Volendo approfondire la storia del crollo nel ’63 della diga Sade costruita sul torrente Vajont, una delle tante tragedie nostrane per le quali mai è stata fatta giustizia, ho preso in prestito dal circuito bibliotecario questo fumetto edito da Becco Giallo – qui la scheda.
9 ottobre 1963, confine tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Poco dopo le dieci e mezzo di sera 260 milioni di metri cubi di roccia si staccano dal Monte Toc e precipitano nel bacino artificiale della diga del Vajont, provocando un’onda gigantesca che scavalca la struttura e travolge i paesi di Erto, Frassen, San Martino, Col di Spesse, Patata, Il Cristo, Casso, Pineda, Longarone, Codissago, Castellavazzo, Villanuova, Pirago, Faè e Rivalta.
I morti sono quasi duemila, pochissimi i feriti. A 50 anni di distanza, la ricostruzione di una delle tragedie più annunciate e denunciate della storia italiana: il genocidio di un’intera comunità, provocato dalla mano criminale di una classe industriale senza scrupoli e da uno Stato incapace di difendere il territorio e i suoi cittadini.
Potrei anche fermarmi qui: i fatti sono, andando al sodo, questi.
Vi dico solo che Niccolini ha collaborato con Paolini in diverse opere, oltre alla versione televisiva della sua “orazione civile”, per Becco Giallo ha pubblicato anche un fumetto dedicato a Mattei – la casa editrice è specializzata in soggetti di impegno civile.
questa Storia di una diga, da lui scritta e disegnata da Duccio Boscoli, brilla per linearità e semplicità: si legge in un paio d’ore, forse nemmeno, ma richiama in bell’ordine scelte e nomi dei coinvolti. Mi pare un buon punto di partenza per scoprire una pagina così nera della nostra storia comune, consiglierei anche, per chi volesse, di leggere anzitutto la cronologia in fondo al volume. Eccone un estratto:
1940 – La Società Adriatica di Elettricità chiede il permesso di costruire (…)
1948 – Il prof. Giorgio Dal Piaz firma una relazione dove afferma che la zona prescelta per costruire la diga presenta roccia compatta: in realtà è la copia della relazione del ’40 [nuove, relazioni, aggiornate e veritiere, verranno formulate ma mai accolte e consegnate al Ministero; N.d.A.].
1957 – Pur senza aver ancora ricevuto alcun permesso dal Ministero dei Lavori Pubblici, a inizio anno la SADE comincerà i lavori: l’autorizzazione arriverà, “in via provvisoria”, il 15 luglio [simili procedure irregolari, che forzano gli enti ad accordare beneplaciti per attività già in corso, si ripeteranno; N.d.A.].
1962 – L’Istituto di Idraulica di Padova completa un esperimento su un modello di frana [che però prevede due crolli separati, e soprattutto di ghiaia e non di roccia compatta: ne avverrà uno solo, un intero blocco di roccia non friabile; N.d.A.].
1969 / 1971 – Sentenze di primo grado e di Cassazione: [degli 11 imputati due muoiono in incidenti ed un terzo si suicida; degli 8 restanti solo due vengono condannati: Biadene, ingegnere capo della SADE, si è fatto meno di due anni di galera, Sensidoni, ingegnere capo del Servizio Dighe del Ministero, pochi mesi].


Vi segnalo una bella pagina del Corriere delle Alpi, che riporta gli articoli dell’epoca della giornalista Tina Merlin, unica voce a denunciare gli abusi:
Articoli precedenti:
In montagna .1: I fantasmi di pietra, di Mauro Corona
Io l’ho letto in un’ora. Non è pesante come qualcuno potrebbe pensare. Una volta che si comincia a leggere non si riesce più a staccarsene.
Per tutti quelli che “dimenticano” sempre com’è l’Italia e cosa vuol dire vivere in uno Stato. L’Italia è questa. E lo Stato è il più grande assassino impunito di sempre, la fa quasi sempre franca. Eppure c’è gente che ancora va a votare…
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Lo Stato è il più grande assassino impunito di sempre, impossibile darti torto.
E non importa se lo “stato” è fatto di individui: se quelli ne escono senza un graffio è anche perché si appoggiano a, e si avvalgono di, una struttura compiacente, deresponsabilizzante, mafiosa senza averne l’apparenza.
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Grazie per la segnalazione. La parola “Toc” in dialetto friulano significa “Marcio”. I toponimi locali parlano, ma nessuno li ascolta. Noi in Trentino abbiamo avuto Stava negli anni 80. Mai trentini vogliono dimenticare, perché è più comodo. La coscienza sporca ce l’avevano in troppi.
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Vero.
Non conosco, per l’appunto, “Stava”: è il nome di un monte, di un fiume, di un’azienda…?
Forse una mia amica ne può saper qualcosa.
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https://www.linkedin.com/pulse/la-tragedia-di-stava-massimiliano-comai trentini sono bravissimi a non parlare di cose scomode; per il turismo e per la facciata questo ed altro. Ma chi in Val di Stava ci abita e ha perso i suoi cari, li piange ancora. E non smetterà certo perché qualcuno preferisce dimenticare. https://www.linkedin.com/pulse/la-tragedia-di-stava-massimiliano-comai
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Grazie, ho salvato la pagina e seguito Comai.
Leggo anche di altre due località in cui è accaduto qualcosa di simile… per citare una tagline molto in voga, “nessuno è al sicuro”.
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Vedi, c’è un motivo se io ho smesso di lavorare per le istituzioni; ed è un motivo serio, anche se non ne posso parlare. Io voglio dormire con la coscienza pulita, la notte. E potermi guardare allo specchio di giorno.
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Sì, lo capisco perfettamente.
Lavorando, pur in un ruolo piccino piccino, nella PA vedo cose che già conoscevo, da utente, e con cui cerco in tutti i modi di non incrociare la strada.
Impossibile non capire, non sapere, almeno in una certa misura; ma tra le ragioni per cui son felice di essere portinaia e non dirigente (ma neppure impiegata, figuriamoci) c’è proprio quella che tu citi.
Ho detto chiaramente questa settimana di non voler figurare come addetta alla sicurezza: non sarei mai soddisfatta, litigherei con i responsabili dopo due giorni e mi farei un dovere (lo è), una malattia (dovrebbe essere un onore) di migliorare le cose oltreché ottemperare alle verifiche minime. La vivrei male e partirebbero (inutili) denunce – ho un paio di casi in mente, per cominciare.
Forse andrei in televisione, l’unico tribunale ad essere, talvolta, ascoltato; poi non cambierebbe nulla, e tornerei al mio posto più sofferente di prima.
Certo, se mi trovassi di fronte ad un fatto grave non lo ignorerei, non potrei. Ma proprio per la mia natura non voglio aggiungere al puro caso alcuna facilitazione che mi porti ad esserne a conoscenza.
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p.s.: su LinkedIn, che comunque uso pochissimo, mi trovi qui: https://www.linkedin.com/in/denise-savioli-931b9a190/
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La televisione? Ti userebbero per fare un po’ di odiens, forse, non certo perché la gente si interessa veramente di casi di questo tipo. La gente guarda programmi come Report o come Le Iene solo per lavarsi un po’ la coscienza, dandosi un motivo per indignarsi del mondo in cui si lasciano vivere. Ma in realtà, a nessuno interessa veramente niente, perché siamo nel paese del vivi e lascia vivere, finché non tocca direttamente a loro subire; allora si incazzano.
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La televisione è un mezzo per raggiungere un risultato, spesso minimo ma efficace – per esempio mantenere una situazione di stallo, mettendo a rischio la reputazione dell’avversario.
Certo non si può pensare di vincere la partita, ma la si può usare a propria volta.
Mi è già capitato di consigliare ad un utente di rivolgersi a Mario Giordano: più che di smuovere le coscienze, un programma come il suo ha il potere di disturbare il ruolino di marcia dei (pre)potenti; facendoti guadagnare tempo e posizioni. Significa giocare al loro gioco.
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Io ho imparato una cosa in quasi vent’anni di lavoro all’interno del meccanismo; non puoi vincere al loro gioco usando le loro regole. Non funziona; si limitano a illuderti che funziona e a usarti, spesso senza che tu te ne accorga, ma non avrai mai dei risultati apprezzabili. L’unico modo per batterli è uscire dal sistema e costruire un nuovo gioco, più degno, più pulito e che ti faccia sentire una persona, un essere umano vivo e libero. Non ci sono altre vie. E’ molto scomodo, molto difficile e molto più complicato che illudersi che nel sistema c’è chi ti può aiutare, ma è ciò che, a mio parere, adesso va fatto. E le conseguenze sono che occorre ignorarli il più possibile e concentrarsi su qualcosa di meglio, per non sprecare energie. Ti faccio un esempio: guarda a quanti hanno fatto causa per quello che è accaduto negli ultimi tre anni e guarda quanto hanno incassato i legali, anche i più insospettabili, senza dare nessun risultato, o quasi. Solo pochi che hanno investito tutti i loro risparmi in cause legali e individualmente hanno ottenuto giustizia, ma i risarcimenti sono ridicoli a fronte di quello che stanno subendo. Tutti gli altri si sono uniti in cause comuni, hanno sborsato arricchendo gli avvocati e non hanno ottenuto nulla; e quando dico nulla, intendo dire NULLA. Ed ovviamente i soldi non li hanno più visti e mai li rivedranno. Gente che ha perso il lavoro, la casa, la famiglia. Cornuti e mazziati. Per questo ti dico che voler ottenere giustizia in un sistema marcio, pretendendola dallo stesso sistema marcio è poco saggio, quantomeno. Ora, i media sono quanto di più putrido esiste oggi nel nostro paese, a tutti i livelli. I così detti programmi di controinformazione non sono reali; sono solo delle valvole di sfogo che servono per prenderci ancora una volta in giro, per illuderci che c’è qualcuno che lotta per noi (e ancora, anche qui, il malsano vizio italiano di delegare le sue battaglie ad altri). Il M. Giordano di turno, come molti altri che non vengono mai censurati, mai messi al bando (se non secondo un teatrino fatto appositamente per sviare i dubbi), fanno parte del meccanismo. Ma questo la gente, soprattutto la gente in buona fede, non può saperlo. E lo sai perché ti dico questo? Perché alla fin fine continuano a fare quello che hanno sempre fatto, senza alcuna conseguenza importante. Sono lì per fare da paravento, o i paraculi, se vuoi. Altrimenti non si spiega perché non li hanno ancora silurati.
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Sai che ti dico?
Hai ragione.
Io facevo un discorso molto più circoscritto e nient’affatto possibilista sulle buone intenzioni televisive ma, comunque, andando al sodo hai ragione tu…
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NOn è che ti dico ste cose per avere ragione; è che non abbiamo molto tempo da perdere dietro a sti burattini, con tutto quel che c’è da fare altrove per cercare di crearci qualche cosa di meglio. E’ ora di lasciarli lì, nella loro feccia e guardare oltre. Tu non ci crederai, ma a me non fanno nessun effetto; non mi fanno rabbia, non mi fanno neanche pena. Oramai la mia è indifferenza. Occorre tenersi aggiornati per non fare passi falsi, per difendersi dalle ultime zampate, ma per il resto, praticamente per me non esistono. Ne parlo per quelli che ancora gli prestano fin troppa attenzione. Quella è roba marcia! Lasciamola marcire! E teniamoci lontani, che sennò si rischia di marcire pure noi. C’è di molto meglio.
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Lo so, che non vuoi aver ragione, io te la dò perché ce l’hai… e perché mi rendo conto che a dispetto di tutto sto ancora lavorando sull’accettazione del fatto che troppe cose sono sterili e morte.
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Sono sterili e morte perché siamo intrisi di una narrazione sterile e morta; ma siamo noi a fare la narrazione in cui viviamo. Dobbiamo solo lasciarea loro la loro narrazione e cominciarne una nostra. Ci vuole immaginazione, fantasia e voglia di desiderare qualcosa di immensamente migliore. Se non riusciamo nemmeno a immaginarlo, non ci arriveremo mai. Si comincia dal desiderio. Dalla capacità di avere una visione; per questo io parlo di metamorfosi e di fiabe. E’ importante reimparare a immaginare un mondo diverso. Lontano da quello che ci raccontano ogni giorno loro. Finché li ascoltiamo, il nostro cervello non ce la fa. Occorre ignorarli. E sostituirli con qualche cosa di bello, di nostro. La narrazione la facciamo noi, come piace a noi, a misura di essere umano; questo è veramente batterli con le loro stesse armi. Il gioco ce lo inventiamo noi, adesso!
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Sì.
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“Chiedi e ti sarà dato, bussa e ti sarà aperto”, disse qualcuno molto più sveglio di me. Ma il problema oggi, è che nessuno sa più nemmeno cosa chiedere, perché è troppo concentrato su quello che NON vuole. L’immaginazione va usata per imparare a chiedere cosa vogliamo. A desiderare. A creare progetti nuovi. Va spostato il paradigma, l’attenzione. Dalla feccia mediocre, al sublime. Altrimenti, se non sappiamo chiedere, non ci verrà mai dato niente, se non altre bastonate, ma è solo colpa nostra. 🙂 Fine. Perdonami, ma io so che sai capire. E non è da tutti. Quindi ho pensato fosse importante condividere la mia visione con te. Mi fermo qui.
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Beh: grazie.
Due volte, per la fiducia e per le parole vive.
Buonanotte 💜
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Grazie a te. È bello e dà fiducia scambiare riflessioni con chi sa capirle. Notte. Fai bei sogni. 🙂
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… e aggiungo che sì, anche Giordano (al di là della sua simpatia o dei singoli risultati per le singole situazioni individuali) ha il supporto della rete, e di Mediaset. I temporanei “bandi” sono funzionali alla narrazione “alternativa e scorretta”.
Nel gioco, appunto, si intrecciano più livelli.
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Certo, è così. Io non ce l’ho con i singoli. Non so nemmeno i loro nomi. Non li vedo e no li guardo da anni. Ognuno risponde alla propria coscienza, se ne hanno una. Fatti loro. Ma noi no, noi abbiamo ben altro a cui pensare!
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Pensa che io ignoravo completamente tutto, ricordo che nei Novanta (mi pare) ci fecero un film che però non ho visto, poi un giorno per puro caso mi imbatto nello spettacolo di Marco Paolini e rimango di stucco: ma davvero sono successe ‘ste cose??? E ancora permettono agli italiani di costruire opere pubbliche??? Oggi poi che è mille volte tutto più sporco rispetto all’epoca.
Non sapevo del fumetto – è una mia costante essere ignaro del Vajont! 😀 – perciò grazie della segnalazione 😉
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Ma prego: sempre al tuo servizio 😀
Il film potrebbe essere quello di Renzo Martinelli? (Ce l’ho in arrivo in biblioteca ✌️)
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Sì, quello. E pensa che quando in TV passavano i trailer mi chiedevo sempre “Ma cos’è ‘sto Vajont?” Non per scusare la mia ignoranza, ma è chiaro che non sia un argomento citato spesso in giro: prima di Paolini ignoravo completamente tutto.
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Già, io l’avevo sentito nominare ma di sfuggita, e credo infatti che il vaso di Pandora l’abbia aperto lui, almeno per il grande pubblico.
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