Camminavo per la piazza dopo essere riemersa dalla cartoleria, ed ho incontrato una vecchia conoscenza, un tempo candidata-amica ma poi decaduta dal titolo (senza particolari colpe: solo non ci prendevamo abbastanza).
La saluto, le faccio gli auguri, e lei…?
Lei si avvicina, prende saldamente fra le dita, proprio al centro dove non dovrebbe, la mascherina (sporca di nero: Dio solo sa cosa fosse… ma è facile che non la cambiasse da un po’, comunque), e la abbassa fino alla bocca prima di sporgersi verso di me e rispondere.
Per fortuna anch’io l’avevo, ed una buona: ma lì per lì mi sono irrigidita un tantino, ecco. Poi, come nulla fosse, le stesse dita che aveva spalmato serenamente sul lato esterno della mascherina, raccogliendo tutti i microrganismi ivi riuniti a congresso, me le ha poggiate sulla spalla.
Ottimo.
Proseguo, pensando che appena arrivata a casa metterò la felpa in lavatrice, e mentre percorro la pedonale incrocio G., il centralinista del comune sordo col quale chiacchieravamo, io ed E., quando fuggivamo dagli uffici-cella.
A braccetto con lui – forse la fidanzata? Mi pare di sì – ci sta una ragazza. Cieca: procede col bastone bianco in mano (ed io mi vedo già inciamparci).
Come si suol dire, bella coppia.
Infine, giunta quasi all’auto, su un’altra pedonale mi passa accanto un furgone. Il tizio che lo guida è uno qualunque, un po’ tozzo. Di fianco, però, noto appesa al poggiatesta del passeggero una maschera di Dalì – quella de La casa di Carta.
A me quella serie non piace, però la facciona allucinata ed allungata da cavallo del pittore sì. Sorrido, rientro.
…Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni.
Ops! Quello già lo hai incontrato! 😉
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Shì! ❤
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Rientrare sorridendo è bello
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