Autore: Giuliano Guzzo – qui il post originale; qui la pagina Facebook
Adesso che, oltre a quella sedicente antirazzista, è stata sdoganata pure la genuflessione «solidaristica» – quella che gli Azzurri pare faranno, nel caso la nazionale belga omaggiasse il movimento marxista Black Lives Matter -, non resta riscoprire la variante cristiana, non è chiaro quanto contagiosa ma di certo salvifica: la genuflessione davanti a Dio. Che è da riscoprire, attenzione, non per contrastare una moda, bensì per arginare un abbandono, dato che ormai, mentre l’inginocchiarsi targato BLM è ovunque – dagli studi televisivi alle aule istituzionali, fino naturalmente ai campi da calcio -, quello devozionale è raro perfino in chiesa. E sia chiaro che le norme anti Covid c’entrano poco: l’antico gesto di supplica e di affidamento va per la minore da un po’.
Come mai? Forse perché si è persa l’autenticità, l’originalità della fede. Ha notato Ratzinger «che il Signore ha pregato stando in ginocchio (Lc 22, 41), che Stefano (At 7, 60), Pietro (At 9, 40) e Paolo (At 20, 36) hanno pregato in ginocchio. Piegando il ginocchio nel nome di Gesù, la Chiesa compie la verità; essa si inserisce nel gesto del cosmo che rende omaggio al vincitore». La carenza di genuflessioni autentiche, insomma, rispecchia la carenza di preghiera e di difficoltà a riconoscere il «vincitore». Una difficoltà che vale la pena di avversare perché ultimamente, a proposito di genuflessione, la confusione fra religione e ideologia è sì frequente, ma la differenza resta grande. La fede serve a tenere in piedi l’uomo, e a farlo inginocchiare quando è giusto. L’ideologia serve invece a far inginocchiare l’uomo, e a tenerlo in piedi quando è utile.
In effetti, la genuflessione antirazzista oggi mi pare serva più a stanare chi osa smarcarsi – prendendo a guardarlo con sospetto, come eretico -, mentre l’inginocchiarsi davanti a Gesù, nel silenzio appartato di una chiesa, spesso non ha spettatori. È una faccenda esclusiva tra chi prega e Chi è pregato, un rapporto a due che si consuma nel silenzio; soprattutto, che si consuma nell’Amore. Del resto, la notizia più sconvolgente del Cristianesimo, e che spesso tendiamo a dimenticare, è che non si tratta tanto di manifestare un sentimento, ma di ricambiarlo. Infatti Gesù ha già fatto tutto. Anzi, ha già dato tutto. Ecco che allora, per quanto vi resti prolungatamente, un fedele non sarà mai abbastanza in ginocchio. Eppure, rialzandosi, sarà libero, perché si sarà rivolto al «vincitore»; ma non del razzismo o dell’intolleranza, bensì del Male e della morte. Scusate se è poco.
«non si tratta tanto di manifestare un sentimento, ma di ricambiarlo»: posso dire che è una frase di rara bellezza?
Questo tuo testo mi ha ricordato una “scenetta” che mi ha profondamente colpito. Anni fa ho ascoltato l’interessante “radiocronaca” del Cammino di Compostela ad opera di due noti saggisti italiani di fedi totalmente contrapposte, Odifreddi e Cardini, i cui scambi di commenti ho trovato deliziosi, proprio perché non erano “cori da stadio”, non erano tifoserie blateranti ma opinioni provenienti da studiosi di opposte tradizioni religiose. Purtroppo non ricordo perché si è arrivati alla lavanda dei piedi, ma ad un certo punto c’è un curioso fenomeno: Cardini propone di lavare i piedi a Odifreddi, che fermamente rifiuta. Sembra un piccolo “incidente diplomatico”, invece è nato dal rispetto che entrambi nutrono per l’altro, solo che di segno opposto. L’ateo Odifreddi considera umiliante che un suo collega professore gli lavi i piedi, e visto che stima Cardini non può permettere che questo avvenga. Anche Cardini stima il collega, ma essendo credente considera invece un grande onore potergli lavare i piedi. Entrambi dunque si stimano e si scambiano cortesie, ma essendo di “fedi opposte” lo stesso gesto cambia di significato agli occhi dell’uno e dell’altro. Così oggi un inchino, ben più semplice della lavanda dei piedi, è lo stesso gesto che era ieri ma è diventato molto più problematico, perché ognuno lo interpreta in modo diverso. Se invece di interpretarlo e di contestualizzarlo si limitassero a farlo e basta, credo che molti problemi non si porrebbero 😛
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Bellissimo aneddoto! (Il fatto che io non tolleri Odifreddi è secondario, fortunatamente lo stesso episodio visto accadere o raccontato da un terzo cambia in parte i propri connotati e ha un impatto diverso… ed ecco qua un altro esempio di possibilità intepretativa che gioca un ruolo chiave nell’avvicinarsi o allontanarsi da qualcosa).
Il pezzo è di Giuliano Guzzo, che apprezzo per la concisione (brevità plus incisività) oltre che per il pensiero.
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Che ti sia lieve la rotula, scherzi a parte: bell’articolo
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Aha, in effetti già dai 30 ho cominciato a capire che le superfici rigide per le ginocchia non sono affatto uno scherzo, ora potrei affrontarle solo con un apposito cuscinetto! 😀
Meglio cento volte la genuflessione “incompleta”, a mezz’aria seppure prolungata, che fa anche molto fitness 😉
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Occhio però che la vita è una tempesta, se ti inginocchi troppo 😛
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p.s.: il pezzo non è mio, ma concordo, ne invidio la brevità incisiva.
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… non so perché wordpress mi sta riproponendo (come la peperonata) tutti i tuoi commenti come non letti… se vedi miei commenti ripetuti, non è colpa mia … 😀 Almeno credo …
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Ah, tranquillo, è capitato anche a me (e non solo…). Sono i rigurgiti da neonato di Wp 😉
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E, per esempio:
https://ontologismi.wordpress.com/2021/06/27/sulle-genuflessioni-dei-calciatori-di-roberto-marchionni/
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Sospetto che non saresti tanto a questionare se dovessi genufletterti per… prendere un pezzo di pizza o un dolcetto! 😉
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Scemo! XD
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