Cose febbraio 2023 – prima parte

Libri

Io non compro. Un anno senza acquisti: un’esperienza per riflettere sul potere del mercato – Judith Levine (2006)
Il tema continua ad interessarmi, anche se più sul fronte del minimalismo e della critica sociale che dell’ecologia e lo zero waste. In questo diario che accompagna un anno di esperimento no-super, al contempo progetto editoriale sin dall’inizio, ho trovato qualche riflessione più o meno accademica (l’autrice ha un’impostazione antropologica), qualche spunto insolito, ma per lo più nulla di particolarmente nuovo e rivitalizzante. La vera curiosità sta in un approccio che, pur nella rinuncia, si dimostra americano fino all’osso (e noi siamo soliti leggere di argomenti simili da giapponesi, o da americani che hanno alla base un sostrato culturale cristiano.

Detto ciò, cerco qualcosa di più bilanciato tra riflessione e pratica (narrata, non solo stesa come una lista di cose da fare).

Stamattina stasera troppo presto – James Baldwin (1965)
Ottima raccolta di racconti di un nero che ha vissuto, e riversato sulla pagina, l’incomprensione e l’intolleranza verso la sua razza, e soprattutto la sensazione, che l’ha consumato l’intera vita, di portare su di sé ed in sé il peso dell’onta che ancora rappresenta il nero per la società americana post-segregazione, un vero e proprio peccato originale.
Il testo che dà il titolo alla raccolta vede il protagonista, sposato con una svedese (per una verosimile finzione: nella realtà Baldwin era omosessuale, e per questo inviso alle Pantere Nere di Malcom X), con lei ed il figlio da tempo residente in Francia, accingersi a fare ritorno nella patria natale: L’Alabama.
Non li ho terminati tutti, lo stile è buono  e molto sentito ma in qualche modo, forse anzi per questo, mi pesavano o non era il momento giusto.

Oligarchi: come gli amici di Putin stanno comprando l’Italia – Iacopo Iacoboni, Gianluca Paolucci (2021)
Discretamente interessante, ma dopo i primi tre capitoli l’ho interrotto, perché per i miei gusti tende ad essere persin troppo particolareggiato nell’incrocio di nomi e nei passaggi tecnici (per esempio relativi al riciclaggio), senza diluirli in un contesto più narrativo e meno secco. Voglio tuttavia leggere ancora qualcosa sulla presenza e le attività di questi personaggi – spesso militari e spie, ex soltanto pro-forma – in Italia.

Vivere senza supermercato: storia felice di una ex consumatrice inconsapevole – Elena Tioli (2017)
Altro giro altra noia; stavolta ancor più consistente. Non dico non possa aver valore per chi scopre l’idea dell’autoproduzione e dei Gruppi di Acquisto Solidali (per esempio) per la prima volta, ma in generale ma un tono piatto, poca profondità e nessun valore aggiunto dato dalla personalità dell’autrice.

Il giorno della civetta – Leonardo Sciascia (1961)
Molto bello (e breve: si legge in una botta, comunque in una giornata).
Non è un giallo né nulla di simile, per quanto cominci con un omicidio. Il capitano Bellodi, parmense comandato in Sicilia, si fa apprezzare per la capacità di comprensione della forma mentis locale, e per il contrasto di carattere che sfrutta a favore suo e delle indagini: tuttavia, per ben giocata che sia la partita, la mafia vince sulla distanza. È lei la protagonista, ciascun altro solo un attore che ne permette la messa in scena.
Eppure, Sciascia dovette ritoccare il testo e levare molto: non volendo subire ritorsioni. Fosse stato più esplicito, avremmo forse avuto un romanzo più cronachistico e meno allegorico, ma io non me ne dispiaccio.

Potete leggere qui il commento di Manuela Mazzi.

Le assaggiatrici – Rossella Postorino (2018)
Ne ho parlato qui.

Merluzzo: storia del pesce che ha cambiato il mondo – Mark Kurlansky (1997)
Ne ho parlato qui.

È solo endometriosi – Fanny Robin (testi), MaY Fait Des Gribouillis (disegni) (2021)
Un altro Becco Giallo in stile minimo, teso tra vissuto privato e interesse pubblico, ma più azzeccato.
Finalmente! Un compendio di malattia a vignette che non delude. La differenza forse la faccio io, che sono dentro la materia (anche se non ho l’endometriosi, ma altro) e trovo più facile immedesimarmi? No, non è solo questo. Semplicemente qui c’è fluidità e coerenza, dalla diagnosi alla terapia alla vita quotidiana gli sketch sono immediati ed incisivi, dicono una cosa sola alla volta e bene, senza sconti.
Con una grande ironia, anche, che apprezzo molto perché di fronte a certe violenze io so ridere soltanto dopo aver massacrato ed ottenuto vendetta.
Bei disegni, ho cercato MaY come singola autrice in biblioteca ma non ho trovato altro, sicuramente sui social sarò più fortunata. Aggiungerei soltanto qualche nota a piè di pagina in più, proprio per sensibilizzare chi legge in maniera efficace.
Vi lascio diverse pagine tra le più significative + la prefazione di Chiara Gregori, ginecologa e sessuologa.

Film

Zeder – Pupi Avati (1981)
Un’accozzaglia raccogliticcia di buone idee, già però ampiamente sfruttate e neppure assemblate con criterio.

In the electric mist – Bertrand Tavernier (2008)
Carino, ma scommetto che il libro da cui è tratto rende molto di più: c’è un po’ di crime, un po’ di atmosfera (con tanto di spettri di soldati confederati che appaiono a gente ubriaca nella palude), ma al di là della fotografia che rende bene quest’ultima, per il resto manca una sostanza più forte che si faccia ricordare. Oh, sì, c’è pure un tanticchio di Katrina, ma solo una spruzzatina (*blink blink*).

Brothers – Jim Sheridan (2010)
Remake del già recensito film di Susanne Bier – ma decisamente più valido!


Il cast principale è composto da Natalie Portman (Grace), Jake Gyllenhaal (Tom, il fratello minore) e soprattutto, vorrei dire, Tobey Maguire (Sam, il maggiore che parte per l’Afghanistan). Soprattutto lui, perché qui è in stato di grazia e spacca: pur interpretando la parte di un uomo che ci si aspetterebbe più maturo, duro e – anche fisicamente – volitivo (mentre lui ha la faccia da bonaccione, e lì per lì ho infatti pensato che il tenebroso Jake fosse più adatto, che avrebbero dovuto avere parti inverse), di fatto ci sta dentro alla grande, e funziona sia come super-soldato che azzera l’emotività per sopravvivere sia come reduce scoppiato  con disturbo da stress post-traumatico.
A questo proposito, poi, Sheridan sviluppa e mostra in maniera chiara e comprensibile, senza comunque scivolare nello spiegone, qual è lo stato mentale di Sam; laddove la Bier era rimasta insopportabilmente ambigua.

Meglio sceneggiato, meglio recitato, e consigliato dalla premiata ditta Celia & Arrotino.

Un piccolo favore – Paul Feig (2019)
Ne ho parlato qui.

Boris (serie tv, seconda stagione) (2008)
Sempre divertente da rivedere, e stavolta per intero, non a sprazzi.
Impossibile non canticchiare la sigla in continuazione, tanto che l’Arrotino mi ha minacciata di non proseguire la visione – sono passata a Gaber.


The gift: il dono – Sam Raimi (2000)
Al netto delle ingenuità di procedura poliziesca e non solo, è un film che ho apprezzato, piuttosto teso, che la quaterna di sospetti per l’omicidio della bella figlia di un uomo potente rende abbastanza imprevedibile. Un thriller dunque, con elementi soprannaturali non invadenti – il fatto che la protagonista sia una sensitiva (che per altro, cosa per me assai curiosa, legge il futuro nelle carte Zener!), invece di banalizzare la storia e l’indagine, la riveste di riflessioni sociali – dal marito violento di una cliente che la minaccia perché sprona la donna a liberarsene allo sceriffo che, durante il processo, si imbarazza perché deve ammettere d’aver dato ascolto alle pretese paranormali della donna.
Il cast è all’altezza di una sceneggiatura misurata: la Blanchett, Hilary Swank, Reeves, J.K. Simmons, Katie Holmes in versione stronza provocante. Anche il tono generale evita gli eccessi e preferisce l’intimismo.

Cate Blanchett, ragazza acqua e sapone, prima di trasformarsi nella regina dei ghiacci
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