La raggi(a) ner pi(g)neto

[di coulelavie, ossia l’Arrotino: qui]

Tacci.
…Tua!
Su le soglie
del raccordo non odo
parole che dici
umane (anche per via dei grugniti
dei cinghiali); ma odo
parole più nove
che parlano gocciole e foglie
lontane.

Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sull’amianto
scaglioso dei tetti
de roma,
mai rimosso,
perché, per carità!,
null’hanno fatto l’artri
nullo farai mai te!

Piove su i vostri volti
sorcini,
piove su le vostre mani
lorde dei peccati
dei malavitosi.
Piove,
su la favola bella
che ieri
c’illuse, che oggi t’illude,
che potevi fa’ la sindaca
de roma.
E li mortacci tua
n’artra vorta.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
cicoria de strada
con un crepitío che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più cade, più sale,
l’acqua.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
dell’autobusse in fiamme
che ora non impaura,
perché finarmente
s’è spento.

E immersi
noi siam nello spirto
pedestre;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o sozzura terrestre
che hai nome
virginia.

Ascolta, ascolta. L’accordo
delli aerei gabbiani
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce
nelle pattumiere a cielo aperto
ove la puzza impera sempre
e ora imperla pure,
che meraviglia.

Ricordo bene quando c’era
marino
e tu lo chiamavi criticandolo
aspremente
“sottomarino”
perché quanno pioveva
dicevi
che s’annava sottacqua.
Adesso ce sei te
e, li mortacci tua!,
è pure peggio.
Virgì,
ma li voi pulì quei tombini!
Virgì,
Rome nunn’è Venezia!
Li mortacci tua
e de tutti li corrotti.

E piove su le tue ciglia,
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere.
Sei felice perché c’hai inculato.
E i giornalisti muti.
Mai ‘na domanna scomoda.
Adesso non ti fa più tanta paura
fa’ er sindaco,
anzi la sindaca, eh?
Adesso sai che
pure una come te
po fa finta d’esse all’artezza.
E de vito e marra te salutano,
diversi eppure eguali,
nemici,
ma di fatto
per sempre
amici tua.

E andiam di fratta in fratta,
e la vergogna e la decenza
se la so’ svignata
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i vostri futuri vitalizi
piove su le vostre mani
lorde,
che neppure ‘na vagonata d’acqua
riuscirà ‘n giorno
a ripulì.
Fate schifo ar cazzo
cinque stelle
o politicanti altri
che siate,
sete la rovina
de Roma e l’italia intiera.
E ‘n giorno
‘a pagherete.

E tu…
sì, tu…
che ancora voti…
sei solo ‘n cojone.
La prossima vorta
tajate la mano
piuttosto che mettela nell’urna.

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