Sono un mito .10: Una rinascita

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Leggo (grazie ad Ape) un articolo sul Corriere nel quale una donna elogia le cure prestate a sua nonna, in fase terminale, dall’ospedale nel quale era ricoverata. Inevitabile per me ripensare al giorno  (a inizio 2019) in cui mia mamma è entrata in un pronto soccorso per l’ultima volta.
Così ho scritto:

Ho vissuto qualcosa di simile quando ho accompagnato mia mamma in Poliambulanza, ospedale che in questi giorni è stato in tutte le tv, ed il bene che ci hanno fatto è stato così grande che ancora non ho trovato la forza di ridurlo in parole e trasmettergliele.
Se mai dovessi passare per una prova del genere, è da loro che voglio essere seguita.

Mito

E allora due righe voglio scriverle qui, intanto.
A partire dalle parole di Fruttero&Lucentini, rispolverate da Michele Serra su Repubblica tempo fa:

«La morte è diventata per noi una disfunzione, un’avaria, un errore, una sorta di difetto di fabbricazione cui la casa produttrice sarebbe tenuta, per legge, a provvedere. Pretendiamo ormai di vivere in garanzia».

Io sapevo che doveva venire il momento. Non solo perché le madri, anche quando sono la propria madre, sono pur sempre creature mortali; ma anche perché già una volta – solo l’anno precedente – ci eravamo salvate per miracolo, e ad un corpo logoro i miracoli non si possono chiedere in continuazione.
Perciò, ecco, voi operatori sanitari siete arrivati senza la responsabilità di mantenere in vita una persona che, per più di un aspetto, ne era satura, eppure di responsabilità ne avevate anche un’altra e più importante: quella di accompagnarci, me e lei, alla conclusione di un’esistenza in un caso e di un lungo percorso nell’altro.
Io vi ricordo e parlo di voi con affetto perché, uscita dall’unità di terapia intensiva, per una volta non ho avuto dubbi sulla correttezza delle cure e l’impegno che vi avete profuso. Non ho avuto rimorsi per non aver detto qualcosa di rilevante, magari costretta ad imporlo all’attenzione, o per aver lasciato fare ciò che sapevo non essere bene. Non ho provato dolore perché un sedicente professionista mi ha banalizzato e comunicato in modo brutale una notizia devastante.
Ne sono uscita, invece, sollevata; perché avete avuto ogni giusto riguardo.
Commossa, perché l’umanità non è pelosa paraculaggine, e la differenza la fa, eccome.
Persino ristorata, direi, perché non avevo ostacoli ad una rinascita. La mia, qui, e quella di mia madre, in cielo, così come usano dire i cristiani: una nascita al cielo, forse da tempo agognata, ed un angelo in più a vegliare me.
Non chiamerò anche voi angeli, soprattutto in questo 2020 in cui si abusa di retorica.
Ma vi ringrazio, dal profondo.
E’ tutto.

Cecilia

15 pensieri riguardo “Sono un mito .10: Una rinascita

    1. Un abbraccione, Ape.
      Ho avuto la bozza di questo post in attesa per mesi – sentivo una repulsione ad aprirlo, altro che blocco dello scrittore.
      Adesso posso copiare l’ultima parte, dalla citazione direi, e spedirla.

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  1. davvero toccante questo post, che oltre che umano ha il merito di porre l’attenzione su un aspetto fondamentale del “mestiere sanitario”: quando di cure non ce ne sono più, il buon accompagnamento diventa la cura principale. E forse è anche la cura più impegnativa, non sempre applicata, non sempre riconosciuta.
    ml

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