Diario di lettura .11: Tra romanzo e racconto

Stephen King è ancora, per me, il Re dell’horror. Una precisazione tuttavia ci vuole: lo considero infatti il re del romanzo, mentre i racconti sono un’altra faccenda. Una cosa che a suo stesso dire lo affascina, la modalità esatta in cui di quando in quando i suoi contenuti mentali chiedono di essere espressi, epperò anche una forma letteraria che gli risulta assai meno congeniale, laddove il romanzo gli sta come un abito di sartoria.
Insomma, sul testo breve fa fatica.
Ma nulla gli è precluso a priori, infatti alcuni dei racconti inclusi nella raccolta Tutto è fatidico li ho trovati fra i suoi migliori – Tutto ciò che ami ti sarà portato via, La teoria degli animali di L.T., Quella sensazione che puoi dire soltanto in francese, La moneta portafortuna, nonché quello che dà il titolo. Enumerare è necessario perché leggere è stato splendido.
Menziono a parte Riding the bullett, che io lessi nella sua seconda (credo) edizione nel cofanetto con mini-libro e cd-ROM seguita alla pubblicazione online: un ottimo racconto su qualcosa di semplice e profondo come il distacco dalla propria madre (lo rilessi più di recente proprio in occasione della morte della mia), costruito su una delle più tradizionali ed inquietanti leggende popolari.
Dirò poi di 1408 che mi è piaciuto, pur lasciandomi con ancora un po’ di sete al termine: stavolta, ed è raro, il film con John Cusack e Morgan Freeman che ne è stato tratto ha saputo a suo tempo catturarmi di più. Ora me lo rivedrei per appurare se l’interesse rimane. Annoto anche, qui, che Freeman comincio ad utilizzarlo come modello per diversi altri personaggi dell’autore i quali, pur chiaramente descritti e caratterizzati, li immagino incarnati alla perfezione da quest’attore e nessun altro. Arriverò anzi ad ipotizzare che Freeman non esista affatto: credo sia un’invenzione letteraria di King, tanto è confacente ad una certa personalità che ricorre nei suoi libri. Perdonami, Morgan; essere un “personaggio” non è un di meno ma un di più!
L’unico intruso, a mio parere, nel novero di TEF? Le piccole sorelle di Eluria. Si tratta di un estratto da uno dei romanzi della serie La torre nera, la sua saga fantasy di buon successo ma della quale, schifando il fantasy, mi sono sempre disinteressata. Proprio non ce lo vedo dentro, ma forse il difetto è mio che non conosco il tema specifico.

La raccolta letta in precedenza, Scheletri, risale all’85 e l’ho trovata di qualità molto più altalenante.
Oltre al primo racconto, La nebbia (del quale io e l’Arrotino abbiamo visto, con diletto, la trasposizione cinematografica di Frank Darabont dallo spettacolare finale) segnalo tra i meglio riusciti: La scimmia, Il viaggio, L’uomo che non voleva stringere la mano. Di un’altra categoria sono La nonna, La ballata della pallottola flessibile e l’ultimo del volume, Il braccio: potenti e intriganti.
Tra questi ed i (diversi) restanti altri, sta in bilico il word processor degli dèi: idea semplice ma di notevole portata, che sarebbe stata meritoria di uno sviluppo ed un respiro ben più ampi. Così com’è, risulta troppo rapida, compressa, asfittica.

Ma, per quanto tra alti e bassi, il vero tallone d’Achille di King non è la produzione breve, quanto piuttosto la… semibreve, quella che non è riuscita a stare né da un lato né dall’altro della frontiera ed ha sbattuto gli ammennicoli restandoci a cavallo, nel mezzo.
È il caso di L’occhio del male. Un romanzo, o almeno tale avrebbe voluto essere, che manca nettamente del fiato necessario.
Essere un romanzo o essere un racconto non dipende, del resto, dalla lunghezza di un testo. Il succitato La nebbia per esempio è per me un romanzo breve, non ripeto per la lunghezza relativa rispetto alle altre storie né tantomeno perché diviso in capitoli, ma per via della densità specifica che si porta appresso.
L’occhio del male è al contrario un racconto mascherato da romanzo. Godibile, sia chiaro, divertente e ben calibrato, ma persino troppo dilatato.
Il vero romanzo kinghiano è altro – come Duma Key, anno 2008, appena terminato. Ma non ne parlerò adesso, perché voglio tornare sui racconti. King a parte, ho dei nomi da fare.

Il nome di Lucia Berlin, innanzitutto.
Che è maestra nel redigere una versione letteraria, fittizia in modo palese ma non artefatto, di molte sue vicissitudini; i suoi ingaggi come donna delle pulizie, le sue suore, i suoi uomini e le sue droghe.
Non ho terminato La donna che scriveva racconti. Dire che questi ultimi siano tutti uguali è naturalmente improprio e inelegante, ma sono, questo sì, tutte perle di un’unica collana che si sostiene ed impreziosisce di ciascuno di essi. Un romanzo-di vita in forma, perfetta, di racconti concatenati.
Abili e attraenti, eppure presto anche stancanti come un parente troppo familiare e monotono in visita.
Simili per impostazione, anche se con qualche variazione in più, sono le descrizioni delle vite sfiancate di donne più o meno alla deriva che Mary Miller ha inserito in Happy Hour. Anche di queste ho operato un’impietosa selezione, a sentimento.
Meno ancora ho letto delle biografie fittizie ne Gli aspetti irrilevanti di Paolo Sorrentino, libro che occhieggiavo da molto e che mi ha garantito un certo piacere sensoriale (tutte le pagine sono patinate), ma non altro. L’idea c’è, la mano anche – ludica e cinica -, non vale però la pena investirci del tempo. Un assaggio basta.

Ben diverso il mio giudizio dei brevi, brevissimi, spesso micro-racconti de La pazienza dei bufali sotto la pioggia di David Thomas. Molti dei quali sono piccole perle, sorsi d’acqua fresca che ti inducono a volerne bere ancora, uno dopo l’altro. Un autore vivace, acuto, brillante.

Cito infine un autore italiano: l’amato Dino Buzzati, con l’ultima sua raccolta di racconti di poco precedente la morte, Le notti difficili. Belli, sofferenti e sofferti, pervasi da una palpabile ma lucida malinconia; del resto gli era noto l’approssimarsi del fine corsa. Tra i suoi migliori in assoluto, Plenilunio, struggente e rievocativo. Adatto al clima di questo periodo.

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10 pensieri riguardo “Diario di lettura .11: Tra romanzo e racconto

    1. Con King diventa anche difficile scegliere, considerata la vastità della produzione.
      Buzzati grazie al mio compagno l’ho preso in mano dopo tanto rimandare. Mi piace come uomo oltre che come narratore, e del resto dal secondo traspare chiaramente il primo.

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      1. Celia, per quanto mi riguarda ho visto molti film tratti da suoi libri.. e come conseguenza ho cominciato ad avere paura di leggerlo perchè mi dicevo. Se La zona morta è già di per sè un capolavoro come film, direi immenso.. chissà che roba mastodontica deve essere il libro. Citando Zero Calcare mi dicevo: devo trovare la sera che me pija bene per leggerlo. Mi sa che non bisogna aspettare piu’ tanto. Considerando che ha una produzione sterminata, andro’ un po’ a naso, nella scelta, è probabile comunque che la zona morta sarà il primo.

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        1. Ah, ma allora devi essere stato anche fortunato 😉
          Perché tolti appunto La zona morta e Christine, e oh, certo, i due Carrie e Pet Sematary, in genere i film tratti da King non sono, ehm, esattamente brillanti.
          Ad un neofita che non si preoccupi della stazza di un libro (in realtà ce ne sono di più lunghi) consiglierei anche, per cogliere il carattere dell’autore, Cose preziose.
          Zerocalcare, come pure l’Arrotino (il mio compagno di vita e di merende), direbbero che tte pijia.

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  1. Sai che non devi dare molto peso alle mie parole, ma vale sempre la pena, per me, di dirle: fai venire voglia di leggere, e anche di scrivere. Mi stupisce la tua forma critica così netta e ordinatrice, sebbene sempre segnata, e protetta, da un’impronta personale. Ovviamente non entro nella materia, essendone completamente digiuno. Solo di Buzzati conosco qualcosina: qualche racconto che non so se definire fantasy (forse meglio di no, visto che il genere non ti va). Era un autore amatissimo dalla mia insegnante di lettura espressiva. Lei stessa amava scrivere racconti di quel genere, spesso proiettati in un aldilà onirico e straniato.

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    1. Beh, forse non dovrei dargli molto peso come dici, ma le tue parole per me contano e le apprezzo. Mi fanno davvero piacere ❤
      Incredibile poi quante cose tu riesca a leggere in un post senza pretese come questo.

      Il fantastico graziaddio va ben oltre elfi e cavalieri, ma nello specifico di King, pur non così tradizionale e schematico, non ho "subodorato" nulla che mi attraesse.

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  2. Quando leggo questi post mi sento sempre molto ignorante, per la profonda conoscenza dimostrata e la precisione dei giudizi e delle varie disamine degli autori e dei loro libri.
    Complimenti! Buona serata.

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  3. Di Stephen King non ho letto tutto, data anche l’enormità della sua produzione: tra quello che ho letto, ci sono cose che mi sono piaciute moltissimo e altre che non mi sono piaciute per niente. Nemmeno io ho terminato i racconti di Lucia Berlin: belli, sì, mi sono piaciuti, ma hai ragione, un po’ tutti uguali. Dino Buzzati lo leggevo da ragazza, un autore meraviglioso

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  4. It è un capolavoro anche se un po’ prolisso; a me sono piaciuti molto Cose preziose, The Dome, Shining, Misery… tra le raccolte, come non ricordare Stagioni diverse, della quale fa parte il celeberrimo The body. Mi piacciono molto alcune caratteristiche che accomunano parecchie sue opere, e cioè l’ambientazione in una cittadina, i bambini etc. Alla fine dall’insieme della sua produzione traspira una una visione del mondo che magari non è la mia, (la lotta del Bene contro il Male, la purezza dell’infanzia etc) ma che ha un forte potere suggestivo

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