Sul mare .11: Romanzo di un naufragio

L’autore la prende larga, parte da lontano: dal 1900, anno in cui tale Albert Ballin inventò l’idea stessa di crociera. Pochi anni dopo, il primo capitano a condurne una fece naufragio cozzando con la prua contro le coste della Giamaica (ottima inaugurazione!).
Ripercorre brevemente anche la famigerata traversata del Titanic, che nonostante sia stata narrata e rinarrata centinaia di volte, ha qui senso introdurre dal momento che la Concordia andò a fondo esattamente un secolo dopo: 1912 > 2012; superando per altro il record di nave passeggeri più imponente mai naufragata.
Segue un cenno alla storia croceristica, che non ci esonera dal Berlusconi chitarrista, dal Confalonieri pianista e – ahimè, accostamento doloroso – dal De Andrè di bordo.

A una persona superstiziosa dovrebbero bastare le abbondanti controindicazioni fornite dall’aneddottica per risolversi ad evitare le crociere, nel caso della Concordia oltre alla già citata coincidenza di date (che Schettino, nel librone inchiesta Verità sommerse scritto insieme a Vittoriana Abate, quantifica in modo più preciso: 99 anni e 9 mesi dopo, e provate a ribaltarlo… fa 666) va tenuto conto anche del varo non esattamente esaltante: con la bottiglia che non si ruppe sulla fiancata.
Io che superstiziosa non sono, devo “accontentarmi” di ben altre informazioni preoccupanti, più di queste, per convincermi che questa fissa della crociera è troppo rischiosa, e può facilmente condurre alla… fossa: per cominciare, il fatto che uno degli indiani / pakistani reclutati come cuochi di bordo (chiamiamoli cuochi, ma spesso sono più schiavi incastrati in singole mansioni: come Russell Rebello aka Macedonia man, mitico inserviente che ha fatto la differenza tra la vita e la morte per diversi passeggeri spaesati, prima di lasciarci lui stesso le penne) avesse preso servizio sulla nave (in turni da 12 ore) soltanto un giorno prima della partenza effettiva, in seguito ad un corso di formazione tenutosi dall’altra parte del mondo.
Altrettanto precaria e superficiale dev’essere la formazione di hostess / steward, camerieri, e financo ufficiali, se:
in assenza della più basilare informazione su quanto stava accadendo (e qualcosa stava accadendo, era chiaro, dopo lo scontro con le Scole, l’inclinazione della nave ed i piatti che volavano da tavoli e rastrelliere) i passeggeri han dovuto rivolgersi ai parenti i quali, a loro volta, hanno per primi avvertito carabinieri e polizia, molto prima che l’emergenza fosse nota alle autorità in via ufficiale;
le hostess si sono permesse di urlare contro gli stessi passeggeri che chiedevano notizie, spingendoli (e questo non potrebbe mai essere sufficientemente sanzionato) a rientrare nelle proprie cabine e rinchiudervisi;
durante una crociera finita anch’essa male (non ricordo quale) un uomo ricoverato in infermeria fu lasciato a se stesso, inebetito dai farmaci, e si salvò per miracolo perché si svegliò da solo quando tutti gli altri erano già evacuati dalla nave, mentre sulla Concordia un uomo in carrozzina si ritrovò ugualmente abbandonato lungo un corridoio: nessun piano specifico per il recupero dei disabili presenti? O forse chissà, il piano di evacuazione c’era, ma chi di dovere (vedi in primis hostess e steward) se ne è fregato. Del resto già all’epoca del Titanic (fu in seguito a quel naufragio che invalse nella pratica marittima l’abitudine e poi la regola di dare salvezza sulle scialuppe “prima (al)le donne e (a)i bambini”) molta gente non aveva le idee chiare: questa precisa indicazione fu intesa dal personale di bordo come un “solo le donne e i bambini”, come se gli uomini non contassero o potessero attendere di salire fino all’ultimissimo secondo, e venne loro impedito di mettersi in salvo (spoiler: no, non potevano, e infatti anche a causa di questa sciagurata politica morirono molti più di quanto fosse inevitabile).

In sintesi: la gente è stupida.
Schettino, nella descrizione che ne dà Trincia, appare più stupido che instupidito dalle scioccanti circostanze e dal loro rapidissimo mutare (eppure, con la notevole e pesante eccezione del giudizio di Palombo, suo tutor negli anni della formazione, il “top master” gode fino all’ultimo fama di capitano capace, professionale e benvoluto. Uno che dopo la tragedia presenzia ad un master qualificandosi come esperto di situazioni di crisi, o è un martire infangato dai media ma con una coscienza saldissima, oppure è davvero quel mezzo uomo, narciso e incline alla menzogna per non sfigurare, per non soffrire l’ammissione dei propri errori, che ha condannato una nave e trentadue persone per debolezza caratteriale).
Un ufficiale sconosciuto, vista l’iniziale reticenza di Schettino ad accontentare il famigerato maitre Antonello Tievoli con un inchino personalizzato davanti al Giglio, dedicato alla madre che neppure era uscita di casa a guardare, si spinge a dire: “Te lo faccio fare io l’inchino”.
Ferrarini, dell’unità di crisi Costa, spinge Schettino a ritardare l’allarme e a minimizzare la portata del problema (riducendolo ad un semplice blackout) nel tentativo di pagare il meno possibile l’uscita dei rimorchiatori. Degli sforzi per ridurre altrettanto i risarcimenti dovuti dall’azienda ai sopravvissuti non voglio neppure parlare.
Ma ce n’è appunto anche per le persone comuni. Giovanni Iaccarino, primo ufficiale di coperta, dichiara: “Non ho visto scene di umana bellezza tra i passeggeri, sinceramente”.
Nota di demerito per l’autore: raccontando le vite di alcuni superstiti parla di “brutto male” (sul serio?), e definisce “trascinarsi con pigrizia tra un impegno e l’altro” l’arrancare di un padre di famiglia depresso nel tentativo di non lasciar crollare proprio tutto (pigrizia? Di pigrizia vedo solo la sua, nell’usare parole inadeguate per una cosa tanto rilevante).

Ciò che mi manca, soprattutto, per capire: i video dei passeggeri e le carte processuali (ancora non ho compreso, per le maggiori vicende di cronaca, da quali fonti recuperare agilmente simili documenti).
Ciò che mi ha colpito, negativamente (purtroppo non per la prima volta), in modo particolare: quando è stato evidente che la manovra approntata per l’inchino non stava andando come doveva – a proposito: del timoniere Rusli Bin che non sa distinguere la destra dalla sinistra nessuno ha orrore? -, è emerso dalla ricostruzione che senza elettricità questi colossi sono impotenti (il timone non ha un sistema analogico sostitutivo e diventa ingovernabile, bloccato come un volante portato allo scatto, le porte delle cabine funzionano solo con la scheda elettronica…): puah!

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12 pensieri riguardo “Sul mare .11: Romanzo di un naufragio

  1. Mai farò una crociera, ma adesso so che ancor più mai lo farò!
    In ufficio da me si fanno con regolarità le “prove antincendio”, la cui qualità ti lascio immaginare. Responsabile della sicurezza è stata nominata una ragazza con un tono di voce assente, manco un pipistrello la sentirebbe, e lei ha il compito di radunare i colleghi durante l’emergenza, quando cioè tutti strillano e c’è il fuoco che fa rumore. Durante l’ultima esercitazione chi doveva contare i colleghi usciti non si trovava, poi l’hanno visto a chiacchierare per affari suoi, dimentico di tutto.
    Ecco, è così che mi immagino il personale specializzato di qualsiasi istituzione italiana, tipo le crociere, che conta sul fatto che tanto va sempre tutto bene, così che quando poi niente va bene poi tutti cadono dal pero e gridano “fatalità”. No, fatalità è quando non potevi farci niente, quello si chiama “omicidio colposo”.
    Le navi con il timone che va a corrente mi sembra un chiaro segno che nessuno dovrebbe mai andare in crociera, visto che sono “bare natanti”…
    P.S.
    «In sintesi: la gente è stupida.» 92 minuti di applausi! ^_^

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    1. Di recente abbiamo fatto anche noi una prova antincendio (un pregio uno ce l’ha avuto: non era stata annunciata, com’è giusto). La cosa divertente (?) è che di recente abbiamo scoperto una porta antipanico che si apre… su un rettangolo striminzito di ingresso, oltre il quale un vecchio portone di legno struscia a fatica sul pavimento anch’esso datato, di marmo mi pare, mai toccato perché di valore storico (?). Una posizione ideale!

      Sulla limpida distinzione tra fatalità e negligenza dura e pura non potresti trovarmi più d’accordo. Sono così intransigente su questa cosa da sembrare giustizialista (e oh, se lo sono me ne vanto, dunque bene così).
      Ti giuro che a proposito dell’impossibilità di passare all’analogico con la strumentazione, anche la più rilevante, son rimasta di sasso. Non per fare quella che va sempre a carbonella, ma se cè un guasto grave vuoi non poter guidare una bestia simile almeno “a mano”, anche se siamo tutti d’accordo che la tecnologia è meravigliosa bla bla? No, non vuoi. Poi ci danno dei luddisti…

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      1. Molti entusiasti scambiano la tecnologia per una divinità, di cui non si può parlar male: è solo uno strumento, e come tale dev’essere utile e soprattutto sostituibile.
        In un mio vecchio ufficio le porte si aprivano solo a corrente, ma per fortuna quando c’è stato un guasto e non c’era corrente è uscita fuori una “maniglia d’emergenza” con cui poterle aprire a mano. Anche perché in caso contrario c’erano gli estremi per un sequestro di persona!
        E possibile che nel caso di una nave con migliaia di persone, e quindi con una responsabilità enorme, ci si basi sul “tanto la corrente c’è sempre”? Possibile si sia così stupidi da non pensare ad un metodo alternativo, visto che sappiamo tutti come le cose più sono impossibili più succedono?
        Il Titanic stesso era considerato inaffondabile ed è affondato, quindi non esistono cose impossibili e quando si ha la responsabilità di tante vite bisogna pensare anche all’impensabile. Invece il capitano sta lì solo per fare il balletto e intrattenere gli ospiti come un clown. Tanto è il primo a mettersi in salvo, che gli frega?????

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        1. Guarda, al netto di qualsiasi altra considerazione il fatto che abbiano messo alla gogna Schettino e che di innumerevoli altri colpevoli non si parli mai (né li si sia perseguiti adeguatamente) mi fa mettere in dubbio molte cose – non tutte, ma molte.
          Altre figure poi, che hanno fatto molto scalpore, di fatto contano quanto il due di coppe quando a briscola comandano i bastoni (su tutte la moldava in plancia, che dà tutta l’idea di essere stata un elemento di distrazione e superficialità ed invece non ha avuto nessun ruolo nel disastro, è solo una che ha cercato attenzioni ma che non ha condizionato nulla e non s’è cagato nessuno sulla nave….).

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