Le vite dell’altipiano: racconti di uomini, boschi e animali – Mario Rigoni Stern (1962-2004)
Una raccolta varia, ricca, che prende il meglio degli scritti di uno dei nostri più preziosi montanari e testimoni di guerra.

La Russia di Putin – Anna Politkovskaja (2022)
La Politkovskaja è stata uccisa, entrando così nel novero di quei dissidenti guastafeste tolti di mezzo dal potere russo. Ed il potere, in Russia, come lei stessa spiega, ha due teste: quella della criminalità mafiosa e non, e quella delle istituzioni – che non è sbagliato chiamare col vecchio nome di nomenklatura, poiché a dispetto della selvaggia evoluzione post-sovietica verso un brutale libero mercato e verso un’apparente forma di democrazia, la forma mentis e le modalità di esercizio di questo specifico potere restano strettamente staliniste.
Le alte sfere moscovite, che hanno Putin come fulcro e, in primis, i suoi ex colleghi dell’FSB (ex KGB) che s’è portato con sé, condizionano a cascata i dirigenti dell’esercito, della polizia e del sistema giudiziario, invischiati in una rete familista dalla quale ben pochi – ed a caro prezzo – riescono a sottrarsi. L’esercito in particolare offre aneddoti agghiaccianti, che non si limitano al consueto orrore contro il nemico di guerra ma, con particolare riguardo alla seconda in Cecenia, mostrano quanto disinteresse ed anzi disprezzo viga negli ufficiali nei confronti dei subordinati. Ad esso, come pure al crimine organizzato che nominalmente è combattuto mentre di fatto le stesse sezioni antimafia collaborano attivamente con esso in cambio di benefici, sono dedicate le inchieste qui raccolte.
Ne emerge una Russia che è cambiata radicalmente solo in superficie, e solo nell’orbita ipercapitalista di Mosca: la provincia, la massa di cittadini non oligarchi e non accentratori di denaro (spesso ottenuto acquisendo illegalmente e poi distruggendo il tessuto economico industriale nazionale; in una spoliazione di risorse incredibile) e di influenze, sono un’altra cosa. Sospesa in un limbo che le nega il futuro e riverbera le peggiori impostazioni sociali del secolo scorso.
Non diversamente dai cinesi, intrappolati tra la maschera di un progresso economico e la medesima, stritolante politica comunista mai finita.
Beslan, Dubrovka… cittadini russi ammazzati (lasciando morire anche coloro che sarebbero potuti essere salvati) con armi chimiche illegali, i loro parenti messi a tacere e ridicolizzati, considerati antipatriottici, inascoltati o sottoposti a processi sommari passando per imputati anziché vittime, con la connivenza dei media.
La natura russa cambia mai?

copertina del libro
Putinfobia – Giulietto Chiesa (2016)
Chiesa è stato in prima linea nel documentare le discriminazioni nei confronti delle minoranze russe nelle repubbliche ex sovietiche e ha seguito attentamente il processo che ha portato alla trasformazione dell’Ucraina da paese fratello della Federazione Russa a governo nemico.
E questo è poco ma sicuro. Peccato però che, proprio a causa di queste premesse e dei commenti positivi letti a proposito dello stesso Chiesa, mi aspettassi ben di più. Invece le tesi qui sostenute oscillano, incerte, fra uno stile generalista più adatto ad un articolo ed affondi importanti che mancano però di profondità e sviluppo, a tratti persino a rischio di retorica.
Si legge rapidamente, ma non vale la pena.
L’Olimpo di Putin: manuale del giocatore – Valerij Panjuskin (2014)
Ottimo, intrigante, spassoso ma al contempo serio come può esserlo un gioco di società che coinvolge pedine, meccanismi e conseguenze reali.
Al centro non c’è Putin, né la Russia intera, ma una porzione poco consistente eppure estremamente appariscente di popolazione che col potere è apparentata. E lo si può, davvero, leggere come un manuale di istruzioni con relativi esempi per aspiranti oligarchi, anziché come la tipica inchiesta di stampo politico.
A pochi chilometri da Mosca, nel quartiere della Rublëvka vive il Gotha della politica, della finanza e, più semplicemente, della ricchezza russa. Risiedere dietro ai muri altissimi che circondano ville più o meno sontuose è segno di appartenenza all’Olimpo. Di appartenenza al Gioco, come lo definisce l’autore. Che del Gioco studia le origini (dagli zar ai giorni nostri, passando per Lenin e la nomenklatura sovietica), osserva i partecipanti (la fauna locale: come e perché è diventata tale, come si comporta dentro e fuori la recinzione, come giustifica – o non giustifica – le proprie scelte, come trascorre le proprie giornate), cerca – e non sempre trova – le regole (non scritte, ma rigidamente attestate).
Panjuškin è abile nel mostrare la varia umanità rublëvkiana senza concedersi stilettate aperte o inutili giudizi. I fatti parlano da soli, non hanno bisogno di commenti ridondanti. E intelligente, scaltro, efficace Panjuškin lo è anche nel lasciare le figure di Putin e Medved’ev sullo sfondo: si limitano a incombere, mai fisicamente presenti, sempre citati o attesi (tanto attesi, nelle lunghe soste sul ciglio della superstrada Rublëvka), ma inesorabili nella loro potenza infinita. Sono loro gli unici veri dèi dell’Olimpo, in fondo. Oltre che i probabili inventori del Gioco. Ma questo il lettore dovrà capirlo da solo.
Vi lascio alcuni estratti dalle recensioni linkate sul sito dell’editore e/o:


È sotto l’occhio di tutti, vuoi per motivi personali, vuoi per quello che si legge sui giornali o si ascolta alla televisione, che esista una nuova classe di ricchi russi che hanno per così dire invaso l’occidente.
Dalle zone più popolari e più esclusive a quelle meno prestigiose, si manifestano con i loro modi di fare e con i loro atteggiamenti caratteristici.
Se siete interessati a capire quali siano le dinamiche che muovono questi personaggi, al perché di certi loro atteggiamenti ostentati, L’Olimpo di Putin è il libro che fa per voi.
Valerij Panjuskin è un bravissimo giornalista russo che in questo libro non vuole dirci come questa nuova generazione di oligarchi abbia preso il potere e i soldi, ma si sofferma e ci racconta come vivono, come si comportano, a quali regole non scritte devono e vogliono sottostare.

Leggere “L’olimpo di Putin” è uno spasso, è un libro fitto di ironia e sarcasmo, votato alla critica sociale, ma è anche una sorta di documentario su una specie che pare godere di ottima salute e non sembra minacciata di estinzione. I potenti. Il tono di Valerij Panjuškin è spesso canzonatorio, ma non dobbiamo cadere nell’errore di considerare un libro una semplice invettiva contro una casta. quello dello scrittore russo è un lavoro minuzioso e preciso, una raccolta di dati ed aneddoti che presumo gli abbia creato non pochi problemi.

[…] ne risulta un dossier di informazioni più curiose che incandescenti almeno a un’immediata lettura. Gli intrighi politici ed economici, le ascese e le cadute in disgrazia improvvise, restano sullo sfondo, così come Putin e Medved’ev vengono relegati in un ruolo del tutto marginale, eppure la demistificazione del «plutoteismo» della “monarchia” putiniana non potrebbe essere più tagliente: il quadro tracciato è una via di mezzo fra il grottesco e il tragico, una contaminazione fra Gogol e Cechov.
Memorie d’oltrecortina – Vladimir Vladimirovič Putin (2001)
Si tratta di un’intervista condotta da due giornaliste russe, che tocca tutti i punti salienti della vita e del pensiero dello Zar fino al primo mandato da presidente.
E’ spesso evidente l’intento elogiativo e pubblicitario dell’operazione, ciò nondimeno può essere utile ripercorrere certe tappe e certi argomenti così come lo stesso Putin sceglie di presentarli al mondo, cercando di leggere non la storia o la politica bensì la sua strategia comunicativa.
Il libro è stato pubblicato in inglese col titolo, al solito più adatto, Astonishingly frank. In Italia è stato tradotto da Carocci ma, curiosamente, se lo cercate sul sito dell’editore non risulta essere mai esistito – nonostante ancora compaia su Google il risultato della relativa pagina. Ahah.
Potete trovare dei validi commenti sul libro qui, su GoodReads.
Il porcospino – Julian Barnes (2016)
In un paese immaginario dell’Europa dell’Est si celebra un processo storico. Sul banco degli imputati c’è l’ex presidente Stoyo Petkanov. Dopo anni di censura ogni istante delle udienze andrà in diretta televisiva. Ma è chiaro da subito che si tratti di una farsa: i veri crimini di cui si è macchiato Petkanov resteranno impuniti. Il pubblico ministero Peter Solinsky, figlio di una vittima del regime, non ha la forza politica e retorica per imporsi; ed è forse costretto a inventare prove per ottenere una condanna che sa comunque di beffa. I trent’anni di esilio dell’ex presidente non solo non fanno giustizia, ma dimostrano che i metodi di Petkanov sono sopravvissuti alla sua figura, e sopravvivranno ancora per molto tempo.
Il porcospino è un’allegoria vivace, grottesca e tagliente. Grazie alle ambiguità e ai paradossi del processo a Petkanov, la penna affilata e precisa di Barnes illumina l’oscura e sottile linea di frontiera che separa il passato tetro del marxismo dal luccicante futuro capitalista.
Il modello per il paese immaginario del romanzo mi pare essere la Bulgaria di Todor Zivkov, almeno in ampia parte.
Riuscitissimo. Di sviscerare e condannare le dittature (quella comunista in particolare, per quanto riguarda l’Italia) non finiremo mai, però a sbugiardare quella mascherata da democrazia (di più: la democrazia stessa) abbiamo appena iniziato.
Di Barnes, ambientato in Unione Sovietica e con protagonista il compositore Shostakovic, segnalo anche il gioiello Il rumore del tempo.

Il coltello di Van Gogh – Taylor Smith (2009)
Un buon thriller con una discreta dose di poliziesco, di un’autrice che non conosco. L’ho pescato da una pila di libri dismessi dalle scuole bresciane e capitati sul nostro bancone.
La protagonista è un’ex poliziotta, ora battitrice libera, che accetta l’incarico – sospetto ma ben pagato, ed apparentemente regolare – di fare da corriere ad un dipinto, e consegnarlo in Messico ad un noto trafficante di armi e non solo. Il contemporaneo Koon acquistato da quest’ultimo incrocia la sua strada con un altro pezzo d’arte, ben più importante, cioè un Van Gogh trafugato da un museo.
C’è la rete familiare ed amicale che influenza gli eventi, la storia d’amore clandestina, gli accordi e gli scontri con le agenzie federali, la personalità forte-fragile della detective… elementi canonici per un giallo destinato al grande pubblico. Ma c’è anche una buona conoscenza del genere e delle procedure, degli atteggiamenti e dell’addestramento degli ambienti descritti, sia delle forze dell’ordine che criminali.
5 è il numero perfetto – Igort (2006)
Fumetto più intimistico che giallo, non male.
Peppino Lo Cicero, vecchio arnese della mala, si è ritirato e segue come una mamma chioccia (è infatti vedovo) i progressi del figlio Nino nello stesso ambiente, che però sta conoscendo grandi rivolgimenti, e in particolare il rifiuto del codice morale di un tempo.
Dopo che Nino viene ucciso, Peppino tornerà in gioco, anche se soltanto per ottenere la sua vendetta, con l’aiuto di due storici compari. Il tradimento è però ormai un’abitudine che non rispetta alcun legame né regola, e quando, ormai lontano dall’Italia per vivere la sua terza vita, leggerà su un quotidiano dell’arresto del vero colpevole della morte del figlio, i sentimenti e e le scelte di una vita perderanno anch’essi il loro valore.
Nel 2019 ne è stato tratto un film per la regia di Igor Tuveri, con Toni Servillo, Valeria Golino, Carlo Buccirosso, Iaia Forte ed Emanuele Valenti. Lo vedrò.

Alligatore: Dimmi che non vuoi morire – Igort (disegni); Massimo Carlotto (testi) (2011)
Il tono e lo sviluppo sono simili a quelli del fumetto precedente; quest’ultimo è stato creato sulla base di un soggetto di Carlotto il quale non lo considerava materiale sufficiente per un romanzo della sua serie con protagonista, appunto, l’Alligatore ed i suoi due soci, investigatori privati.
L’intreccio, che è funzionale all’atmosfera disincantata, prevede la sparizione dell’amante (un po’ folle e più sgamata di quanto la sua fissazione per Patty Pravo lasci intendere) di un riccastro, il quale assolda il trio per ritrovarla ovunque sia e riportarla da lui.
Buona l’idea di colorare in bicromia.
Tutti testi stupendi. Segno nella mia lista! Grazie Celia🌻
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E di che! Grazie a te che leggi 🙂
L’argomento Russia è scottante al momento, e forse non tutti a caldo lo tollerano. Però è un piatto molto ricco.
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Molto interessante davvero, degli Oligarchi ne ha eliminati abbastanza negli ultimi tempi poiché in disaccordo con lui. Il bello è che le morti vengono definite “insolite” o “misteriose” ma la cosa finisce lì. Sembra che il tempo non sia passato in Russia, si è rimasti ai tempi degli Zar. Buon fine settimana.
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La Russia come pochi altri luoghi ha qualcosa di eterno (mi viene in mente Venezia perché ne ho parlato giusto ieri con una collega), qualcosa che più lo cerchi più ti sfugge e s’allontana.
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Vedo che ti sei fatta una bella scorpacciata di Putin! La Russia è un continente affascinante e controverso, non facile nemmeno da governare. Mi piacerebbe tanto tornare, ma chissà ormai quando sarà possibile.
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Tornare in Russia puoi, ma tornare a casa… è quello che mi pare più difficile 😉
E poi lì è pieno di Olene, vai a sapere in che avventure assurde ti trascinerebbero!
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Verrei bullizzato come scrittore decadente e non escludo che mi beccherei anche del finuocchietto.
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¯\(°_o)/¯
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