Sto riordinando ma soprattutto raccogliendo sacchi e sacchi interi di spazzatura come se non ci fosse un domani. Sacchi grandi, a volte alti quanto me (che ci vuol poco, ma insomma). Sacchi per la differenziata, che opero accuratamente: gialli per la plastica, verdi per il verde (ci sono in casa mia, nel sogno, diversi resti di piante e piantine divelte, foglie sparse, rami in posizioni improbabili), neri per ciò che non può essere riciclato.
Perché lo faccio? Perché a breve saranno qui l’Arrotino e sua madre – e quest’ultima viene per restare. Non so come sia successo, ma è così e pare che io lo consideri un fatto inevitabile, da non pensarci nemmeno su.
Però sono abbastanza presa dai preparativi, in particolare dai libri: ne ho moltissimi in giro in salotto e lì resteranno, ma hanno bisogno di una collocazione migliore e ultimativa. Ci sono quelli in lettura, quelli appena ritirati e quelli che ho sospeso quando sono partita per scendere a Roma (ma allora com’è che mi trovo di nuovo a Brescia?). Come minimo, una trentina.
Mentre pregusto la disposizione che darò loro e l’ordine di lettura, arrivano i due attesi, un po’ in anticipo.
Dissolvenza.

Io come non sarò mai: sorridente mentre spolvero.
Si chiama Alberto Mosca.
E’ un attentatore fascista – sta per compiere una strage con pistola in piazza della Vittoria, a Brescia; sparerà sulla folla dalla mezza altezza del pulpito di pietra rossa ideato per i comizi di Mussolini, ed io gli starò alle spalle come semplice spettatrice, in una specie di realtà virtuale.
Capirò alla fine che lì ci stavo per un motivo, ed il motivo è che sono incaricata di scrivere un libro-inchiesta sull’evento cui ho assistito e sul suo fautore. Per questo, in precedenza, mi sono recata al liceo in cui questi ha studiato ed ho consultato l’ultimo annuario, inclusa una cartellina, accattivante e ben curata esteticamente, zeppa di informazioni su di lui.
Subito dopo la sparatoria, me ne scendo tranquilla per i portici verso l’auto, meditando sul da farsi.

Interessante il sacco verde, per fortuna non hai sognato un sacco marrone, chissà cosa ci sarebbe stato dentro… Alberto Mosca è esistito veramente?
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Non ne ho idea, è un nome che mi suona bene ma che credo proprio di essermi inventata!
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Ah meno male perché non mi ricordava niente… 🙂
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