“Credo che i ricatti morali e pratici uniti alla volontà di relegare chi non si vaccina tra i paria della società escludendolo da ogni servizio pubblico, dalla possibilità di lavorare e di muoversi e anche dall’avere accesso alle cure mediche, non aiuti a convincere gli indecisi. Anzi.
Appare l’atto di prevaricazione di chi, non avendo gli strumenti per convincere, fa valere la legge del più forte. È questo quello a cui è destinata la nostra società oggi? Il sopravvento di quella parte della società che, riconoscendosi superiore sul piano morale, si sente legittimata a decidere per tutti qual è il bene comune da conseguire con l’uso della forza“.
(Heather Parisi, in risposta ad un articolo di Luca Telese dal titolo Heather Parisi non vuole vaccinarsi? Allora non ha diritto a curarsi negli ospedali italiani. Dal sito ufficiale della ex showgirl. Adnkronos).

Il testo che avete letto è solo uno degli innumerevoli che, commentati su Facebook, ingrossano la marea del fanatismo pro-vax. (Sia chiaro, qui lo scrivo e non lo ripeterò, che se ora parlo con disprezzo di questa categoria non significa che ignori quella opposta e complementare dei no-vax oltranzisti, né tantomeno che ne faccio parte).
Senza soffermarmi ora a inquadrare il fenomeno – dirò solo, ribadendomi, che proprio coloro che sostengono di difendere la scienza, la conoscenza e la coscienza ignorano e calpestano la terza, e delle prime due dimostrano di non conoscere meccanismi, limiti e difetti; portando avanti una crociata magari nominalmente corretta ma vuota di sostanza – vorrei spezzare una lancia.
Il punto non è la necessità o meno dell’obbligatorietà vaccinale (personalmente non ce la vedo, non per il Covid19, ma questa deriva da considerazioni tecniche che certamente non stanno al cittadino comune, e del resto nemmeno dovrebbero spettare alla politica. In un paese normale…).
Già esistono delle vaccinazioni obbligatorie per legge, e tale obbligo è motivato. Altre lo sono in alcune regioni, ma non in tutte. Di altre ancora si può discutere, ma pur sempre in ambito medico: che non vuol dire solo tra professionisti, ma piuttosto solo da un punto di vista tecnico-scientifico.
Il punto è a monte, non nella scelta specifica che si farà né nella – comunque assai carente – comunicazione scientifica portata avanti nell’ultimo anno in merito al virus. La carenza sta nella comunicazione per se (leggi: analfabetismo funzionale), negli strumenti logici a punta grossa e nella scarsissima formazione su come la conoscenza si acquisisce, si gestisce, si trasforma, sviluppa e conserva.
Inutile dunque riferirsi agli “scienziati”, ai “medici” (gli scienziati, i medici non esistono come categoria unitaria, esistono come elementi di un insieme eterogeneo), brandire le “riviste scientifiche” (nome comune di cosa e non codice di singola, specifica pubblicazione estratta dagli archivi dedicati), e ancora pretendere le referenze dell’interlocutore servite su un piatto d’argento:
– ai medici, alcuni eccellenti altri tristemente mediocri, è bene far le pulci: ma chi gliele può fare se non un’altra persona, non necessariamente collega, che sappia in cosa consiste il mestiere, come si inserisce nella struttura sanitaria nazionale e via dicendo?
L’uomo della strada – di Facebook – può essere in tal senso tanto un caprone quanto perfettamente informato: ed i titoli garantiscono questa cognizione di causa sì e no. Sfido chiunque, fra voi professionisti di qualsivoglia genere, a ripensare alla propria carriera accademica e poi lavorativa; e far due conti su quante persone avreste preferito andassero a zappare i campi piuttosto che accedere ad un ufficio. Posto che zappare i campi, pure quello, non si fa a caso;
– le riviste scientifiche sottoposte a revisione peer to peer sollevano un sacco di problematiche: quale rivista? quali i nomi degli autori, e in che ordine? quale grado di revisione hanno superato i risultati spacciati per oro colato sui social network dai solerti servetti (a titolo gratuito) della propaganda istituzionale?
La reputazione di un medico si costruisce anche, molto, sulle sue pubblicazioni. Ma le pubblicazioni si costruiscono anche su distorsioni quali progetti condotti su mandato (e con denaro) delle stesse – non di un ente terzo – o peggio di un’azienda interessata.
Non sempre il merito è evidente e luminoso, càpita non poche volte che la mediocrità abbia la meglio.
Il sistema “citazionistico” stesso è fondato non su dati magari grezzi e brutali ma oggettivi, bensì su relazioni di potere, di scambio, di riconoscimento interpersonale soggetto a tutti i vulnus psicologici del caso;
– impuntarsi a chiedere la scansione del titolo di studio, nome e cognome del tal bambino che un lettore sostiene esser stato danneggiato da un vaccino (sì, ho visto pure questo…), ad escludere dal novero di chi ha diritto di parola chiunque non abbia una laurea ed inchinarsi a chi invece ne esibisce una (magari comprata a Napoli un cinquantennio fa),
insistere su prove, dati e fatti – senza tuttavia indicare come, epistemologicamente, quelle prove, quei dati e quei fatti siano stati dichiarati tali, nella piena coscienza che la scienza non fa che avvicinarsi, a tentoni, ad un’approssimazione di conoscenza,
ignorare che condannare i dubbi (che non appartengono solo ai no-vax refrattari alla discussione, ma a chiunque per ignoranza e/o incertezza non si fidi del “sistema”: e magari a ragione, anche se per le motivazioni sbagliate) è contrario alla deontologia medica (ignota, pare, a Burioni) e vorrei dire umana… perché essere “umani” è un mestiere complesso… tutto questo fa della razionalità carta straccia.
Volete la gogna pubblica, il bando dai pubblici servizi e perché no il castigo divino per chi è contrario al vaccino?
Andatevene in America: là è il vostro Eldorado, dove non occorre prevenzione né opera di convinzione, dove chi è dentro (dispone di denaro, conoscenze, conoscenza) se la cava, chi è fuori muore.
Senza dubbio voi siete tra i primi: i privilegiati, i superiori, i migliori; che conoscono la gente giusta da ascoltare e la cosa giusta da fare. Cosa potrebbe mai andarvi storto?
Lì, nell’Eldorado, la sanità pubblica è una barzelletta e chi vuole essere curato deve meritarselo. E allora andate, andate e meritatevelo anche voi.
detesto telese
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Io lo apprezzo più di altri giornalisti / conduttori – non in questo caso, evidentemente.
Ma lo conosco poco.
Avevo amato il suo libro “Cuori neri”, ma un’inchiesta scritta ed un botta e risposta orale, estemporaneo, sono imparagonabili.
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Se il vaccino funziona così tanto come dicono, quelli che sono vaccinati dovrebbero essere sereni e tranquilli.
Cioè se io mi vaccino con un vaccino che sono sicuro che funziona, non vado a rompere l’anima a chi non è vaccinato, perché essendo io vaccinato so di essere immune.
Invece, se ci fai caso, tutti quelli che si vaccinano o che proclamano di volersi vaccinare, continuano a sostenere delle tesi per cui tutto il mondo si deve vaccinare, e sembra più una condivisione di un rischio che, in realtà, la condivisione di un beneficio, perché non si capisce il motivo di tutta questa preoccupazione per chi non si vuole vaccinare, cosa che dimostra – nemmeno se ne accorgono – i dubbi legittimi che anche costoro hanno.
Cioè anche quelli che si vaccinano, in realtà hanno paura che il vaccino non funzioni, perché solo così si spiega questa ossessione per rendere questo vaccino obbligatorio.
E dando uno sguardo al sito dell’AIFA i dubbi e le preoccupazioni aumentano ancora di più.
Quindi che fare? Da parte mia il vaccino me lo farò, ma non quello di Pfizer-BioNTech, e se non lo faccio ho le mie ragioni, con buona pace di chi raglia sempre a sproposito.
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Un’ottima e sufficiente ragione per imporre l’obbligatorietà è che riuscire a vaccinare – che so – il 50% della popolazione interessata non servirebbe ad una cicca bucata.
Senza immunità di gregge, il virus ce lo porteremo sulla schiena potenzialmente per decenni.
Ma naturalmente questo è solo un aspetto della questione, e se pure fosse auspicabile ciò non elimina nulla dei problemi che i vaccini per il Covid19, come pure tutti gli altri, presentano.
Per esempio, nei casi in cui si sostiene il nesso tra vaccinazioni ed autismo, è errato parlare di un nesso causa-effetto, ma negare una correlazione (che è cosa diversa) su base individuale a prescindere è una negligenza grave.
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Proprio così, se poi ci mettiamo anche i cosiddetti “scienziati” (io li chiamo scienzioni) vip che impazzano ogni giorno su tv e giornali e che si contraddicono tra di loro sullo stesso argomento aumentando a dismisura l’incertezza e l’indecisione tra le persone, nonché quegli autentici delinquenti del comitato finto tecnico e pseudo scientifico che parlano di catastrofe immane come manco fece l’asteroide con i dinosauri, capisci che un qualunque astrologo al loro confronto risulta più credibile.
A parte questo che dire? Mi trovi in accordo su tutto ciò che hai scritto.
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Quando si tratta di salute pubblica certi dubbi non sono ammissibili. Il vaccino va reso obbligatorio appena sarà disponibile per tutti perchè i diritti individuali non possono andare a ledere quelli collettivi. D’altra parte già oggi ci sono diversi vaccini obbligatori.
Non ho capito il paragone dell’America, lì non c’è sanità pubblica, ma che c’entra con l’obbligo vaccinale? Anzi, forse lì, in una società certamente più individualista della nostra, magari l’obbligo non lo metterebbero mai.
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Certi dubbi non solo sono ammissibili, ma sono sacrosanti.
E il diritto pubblico alla salute non può fondarsi su trattamenti sperimentali, né tantomeno su un’inadeguata risposta ai timori per la salute individuale, che è dovuta.
In America la sanità pubblica esiste – ma scalcagnata.
È lì che spedirei chi invoca l’esclusione dalle cure sanitarie dei “renitenti”, ma anche il divieto d’accesso alle professioni sanitarie a chi manifesta contrarietà.
Proprio perché così imparerebbero sulla propria pelle cosa significa: fumano? Niente cure se sviluppano un tumore.
S’ammalano di diabete, magari ereditario, e nei dati che Amazon condivide con lo Stato risulta che negli ultimi 12 mesi han comprato un pacco di merendine uno? Niente cure specialistiche.
Sono, Dio non voglia, poveri? Peccato, ma anche questo come il resto è colpa loro: se non possono pagarsi l’assicurazione vuol dire che non lavorano o non abbastanza, e se non lavorano vuol dire che non meritano nulla.
Così si ragiona colà: e se gli piace tanto che ci vadano e si tolgano dai piedi, anziché minacciare d’importare da noi questa fetenzìa.
Io mi tengo il welfare, l’assistenza pubblica e il più possibile gratuita, la carità cristiana e la compassione cattolica da nazione meridionale.
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