Stanotte un insieme cucito in modo piuttosto coerente di vicende dal tono angosciante. quanto mi piacerebbe sapere cosa nascondono, da dove nascono, quali materiali psichici rielaborano!
Chiedo lumi ad una collega dell’ufficio personale, quella con la quale mi intendo meno bene, in merito all’ultima bolletta dell’energia elettrica ricevuta.
E’ di 161 euro e, oltre a trovarla più alta del solito, mi stupisco che anzi non si sia tenuto conto di un certo credito che vantavo sui precedenti pagamenti, calcolato in conguaglio. Vien fuori che sono stata truffata: ho sottoscritto un contratto con una nuova azienda, ignara di stare facendolo.
Ed ora mi toccherà mettermi a brigare per uscire dalla trappola: mi sento già stanca.
Poco oltre noi due che parlavamo, nel cortile sul retro della scuola elementare, un discreto gruppetto di conigli (visibilmente domestici, nani) saltellava. Abbandonati, rinselvatichiti? Decido di avvicinarmi con cautela e cercare di prenderne almeno uno, portarlo a casa in stallo in attesa di affidarlo ad un adottante.
Pochi passi, e vedo arrotolato sulla griglia della fontanella d’acqua un grosso serpente che punta il più vicino lagomorfo, dal pelo castano: mi blocco e, pur dispiaciuta, lascio che le cose facciano il loro corso. Il serpente azzanna il coniglio e lo lascia però, stolido come imbalsamato e con gli occhi vitrei, sul vicino muretto. Mentre il predatore se ne va, procedo in direzione del gruppo più nutrito. Riesco abbastanza facilmente ad afferrare e portarmi in braccio un esemplare più lento degli altri, ma subito questo si rivela piuttosto essere una faina, ed incattivita anche, che mi artiglia e mi graffia senza posa.
La mollo, scappo ma quella mi insegue.
Molte visite, molti esami strumentali. Sono ancora in ospedale trascorso non so quanto tempo, ma è molto, con me la mia collega S.
La dottoressa che ho davanti, seduta alla scrivania con camice bianco d’ordinanza, scrive qualcosa su un blocco poi – lenta e precisa – prende un coltello da cucina, si libera il seno sinistro dai vestiti e lo incide sotto e di lato. Infila la mano destra nella carne, rossa ma intatta e priva di sangue, mi mostra strutture anatomiche che ritiene debba conoscere e poi estrae con gesto aggraziato un nocciolo di pesca: lo manipola, lo gira, lo descrive; è un nodulo tumorale ed ora so com’è fatto, che consistenza ha, a cosa devo stare attenta.
L’ascensore nel quale mi trovo a un tratto si trasforma.
La luce si spegne, spariscono tasti e specchio sulla parete di fondo; poi la cabina comincia ad inclinarsi in orizzontale e noi – io ed un’altra persona che so di conoscere ma di cui non metto a fuoco l’identità – cerchiamo di adattarci ai suoi movimenti. Sappiamo, come si sanno le cose che si sanno e basta, che la cabina fa parte di un grande tesseratto, e nel momento in cui realizziamo e pensiamo questo concetto parte in sottofondo la solita Time di Hans Zimmer, con la quale aggiungo solennità a tutti i miei sogni che richiamano direttamente Nolan.
Ne esco soltanto al risveglio.




Faccio notare a tutti che è l’unica di cui sappia che sogna di essere in un film di Nolan… 😀
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Eh! Ormai è un’abitudine, almeno un paio di volte l’anno giro un nuovo episodio 😉
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Dobbiamo avere lo stesso pusher.
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Che, ti fai le rivisitazioni nolaniane anche tu?
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😁😁😁
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