Abbiamo sempre vissuto nel castello

Mi dici che nel sogno io ero dotata di poteri straordinari, tra il supereroistico ed il magico. Poteri che, in molte persone, scatenavano forti timori. E la paura ha la tendenza a mutarsi in aggressività: per difendersi, l’animale uomo spesso attacca, aggredisce.
Così, per proteggermi, passavi praticamente di rissa in rissa; ed anche se a queste risse non prendevo parte la situazione mi sfiniva: preoccupato per la mia stanchezza feroce, che non riuscissi a riprendermi, consultavi medici e andavi in cerca di una cura.
Infine qualcuno ti dava indicazione di raggiungere un certo castello, un castello a suo modo stregato alla cui guardia stava un custode. Ma siccome a causa delle risse t’eri fatto una brutta nomea, quest’ultimo non intendeva permetterti di entrare. Per non dover scegliere tra te ed una cura arrivavo allora ad un compromesso col custode intransigente: per poter entrare nel castello insieme io dovevo rinunciare ai miei poteri. Cosa che ho fatto.
Da allora, “abbiamo sempre vissuto nel castello” (cit.).

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3 pensieri riguardo “Abbiamo sempre vissuto nel castello

  1. Quando la maga viola dell’Oscurità Lucente e il fiero guerriero dell’occhio sull’egida si amarono

    Finalmente le congiunzioni astrali gli erano state favorevoli. Così lui, uno dei guerrieri più sfuggenti, il fiero guerriero con l’occhio sull’egida, ancora senza padrone, si era appaiato alla temuta quanto celebrata maga viola dell’Oscurità Lucente. Nessuno se l’era aspettato che due animi malinconici come quelli, ormai adusi alla solitudine, che avevano visto tanto delle brutture del mondo – eppure ancora sapevano ben discernere le meraviglie che esso comunque riservava –, potessero un giorno trovare la rispettiva anima gemella l’uno nell’altra: eppure il miracolo era avvenuto e loro stessi non capivano come esso fosse potuto accadere.
    Loro due, abituati a una vita di singolarità, adesso presero a stare sempre assieme, perché la vita era breve e il Fato non si sa mai che lunghezza di felicità prevede per gli esseri umani asserviti ad esso.
    Così cominciò lui a recarsi nei luoghi di lei, dove essa era conosciuta, stimata, ma aveva anche alcuni nemici che la opponevano.
    Nel reame ove la maga viola dell’Oscurità Lucente esisteva, c’erano un mucchio di mercenari perdigiorno, ubriaconi e attaccabrighe. Alcuni si mascheravano da suoi amici, ma amici non erano; altri semplicemente erano e si sentivano i padroni di quei luoghi amando spadroneggiare per aggiungere un qualche senso a una vita che altrimenti un senso non l’avrebbe mai avuto.
    Così la prima conversazione del guerriero dell’occhio sull’egida tracimò velocemente in rissa, con uno che era molto grosso e fanfarone e aveva cominciato a mettergli le mani addosso, mentre la maga viola si era portata avanti, non accorgendosi di ciò che avveniva alle sue spalle.
    Il guerriero dell’occhio sull’egida dovette sudare assai ma alla fine si liberò del bellimbusto, che per metà, oltre che dileggiarlo, nutriva segrete speranze di metter le sue untuose mani sulle morbide carni della sua compagna fattucchiera. Il guerriero con l’occhio sull’egida lo malmenò, ma per liberarsene dovette castigare anche altri suoi tre compari di bevute venuti in soccorso dello sciagurato mascalzone.
    Dunque il guerriero poté portarsi ancora una volta al seguito del violaceo strascico del lungo abito scuro della maga. Essa si voltò indietro verso lui dicendogli che pensava di esserselo perso; lui la rassicurò senza dirle che la loro unione aveva rischiato di arrestarsi, e quel giorno ella proseguì il suo percorso e lui le fu ancora dietro come il più fedele guardiaspalle.
    Ma poco distante, in un altro luogo, un altro spasimante prepotente mezzo canaglia attaccò briga con lui, così il guerriero dovette abbattere anche lui perché altrimenti non avrebbe più potuto ricongiungersi con la sua bella maga la quale stavolta si accorse dell’alterco.
    E, una volta avutala nuovamente tra le braccia, dopo averla baciata, le disse: io ti amo, però non trovo proficuo continuare a frequentare questi paraggi che così bene ti conoscono, con così tanti nemici miei e spasimanti tuoi. Allora essa disse: va bene, da domani andremo in un altro reame ove un tempo stanziavo. Sì, lì mi conoscono, ma credo che ci troveremo meglio che qui.
    Il giorno seguente i due innamorati si incamminarono per quelle terre, a piedi. Giunta la notte arrivarono al palazzo del supremo regnante della Stella Nera della negromanzia il quale però conosceva bene la maga, se la ricordava, e molto la temeva. Temeva così tanto la sua magia che fece subito calare un incantesimo nero sul prode guerriero che l’accompagnava, facendolo addormentare pesantemente in un sonno da cui non si sarebbe mai potuto svegliar da solo.
    La maga viola allora, che non poteva esser colpita da quel subdolo incantesimo poiché la sua magia la proteggeva naturalmente, implorò il supremo regnante di far ridestare il suo amato, chiedendogli cosa volesse in cambio che lei facesse per ottenere quel risveglio. Allora il supremo regnante con la lunga tunica runica e la faccia da teschio disse con la sua voce cavernosa che egli avrebbe risvegliato il suo amato purché essa, che possedeva una magia talmente potente da radere al suolo la sua intera e alta torre nera, non avesse mai utilizzato alcuna sua magia, per nessun motivo al mondo, finché fosse rimasta là, neppure in caso di pericolo imminente.
    La maga, per salvare il suo amore, accettò subito. Così dovette rimettergli in qualche modo tutta la sua magia, che il supremo regnante con la testa di teschio avrebbe conservato in uno scrigno al quale nessuno avrebbe potuto accedere, se non lui per ridargliela, qualora i due amanti avessero deciso di lasciare quel luogo.
    Il regnante concesse ai due amanti una stanza nella sua alta torre nera. Lei, ormai priva di ogni potere, era diventata candida ragazza normale, mortale come e più delle altre, e lui, completamente ristabilitosi, non si era accorto del patto ferale che la sua amata aveva stretto con quello stregone nero il quale, comunque, era perlomeno appurato che non li avrebbe osteggiati in altra maniera, e quel ricovero che egli offriva li avrebbe protetti da ogni ingerenza, sia benigna che maligna.
    Così i due amanti poterono passare dei mesi chiusi in quella torre, come fossero stati in una bolla, incontrando solo saltuariamente gli altri magici, potenti occupanti alloggiati nelle altre stanze, quando per l’appunto abbandonavano la loro residenza ormai stanchi di rimanervi. Per il resto, il tempo lo passavano lei studiando antichi libri demoniaci di cui poi doveva in qualche maniera riportare al regnante supremo, mentre lui faceva esercizi fisici e affinava l’arte della spada, dell’attacco e della difesa nei combattimenti corpo a corpo. Poi la notte i due amanti tornavano a unirsi nella loro soffice alcova d’amore. E per lui lei era la donna più straordinaria del mondo, anche senza la sua magia, e per lei lui era il guerriero più coraggioso del mondo, perché lui avrebbe fatto di tutto per proteggerla e conservarla, esattamente come era per lei nei suoi riguardi.

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