fumetti (dicembre 2020)

Gli amari consigli – Nicolò Pellizzon [fumetto]

Preso dagli scaffali dell’Arrotino, l’ho trovato carino ma nulla più. La storia, pseudo-esoterica, è quasi solo un pretesto per ritrarre una ragazza, Sara, soggetta sin da piccola a visioni / allucinazioni complesse e particolari, oltre che spesso inquietanti. Una storia “circolare”, che si risolve com’è iniziata e non offre molte risposte – ma ciononostante funziona.
Forse un po’ poco, e tuttavia neppure male. I disegni sono validi, se non mi hanno conquistato è per gusto mio – salvo gli “angeli”, questi qui:

Lezioni di anatomia – Nicolò Pellizzon [fumetto]

Vale quanto detto sopra, ma in questo caso l’intreccio è più accessibile. L’ambientazione ottocentesca serve a dare un senso e corpo allo stesso, ma poco incide sull’atmosfera o sulle circostanze più minute della vicenda. Ed in luogo delle visioni di una lei, qui abbiamo gli incubi di un lui, tese a farlo ricongiungere alla propria gemella.

La signorina Else – dal testo di Arthur Schnitzler, disegni di Manuele Fior [fumetto]

Tratto dall’omonima novella dell’austriaco, l’ho trovato molto più digeribile dell’originale consistente in un ininterrotto monologo interiore, un flusso di coscienza che mi ha subito disorientato e che ho mollato.
I disegni sono essenziali, dalle linee sobrie e dai colori delicati; una scelta non banale e forse anzi l’ideale, dal momento che la storia al contrario non lo è per nulla.
Una giovane donna in vacanza in montagna insieme alla famiglia del cugino viene a sapere attraverso un telegramma che il padre, avvocato non propriamente di successo, si è nuovamente indebitato fino al collo e la prega perciò di approfittare della presenza nello stesso luogo di villeggiatura di un “amico” di famiglia, per chiedergli l’ennesimo prestito. La condizione avanzata dall’uomo per concedere il prestito, mai nominata in via esplicita ma bene nota anche alla famiglia di Else stessa, è tuttavia scabrosa e sottilmente, moralmente violenta: al signor von Dorsday interessa la ragazza, brama il suo corpo – e infatti le propone, e sembrerebbe a noi cosa da poco, una vera occasione, di accettare la richiesta di suo padre se lei accetterà di mostrarsi a lui nuda.
In una società pettegola e rigida non occorre neppure che la cosa si realizzi per generare colpa ed infamia, con le relative reazioni estremizzate; ma pur non potendo sfuggire ai meccanismi costrittivi e soffocanti che la caratterizzano Else sarà, pur nel dramma, almeno capace di scegliere come ributtare in faccia a genitori, sfruttatori e spettatori affamati di scandalo le medesime brutture inflittele.

Elizabeth – Marco Tagliapietra [fumetto]

Elizabeth Siddall, un nome che mi è tornato familiare solo in un secondo momento, fu la modella per antonomasia dei preraffaeliti nonché moglie, non ricambiata se non per formalità, del preteso ribelle Dante Gabriel Rossetti.
E’ lei la protagonista, insieme alla sua involontaria musa, la morte.

Il Nao di Brown – Glyn Dillon

La veste grafica scelta dall’editrice Bao è di mio gusto, soprattutto il filo rosso delle pagine, ma chiaramente non basta a soddisfare il gusto estetico: il punto forte sono i disegni (anche il lettering, incredibilmente, mi stava bene). Non ho aggettivi adeguati per descriverli – l’arte figurativa non è il mio forte… – ma ho sicuramente apprezzato che non fossero troppo originali, sperimentali, impegnativi: sono, soltanto, classici e belli.
La storia non è da meno. Ma forse dovrei dire le storie, dacché a quella principale si alterna (ogni tanto) quella ideata da un fumettista citato al suo interno (reale o fittizio non so). E’ prima di tutto una storia di sentimenti, dopodiché posso dire che c’è parecchia roba di gusto nerd e buddhista. Il tratto più significativo però, sia per la trama che per me, sta nel fatto che la protagonista è (molto) ossessivo (poco) compulsiva: insolitamente, vengono messi in scena non i classici rituali, ma la pesante fissazione per la quale si immagina – più che fantasticare – di far del male a chi si ha fronte, temendo di finire per attuare concretamente questo tipo di pensieri intrusivi e sgraditi.

In definitiva mi è piaciuto molto.

Tempesta – Guojing [fumetto]

Bellissimo fumetto privo di testi e dal disegno semplice ma non scolastico; la storia di un cane randagio e di un’umana a suo modo randagia pure lei, che dopo essersi incontrati per caso in un parco ed aver stabilito un cauto contatto, si ritrovano durante una notte di tempesta e non si lasciano più.
Amore allo stato puro, che non necessita di didascalie né spiegazioni.

Nei miei occhi – Bastien Vivès [fumetto]

Un fumetto molto particolare, un po’ un’indagine sull’origine e la tecnica dello stesso – come sostiene Ettore Gabrielli, fondatore de Lo spazio bianco, blog interamente dedicato a quest’arte, in questo articolo:

Come ne “Il gusto del cloro” il gioco di Vivès era ricreare il senso di ovattamento di una piscina, dell’immersione nell’acqua, dei silenzi, la percezione molle del tempo, con Nei miei occhi l’autore esplora il rapporto tra due persone vissuto attraverso lo sguardo di una delle due, sottolineando così la percezione che questa ha dell’altra e del mondo attorno. Anche in quest’opera, come nella precedente, la storia è semplice, banale, scontata: un ragazzo incontra una ragazza, e ne nasce un rapporto affettivo non ben definito e destinato a non durare nel tempo.

quello che dona unicità all’opera è la sua struttura. Tutto il fumetto è disegnato come fosse in presa diretta dagli occhi del protagonista, come se il lettore avesse un posto in prima fila all’interno della sua testa, in una serie di piani sequenza in prima persona. Le vignette stesse non hanno contorni netti, ma sono sfumate e hanno spesso forma ovale; l’attenzione è per le persone, le cose, mentre gli sfondi sono meno distinti, appaiono lontani e secondari nel peso della vicenda.

Mi è piaciuta molto, appunto, la tecnica scelta – che rende l’idea e l’effetto dei classici pastelli per bambini, e forse chissà proprio quelli sono stati usati.
La storia è semplice e piacevole, anche se il finale m’ha còlto di sorpresa e l’ho trovato triste. Non inevitabile, quindi comunque giusto, ma che peccato.

I racconti dell’errore – Thomas Ott

Autore svizzero di lingua tedesca, classe ’66, è noto per il suo stile di disegno “graffiato”, utilizzato per realizzare storie che ritraggono i lati più oscuri dell’esistenza filtrati da una forte dose di ironia dissacrante […]
Si tratta di dieci racconti fulminanti, caustici e decisamente noir. I personaggi di queste storie, spesso vittime delle proprie passioni e pulsioni, si muovono in uno scenario oscuro, rarefatto, dove l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e dove niente è certo […]

Traggo queste parole, che bene descrivono quel che ci si trova davanti, dai due risvolti di copertina.
Ott offre una narrazione (quasi) del tutto figurativa: tolte le didascalie nel primo racconto ed i titoli di quotidiano sparsi lungo tutte le pagine, non c’è testo; e non ne occorre. Le storie sono semplici e brevi, incisive e molto chiare; si bevono d’un fiato per poi tornarci sopra con maggior lentezza e ridere fra sé.
Il mio racconto preferito? Senz’altro Dieci.
Consigliato.

Un’altra raccolta di racconti dell’autore si intitola Exit, e ripropone storie per chi abbia il gusto del paradosso, del grottesco e del sovvertimento dell’ordinario, del prevedibile e dell’atteso.
Il migliore fra questi, per me, è senz’altro Giorno di bucato, seguito a pari merito da due brevissimi e simili: Il nascondiglio e L’amo.

Il numero 73304-23-4153-6-96-8 – Thomas Ott

Bellissima storia lunga, che vede protagonista il boia d’una prigione, deputato ad eseguire le pene di morte. Il numero nel titolo, scritto su un foglietto caduto dalla tasca dell’ultimo condannato, lo porterà sulle montagne russe tra fortuna e disgrazia, in un ciclo destinato a non esaurirsi ma ripetersi ancora, e ancora.

Ha una struttura diversa Cinema Panopticum, nel quale una ragazzina s’inoltra lungo i viali di un attraente un luna park , salvo scoprire che non vi è nulla all’interno alla portata delle sue tasche. Ad eccezione di un piccolo agglomerato di cassette di legno entro le quali vengono proiettati quattro filmati, storie che anche noi vediamo insieme a lei; storie ovviamente che, di nuovo, svelano un finale che ribalta punti di vista, abitudini e norme consuete.

From Hell – Alan Moore, Eddie Campbell

La storia riguarda non tanto i delitti di Jack lo Squartatore, quanto i loro prodromi, e per seguire questo viaggio tra intrighi di corte e massoneria le note a fondo volume sono indispensabili.
La vicenda è senza dubbio interessante, ma se la prima parte incuriosisce la seconda si scopre essere interamente dedicata alle coglionerie massoniche. Inoltre, non mi sono piaciuti i disegni: lo consiglio dunque solo ai cultori del genere, agli appassionati di storia e dunque non proprio a tutti i fan di Moore.

Jenny Finn
– Mike Mignola, Troy Nixey, Farel Darlymple

Anche qui compare Jack lo Squartatore, ma soltanto sullo sfondo: in primo piano invece c’è una ragazzina, Jenny Finn, che si scopre essere una creatura marina inviata dalla madre come Messia per regnare sugli uomini – e si manifesta innanzitutto producendo, nelle persone con cui viene in contatto, escrescenze ittiche e tentacoli. Vederla come un’emissaria del male, tuttavia, non spiega cosa voglia davvero.
L’ho gradito decisamente di più del precedente: la storia è semplice ma fantasiosa, i disegni secondo me più vicini all’abitudine di casa nostra, un po’ bonelliani – mi perdonino i veri cultori del genere, non voglio certo dire che siano la stessa cosa ma, a ben vedere, molti tratti ed anche la gestione dello spazio entro la vignetta vi si avvicinano.
Io l’ho letto in bianco e nero, edito da MagicPress, ma pare esista anche a colori.

13 pensieri riguardo “fumetti (dicembre 2020)

  1. Su From Hell, integro un pochino. Hai letto il primo di tre volumi (ne esistono varie versioni e formati). Poi non è di Gaiman ma di Alan Moore. Piccolo refuso commesso perché avevo provato a farti leggere, proprio in quel periodo, dei fumetti di Gaiman, i quali però non hanno superato la tua selezione. 😉 :-*

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      1. Non concordo sull’espressione “coglionerie massoniche”! Nel senso che Alan Moore è un pozzo di informazioni, capace di riferimenti incrociati insospettabili e molto documentato: basta vedere nei volumi di “From Hell” la quantità di note che inserisce a corredo della storia, e molto onestamente dichiarando quando i fatti sono documentati esattamente, quando sono di fantasia e quando sono “elaborati” o plausibili. Di qualsiasi cosa parli – i supereroi, HPL, Jack the Ripper o altro – presenta sempre un mondo plausibile e giustificato, anche se di fantasia: poi che uno creda o no alla massoneria nera è un altro discorso. D’altronde non credo nemmeno che uno possa avere i poteri di un ragno, ma Spider Man l’ho letto e apprezzato per anni! 🙂

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        1. Ma infatti io ho definito coglionerie appunto le idee massoniche, non il fatto che Moore ne parli o il modo in cui lo fa – posto che mezzo volume di sole peregrinazioni londinesi in carrozza ad elencare riferimenti architettonici e cultuali per me è cosa più adatta ad una guida turistica che ad una storia romanzata.
          Tra tutti gli argomenti possibili, questo lo trovo squallido; delle fonti dell’autore, poi, ho parlato io stessa.

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