto, in qualche modo mi sembra di cogliere un carattere ipnotico in questo lungo scritto, di per sé sufficiente; come un monotono ma rincuorante catalogo di cose viste che concilia il sonno.
Mi è piaciuta la scelta di utilizzare sempre il tempo presente e la terza persona per indicare sé stesso, chiamandosi “il viaggiatore”. Un approccio che in nove casi su dieci penalizza gli autori facendoli apparire ancor più tronfi di quanto siano in realtà, qui funziona e rivela una modestia che, paradossalmente, neppure Saramago stesso si riconosce.
Pur essendo un’ignorante cronica in materia di storia e di arte, apprezzo e condivido l’indignazione rispetto all’incuria per edifici, monumenti, ambienti naturali.

Tutti i nomi – Josè Saramago [kindle]

Prima di tutto va detto che ho apprezzato quell’uso di periodi prolungati (anche per intere pagine) che pare sia tipico suo, con le sole virgole a cadenzare le pause del discorso e distinguere le frasi degli interlocutori nei discorsi diretti, loro pure inseriti nel “fiume” di parole.
Dopodiché c’è il lavoro di cesello sull’impiegato della Conservatoria, quella figurina umile ma persistente che conosciamo attraverso i pensieri e e l’analisi degli atti. Ecco, a me piacciono le “figurine umane”, le biografie di uomini non illustri (cit.) in qualsivoglia forma.
C’è un parallelo tra le ramificazioni della storia e quelle della Conservatoria Generale e del Cimitero Generale.
Splendida conclusione.

Uscirne vivi – Alice Munro [kindle]

E’ la seconda raccolta di racconti dell’autrice che leggo.
Più secchi e drammatici di quelli del precedente Una cosa che volevo dirti da un po’.
L’idea di famiglia è osservata da diverse angolature – la sorellanza, la speranza delusa di un matrimonio, il tradimento… -, tutte recanti un sottile e tenace disagio che il lettore si ritrova appicciato addosso, pur non essendo protagonista ma spettatore.

Ho sposato una vegana: Una storia vera, purtroppo – Fausto Brizzi [kindle]

Libretto agile e veloce, ma come scrive Healthylicious la questione veganesimo è più un pretesto per parlare di sé – e dell’amore per l’ormai ex moglie Claudia Zanella – che altro. E’ quest’ultima infatti ad averlo spinto (fondamentalmente, obbligato, pena essere allontanato da lei) a sottostare ai numerosi e spesso incredibili dettami del verbo verde.
In tutta onestà, pur ridendo delle situazioni limite riportate come anedottica – vai a sapere quanto per le situazioni stesse e quanto per come vengono raccontate -, due sono stati i miei pensieri predominanti:
1) cretino, ma forse dovrei dire bovino, lui; che dà per assolutamente normale stravolgere il proprio stile alimentare (e di vita) per amore: venirsi incontro è essenziale, cambiare è possibile, mettersi la catena al collo ed abbaiare quando te lo impongono no. Per di più, con tutto che l’amore è cieco, Brizzi descrive la (ex) moglie come una Venere la cui bellezza è sufficiente per far perdere la testa a un uomo, anche il più dipendente dalla carne animale. Embé, io tutta ‘sta bellezza in lei non la vedo. Brutta non è, e lungi da me mettermi a far pagelle come Giovanni Ciacci – io non discuto mai  della bellezza o meno di altre donne -, resta il fatto che se camminassi per strada non la degnerei di uno sguardo. Se sfilasse in passerella, mi chiederei se non c’è stato un errore…;
2) prepotente e con un unico interesse nella vita, o forse solo persa nelle nuvole, lei; che non contempla nemmeno la possibilità che il marito non sia affatto entusiasta del regime e che vi sfugga appena possibile, per poi trovarsi costretto a mentire e venire immancabilmente sgamato e rimproverato.
Da come viene descritta, ho la sensazione che sia soprattutto prepotente, e questo mi dispiace perché ho al contempo la netta sensazione che Brizzi filtri un po’ troppo la realtà attraverso i propri schemi mentali. Sarà che di cosa avrebbe comportato vivere insieme, in apparenza, i due non hanno nemmeno parlato…
… ora però non voglio farla troppo lunga. La lettura è piacevole, solo, se cercate materiale di confronto sulla vita di coppia di chi ha convinzioni così diverse orientatevi altrove.

Spettri – Mary Roach [kindle]

Una rassegna di tentativi, più e meno moderni, più e meno sensati di scoprire la vera natura dell’anima e, possibilmente, di dimostrarla. Premesso che questa piccola ricerca non è stata pubblicata ieri ma da ormai qualche anno, e che per lo più i soggetti strambi affiancati dalla Roach sembrano far confusione tra anima psiche (come fossimo rimasti a Cartesio, o agli albori della coscienza), l’ho trovata curiosa e divertente.
Tra metempsicosi, tentativi di misurare i canonici 21 grammi, voci fantasma elettroniche e più tradizionali ectoplasmi; il materiale è tanto e succoso, anche se mi aspettavo un resoconto più dettagliato e scientifico, e meno in stile reportage. Il capitolo migliore, per esempio, è purtroppo brevissimo (ci penserò io ad indagare oltre!): parlo di quello dedicato alla “gabbia degli spettri”, esperimento del quale per altro non avevo mai sentito parlare e che, per esperienza e passione neurobiologica, mi fa battere il cuore.

I libri non commentati:
L’anno mille993 – Josè Saramago [kindle]
Il secolo infelice – Imre Kertész [kindle] – interrotto

26 pensieri riguardo “libri (aprile 2020) – pt. II

  1. Dillo che l’hai fatto apposta a citare due romanzi non recensiti, perché ora sono curioso di sapere di loro! “Il secolo infelice” sembra un titolo intrigante, immagino riferito al fatale Novecento, come mai l’hai interrotto?

    Se i mostruosamente lunghi periodi di Saramago non ti frenano, allora vai tranquilla: puoi affrontare i suoi titoli più famosi, da “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” a “Le intermittenze della morte”, che trovai geniale prima che lo stile dell’autore mi impedisse di proseguire.

    Riguardo il “romanzo vegano”, è annosa la questione sul rapporto morboso che nasce quando un uomo è convinto di cambiare per amore ma in realtà soggiace ai sadici desideri di una compagna “insoddisfabile”: che cioè disprezza chi accetta il suo gioco ma allontana chi lo rifiuta. Mi colpì molto De André e la sua “Ballata dell’amore cieco“, che affronta in modo spietato il problema, ma è stato ben esplicativo anche Elio, con il suo mitico dialogo. «Io sono come sono» «Vedi di cambiare» «Ecco, sono cambiato» «Non sei più quello di una volta» Evviva l’amor! 😛
    È un po’ anche il soggetto de “La venere in pelliccia”, storia tragica di un uomo e una donna che si amano ma non seguendo gli stessi parametri. Lui vuole cambiarla perché lei lo disprezzi, essendo l’unico modo per lui di considerare pieno il loro amore, e lei si sottomette pur non essendo la sua natura… solo per scoprire che invece è proprio quella la sua natura. Così l’uomo è riuscito a scolpire la sua donna perfetta… solo che ora lei non ha più bisogno di lui. (Peccato il romanzo sia più noto per fantomatiche ed inesistenti perversioni, una fama immeritata e falsa: tipo quelli che dicono di aver amato “Il nome della rosa” libro senza spiegare come hanno fatto a capire i miliardi di passaggi scritti in latino e greco senza traduzione! Sono romanzi più citati che letti)
    Seguendo questo schema, sarebbe stato interessante se l’autore che si sforzava di diventare vegano alla fine lo fosse diventato molto più della moglie, lasciandola lui perché inadatta a quella filosofia 😀

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    1. Gh, certo che l’ho fatto apposta, l’elenchino finale serve a metterti appetito! 😀
      No, seriamente: Il secolo infelice è un excursus sul Novecento molto personale, in forma di riflessioni “viaggianti” (l’inizio per esempio porta l’autore ad un incontro ufficiale di letterati a Vienna). Non che non ci siano pensieri rilevanti, ma insomma, hanno poca forza ed annegano un po’ nel contesto.
      L’anno mille993 invece è poesia (civile, sulla dittatura in Portogallo): ha immagini stravaganti, quasi alla Neruda, e si fa leggere; ma non è qualcosa che ricorderò particolarmente.
      qualcuno deve restar fuori dal novero, sennò diventa un lavoro 😉

      Senz’altro proseguirò Saramago, tra una cosa e l’altra – questo mese non credo, come ben sai ho forniture ottime ed abbondanti di diverso genere 🙂
      A parte riuscire a leggerlo “comodamente”, devo dire che mi intriga la scelta, perché sono una che di periodi lunghi ne scrive sì ma con dovizia di punteggiatura anche poco usata in genere (cfr. trattino, punto e virgola…).

      La venere in pelliccia lo conosco attraverso Polanski.
      E lì mi pare che il senso fosse chiaro.
      quanto all’essere vegano, non so a che punto stia ora Brizzi, facile che sia rimasto / tornato al semivegetarianesimo, ma sì: ad un certo punto si coglie che tutto sommato qualcosa l’ha fatto suo realmente, nel complesso tuttavia ha scritto una sorta di stupidario affettuoso, che mi lascia divertita ma perplessa.

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    2. “La venere in pelliccia” mi piacerebbe leggerlo, mi sa che lo leggerò, spero prima che poi. In fondo un autore che è diventato un nome comune così importante merita di essere conosciuto.
      De Sade invece l’ho letto e lì sì che le perversioni non sono inesistenti e fantomatiche, le 120 giornate sono un’opera davvero terribile. Ci sono aspetti comici che non so se siano involontari oppure cercati, ma mi auguro che per la maggior parte delle persone sia un libro insostenibile. Non ho letto nient’altro di Sade e non penso che lo farò, in fondo, una volta letta la sua opera estrema, non ho nessun motivo per leggere altro di lui.

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      1. Io ho avuto la stessa esperienza, ho provato così fastidio nella lettura di de Sade (se non ricordo male proprio con “Le 120 giornate”, che di sicuro non l’ho finito) da tenermi ben a distanza dal Divin Marchese, non riuscendo a trovare nulla di interessante al di fuori dell’esagerazione macabra.
        Tutt’altro discorso per il povero Masoch, che peraltro è un altro di quelli che in una mia passata ricerca chiamai “Angeli e deonimi”, cioè quelle persone diventate appunto “deonimo” (con il cognome trasformato sostantivo) senza alcuna colpa. Come il povero Lapalisse, che non ha mai detto nulla di lapalissiano ed è vittima di una lettura sbagliata del suo necrologio, secondo il quale visse prima di morire 😛
        “La Venere in pelliccia” è stata una lettura molto intrigante, perché parla appunto di un rapporto di coppia che tira fuori il peggio da entrambi, ma la fama di scudisciate, frustate e dolore inferto – tutto rigorosamente assente nel romanzo, se non forse in vaghi accenni – gli ha dato una fama ingiusta, facendo passare in secondo piano temi più “caldi”, come il rapporto con un cristianesimo imposto e mal digerito.
        Va poi ricordato che ciò che ha reso il deonimo masochista è stato il racconto di Wanda, le memorie “bollenti” della moglie di un perverso, che dopo la morte di Masoch ha infiammato i lettori con racconti di parte, tutti smentiti da chi Masoch l’ha conosciuto: chi dice la verità?
        Una lettura assolutamente consigliata, basta ignorare i vestitini di lattice e le fruste che spesso appaiono in locandina, e che purtroppo appaiono anche nel film di Polanski, peraltro splendido e appassionante. 😉

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  2. Non ne conosco nessuno, quindi non posso commentarli. Mi posso permettere solo di dirti che Claudia Zanella a me è simpatica, mentre Brizzi non tanto. Sono contento che si siano lasciati. Immagino il motivo (non è il cibo).
    PS: una cosa che ti volevo dire da un po’: sul 27, a te che piacciono i gialli, ci sono un mucchio di telefilm… di quel colore. Padre Brown (anche se è marrone) e tanti altri, e un tempo c’era anche una serie abbastanza recente di Miss Murple, non male per il mio giudizio. 😉

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    1. La Zanella credo d’averla vista in una o due sue apparizioni / partecipazioni, ma non conoscendola allora non m’è rimasta. Poi credo sia nota, ma non mainstream.
      Nel libro mi ha lasciato questa impressione, ma proprio perché è l’unico argomento di cui tratta, proprio l’unico, ed è descritta dal marito in modo probabilmente calcato, chissà.
      Lui umanamente non sta simpatico nemmeno a me, ma è una cosa a pelle, non che ci sia molto di cui discutere. So che lei l’ha supportato durante la menata del #metoo, un movimento che mi fa sempre accapponare la pelle per il disgusto, ma che da quanto ha dichiarato l’ha poi lasciato causa multipli tradimenti.
      E qui anche l’interesse per l’intera faccenda mi abbandona.

      Non so a che canale corrisponda il 27 (io li riordino su cifre diverse), ma dovrebbe trattarsi di Giallo, lo conosco. Ci ho visto qualcosa, ma poco, per lo più m’annoia – ma grazie del pensiero 🙂

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      1. Io invece penso che il #metoo abbia rovesciato il vaso di padora su un mondo maschilista che tutti fingevano di non vedere.
        Mi sembra di intuire che tu non sia dalla parte delle attrici che hanno denunciato, ma secondo me sbagli.
        Ci sono tanti tipi di violenza. E uno dei più miserabili è quello dei potenti che (magari neppure te lo dicono chiaramente ma te lo lasciano intendere) minacciano di non farti più lavorare se non ti “presti”.
        Tu forse dirai che nessuno le ha “obbligate”, ma non è così semplice. Ci sono persone che sono terrorizzate di perdere il posto di lavoro e sanno che chissà un altro quando lo trovano.
        Ci sono persone che sono fragili e non hanno la prontezza di reagire a una violenza, tanto più se inaspettata.
        Ci sono persone giovani che in certe situazioni non sanno che fare.
        Insomma, oltre quelle, che disprezzo, che ci stanno per avere semplici privilegi, ci sono le altre, che sono le vittime.
        Le prime non sono vittime, d’accordo. Ma le altre sì.
        Da un lato, se la pensi così, forse posso esser contento per te. Perché magari non ci sei mai finita in mezzo a quelle schifezze e quei ricatti.

        No, il canale 27 è Paramount Channel! Dacci un occhio. Secondo me adorerai alcune di quelle serie! 😉

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        1. Sì, Paramount lo prendo.

          Sulle molestie / violenze, concordo su tutto.
          Ma il #metoo a mio avviso è ben altro che una rivolta contro maschilismo ed abuso di potere, è in grandissima parte una pagliacciata, una presa per i fondelli delle stesse donne che le violenze hanno subite, un carrozzone mediatico sollevato di proposito e non diventato tale in seguito, una violenza esso stesso contro un mucchio di persone che, se in parte possono essere realmente colpevoli, in molti casi – forse i più – non lo sono ed hanno subito una caccia alle streghe con conseguente linciaggio pubblico ben oltre la misura della decenza e della giustizia.

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        2. Mi fa piacere che condividi la base del mio pensiero. 🙂
          Mentre per quanto riguarda il movimento #metoo nello specifico, non sono d’accordo. E’ servito ad arrestare Weinstein (o come si scrive). Senza di esso forse non sarebbe stato possibile.
          Certo ci può esser stato qualche caso in cui qualche attricetta si sia sentita di cavalcare l’onda per cercare di ottenere qualcosa… Ma senza prove, è difficile che ce l’abbiano fatta.
          Poi non bisogna confondere il #metoo con le trasmissioni spazzatura che hanno provato a parlarne.

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        3. Naturalmente lo condivido, e son cose che si sanno.
          Mi pare che sul #metoo la vediamo in maniera opposta, nel senso che per te l’aspetto mediatico è marginale ed inevitabile, e se qualcuno ne ha approfittato non ha comunque prodotto grossi danni, mentre per me l’aspetto mediatico è centrale, anzi è una delle motivazioni delle accusatrici o comunque di gran parte di loro. Un’accusa mina sempre la rispettabilità di chi la subisce, anche prima che venga stabilita la sua colpevolezza o innocenza in tribunale, e questo fa parte del “gioco” che giochiamo tutti bello o brutto che sia; ma qui c’è stato qualcosa di molto più esteso e grave: l’accusa è stata sufficiente per un giudizio pubblico, collettivo e definitivo di colpevolezza, tanto da rovinare e talvolta annullare, cancellare la vita ed il lavoro di qualcuno – vedi Spacey e lo stesso Weinstein (sì, è scritto giusto, grande!) che hanno visto scomparire il proprio nome dai titoli e dai credits per opere che sono e rimangono roba loro.
          Puoi essere un criminale, o se preferisci un porco, ma devi pagare per questo – se e quando dimostrato – e pagare il giusto, non di più. Tra le presunte vittime, che finora sono state solo carnefici, ci sono anche grandi nomi, non solo attricette, delle quali è bastata una parola buttata lì spesso in sedi non opportune per trasformare degli stupratori o molestatori – mettiamo pure che lo siano – in persone abbiette più di un omicida seriale, in rifiuti umani. Per me, i rifiuti umani sono loro. Con la differenza che adeguerei la pena al reato reale, diffamazione per cominciare. L’America è puritana e moralista, e queste donne sapevano bene cosa avrebbe scatenato. Era nelle loro intenzioni.
          Senza contare che si è impunemente trasformato una molestia, a volte risibile per quanto sbagliata comunque, in violenza tout-court; una differenza linguistica e giuridica non da poco.
          Ah, la tanto incompresa legge del taglione!

          Su questo mi fermerei: è un bene che, di base, condanniamo entrambi gli abusi – e non avevo dubbi; ma non credo che andando oltre ne trarremmo molto.
          Anzi, magari finisce a misandria e femminismo, cioè a tarallucci e vino, meglio di no!
          Ti sta bene?
          L’importante è che ci siamo capiti.

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        1. E’ proprio il suo principale problema, o comunque quello che mi impedisce di apprezzarlo senza riserve… in Tutti i nomi non lo si percepisce, in Viaggio in Portogallo è una caratteristica smussata, ma sul Vangelo dubito possa passare inosservata. Però, se sei riuscita a leggerlo per intero magari ce la fo anche io!

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    1. Non ne so nulla, ma potrebbero e dovrebbero.
      In realtà l’ha scritto quando ancora stavano insieme (ed anzi termina con l’annuncio della gravidanza). Ma, se non è vendetta, è di certo insofferenza: per questo il risultato è dubbio.

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      1. La ringhiera è a posto, per l’altro balcone aspetto la prossima pandemia. Il pizzetto è diventato di un colore improbabile, mi toccherà tagliarlo mannaggia, forse posterò una foto per i posteri. Olena & c. corrono nella pampa e dalla prossima settimana torneranno, con la fase due il diario giornaliero lo abbandono e farò un aggiornamento settimanale, come la protezione civile.

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