Brava perché lo fu, in una misura ed un modo purtroppo poco indagati.
Maledetta perché, al pari della sua Junta, protagonista ed eroina tragica del primo film (se non ricordo male) da lei diretto – ossia Bella e maledetta – fu insensatamente osteggiata e danneggiata fino all’ultimo.
Sto parlando di Leni Riefenstahl, la cosiddetta “regista del Führer” – titolo attribuitole inopinatamente e che condensa tutto il carico dell’astio nei suoi confronti.

Dopo essermi vista il titanico Olympia, ho letto la sua autobiografia edita da Bompiani con la prefazione di Enrico Ghezzi, Stretta nel tempo: Storia della mia vita. E si tratta, come lei stessa conclude, d’un libro “non felice”. E’ vero che la sua vita dal dopoguerra felice non è stata. Eppure il ritratto che emerge dalle pagine è quello di una donna che mai si è fermata, quali che fossero gli ostacoli. Con una risolutezza forse frutto dell’istinto di sopravvivenza non meno che del carattere, se più volte ha ceduto alla tentazione di desiderar la morte.
In questo come in tutto ciò che la riguarda eccetto il suo lavoro (di ballerina ed attrice prima che di regista, e poi di fotografa) rimane sempre parca di approfondimento. La sua scrittura (sempre che sia davvero stata lei a battere i tasti, ma l’apparenza lo fa pensare) è assai grezza, ma vale ad esprimere con la forza e la nettezza che la contraddistinguono la sua persona.
E cosa fondamentale – anche se non la principale: la principale è calcare la scena del mondo una volta di più – non tenta mai di giustificarsi, né di spiegare le proprie impressioni, valutazioni, scelte. Negando al grande pubblico ciò che desiderava senza averne diritto: un mea culpa o, tutt’al più, una excusatio. Di Hitler dice d’esserne stata affascinata senza tuttavia mai capire fino in fondo in che termini, ed anche di essere stata, soprattutto, da lui ammirata. Ne racconta tratti che appaiono, anche senza senno di poi, chiaramente malati, ma dichiara altresì di non avere che soltanto sfiorato il mistero di turpitudine che nascondeva.
E questo è più o meno quanto, piaccia o no.
Dopo una vita di tormenti a causa di un’adesione politica mai avvenuta, e di un prestare il fianco al regime pretestuoso, io non avrei saputo fare di meglio.



Certo è che sarebbe stato bello, per lei e per noi, se travagli ed acciacchi dovuti ad un certo tipo di vita attiva ed all’alzarsi dell’età non le avessero impedito di portare a termine, prolungare ad approfondire interessi e lavori meno noti, quali i reportage fotografici sull’Africa (ed in particolare sui suoi amati nuba) e le immersioni subacquee.





Nelle puntate precedenti:
> Novecento .1: Il fascismo, macchina imperfetta
> Novecento .2: L’Ur-Fascismo di Eco
> Novecento .3: Casapound Italia, di Elia Rosati
> Novecento .4: I ragazzi del Reich, di Dennis Gansel
> Novecento .5: Avene selvatiche, di Alessandro Preiser
> Novecento .6: Le altissime torri, di William Langewiesche
Un pensiero riguardo “Novecento .7: Brava e maledetta”