La politica del grimaldello

Lo schieramento conservatore deve fissare qualche paletto nel programma elettorale su eutanasia, aborto, gender perché a sinistra promettono battaglia.
E Marco Cappato insegna: nel vuoto della politica, si ricorre alle compiacenti aule di tribunale.

di Francesco Borgonovo

Da: La Verità 5 agosto 2022

Appare sem­pre più evidente che le grandi sfi­de del prossimo futuro -filosofiche prima che ideologiche – si combatteran­no sul terreno della biopolitica.
Il Covid e il modo in cui è stato gestito ci hanno dimo­strato che la linea del fronte è incisa nella carne: il possesso del corpo, il suo eventuale potenziamento, la sua salute o, al contrario, il suo deperimento saranno i campi in cui il potere si manifesterà con più chiarezza e più invadenza. Ci sarà da combattere per stabilire a chi appartenga­no le nostre membra: a noi, al­lo Stato, a qualche azienda transnazionale?

Ieri, su Repubblica, Luigi Manconi si è misurato con il caso di Elena, la donna che si è fatta accompagnare da Marco Cappato in Svizzera per poter usufruire del suicidio assistito.
Secondo Manconi, in casi come questo «siamo ancora prima di ogni questione di etica pubblica e di teologia mora­le: siamo nello spazio indicibile della più nuda soggettività, dove l’individuo è solo con sé stesso e non può essere altri­menti». È una riflessione pro­fonda e suggestiva, ma solo in piccola parte condivisibi­le. È vero che ciascuno di noi affronta il dolore, la morte e la paura in maniera del tutto pe­culiare e che per lo più spetta al singolo relazionarsi con gli angoscianti interrogativi che queste zone in ombra dell’esi­stenza pongono. Ma è anche vero che la gestione del dolore, della morte e della nascita è problematica per tutta la col­lettività, e in molti casi richie­de risposte comunitarie.
Ri­sposte che, in un modo o nell’altro, arrivano.

È la comunità a decidere se rendere lecito il suicidio assi­stito o l’eutanasia. È la comu­nità a stabilire fin dove ci si debba spingere nella difesa della vita. È sempre la comunità a fissare i limiti entro i quali si possono modificare o viola­re i corpi. Se la comunità non interviene dotandosi di un sistema di valori forte e resisten­te, ecco che subentrano altre forze: le case farmaceutiche, i tribunali, le strutture sanitarie, i ministeri, le associazioni eccetera.
La vicenda di Cappato, in questo senso, è emble­matica: nel vuoto dei valori, non restano che le aule di giustizia, a cui non a caso il radicale in cerca di visibilità  si rivolge con insistenza, tentando di forzare quel poco che resta del sostrato tradizionale.

Bisogna essere consapevoli del fatto che provocazioni di questo genere, negli anni a venire, andranno ad aumentare. I limiti saranno costantemen­te sottoposti a pressione da parte di soggetti più o meno istituzionali intenzionati ap­punto a sgretolare persino le rovine della comunità per im­porre l’apparente libertà del caos.

Ci saranno uomini e donne che pretenderanno di togliersi la vita con l’aiuto di professionisti.
Ci saranno minorenni che dichiareranno di essere intenzionati a cambiare sesso.
Ci saranno attiviste che pretenderanno di estendere ulte­riormente il presunto diritto all’aborto.
E queste sono sol­tanto alcune delle infinite istanze possibili: a stretto giro, si dovrà discutere ancora di utero in affitto, di fecondazio­ne artificiale, persino – in un domani non troppo lontano – di editing genetico sui nascitu­ri.

Fino ad oggi, la politica ita­liana ha confinato tutte queste faccende in una gabbietta stretta e un po’ maleodorante: qualcuno ha stabilito che questi fossero «temi etici» e che se ne dovessero occupare i cattolici (i quali, in realtà, lo fanno sempre meno) e i radicali op­pure qualche gruppo di mili­tanti sciamannati. Adesso, però le sbarre della gabbietta sono esplose, e ciò che era stato messo da parte ritorna prepo­tentemente sulla scena, anche grazie alle innovazioni tecno­logiche.
Siamo, in buona so­stanza, a un punto di svolta, e saranno le scelte che la politi­ca compirà da qui a due, tre anni a stabilire la portata della rivoluzione antropologica che ci investirà. Sarebbe dunque molto utile sapere dai partiti quali siano le loro posizioni in materia di biopolitica.
Cioè, per essere più chiari, su aborto, fine vita, suicidio assistito, cambia­mento di genere. Gli schiera­menti che si definiscono con­servatori o sovranisti, fino a che punto vorranno conserva­re la vita e fino a che punto di­fenderanno la sovranità sul corpo?

Cosa pensino a sinistra lo sappiamo fin troppo bene.
Con la scusa della libertà e dei diritti i progressisti puntano a estendere il proprio potere sui corpi. Illudono le persone, di­cono che garantiranno a tutti la scelta, ma nel contempo stanno creando un sistema che tutela i corpi solo per ga­rantirne l’efficienza: quando smettono di funzionare o quando rappresentano un im­pedimento, ecco che possono essere cancellati, eliminati, rottamati, smontati.
Di fronte a tutto questo, che hanno da dire le destre? In passato ab­biamo sentito tante belle paro­le, e tante promesse tonanti. Poi però, alla prova dei fatti, sì avverte sempre una bella dose di timore. Viene da pensare che conservatori e sovranisti, per non sfigurare in società, siano disposti a lasciare da parte le questioni etiche, ri­spetto alle quali hanno troppo spesso poche idee e confuse.

Sappiamo che da sinistra daranno battaglia. Cappato ha già iniziato con prepotenza, anche approfittando della cri­si politica. Che farà chi aspira a governare la nazione quando sarà chiamato a discutere di eutanasia? Sceglierà di legife­rare sul tema? Oppure lascerà tutto così com’è? Intendiamo­ci: anche scegliere di non pro­durre un testo di legge è un atto politico. Ma, appunto, sarebbe bene sapere prima che cosa ci si debba attendere.

Come risponderà un eventuale governo conservatore a chi vorrebbe proibire l’obiezione dì coscienza sull’aborto o a chi ritiene che le associazioni pro-vita non debbano avere accesso agli ospedali? Come si regoleranno le destre sulle questioni gender, e come pensano di gestire la propa­ganda che ormai invade il si­stema scolastico a ogni livel­lo?

Si tratta di argomenti capi­tali, di confronti che atterri­scono ma che sono ineludibili. Non si tratta di sciogliere nodi impossibili da sciogliere o di pronunciare una parola defi­nitiva, sarebbe sufficiente fis­sare qualche paletto. In fondo, non è nemmeno troppo com­plicato. Basta rispondere a una domanda: fino a che punto siete disposti a difendere la vi­ta? E a difendere la differenza di natura tra un uomo e una donna?

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5 pensieri riguardo “La politica del grimaldello

  1. Ti capisco perfettamente, piacerebbe anche a me conoscere le posizioni su questi e altri argomenti che per me contano, ma il problema è che il tempo della campagna elettorale è pochissimo, e comunque queste persone (tutte, nessuno escluso) sono capaci di dire una cosa adesso e di farne un’altra quando saranno stati eletti.

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  2. Molto interessante, c’è molto su cui riflettere. Sui temi ho le idee abbastanza chiare, cosa che non era quando ero giovane. Con l’età ho imparato a ricevere gli stimoli esterni e poi passarli al setaccio della mia mente e del mio cuore. Ciò che resta è la mia posizione rispetto a quell’idea. Tutto più semplice, pulito, saldo.

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