Novecento .10: Sognare sotto il Terzo Reich

Non so perché fino all’ultimo fossi convinta che Il Terzo Reich dei sogni (titolo discutibile poiché fraintendibile, scelto in un secondo momento laddove l’idea iniziale era più simile a quello che ho dato al post) fosse opera di Wilhelm Reich. Una questione, credo, di (vecchie) copertine ed edizioni simili.
L’autrice si chiama invece Charlotte Beradt, non è psicanalista né nulla di analogo bensì giornalista (per altro ebrea), ed infatti insiste sul voler ricercare dei sogni dell’epoca, raccolti e commentati, non la psicogenesi ma il valore storico.
A questo proposito, pur riconoscendo la qualità del lavoro svolto, nella sua postfazione Bettelheim fa presente:

[…] non sono d’accordo con l’autrice, la quale sostiene che questi sogni non riguardano conflitti interiori, ma solo la realtà politica del momento e i conflitti del sognatore con la società.
Credo invece che essi abbiano le loro radici in conflitti intimi evocati dalla realtà sociale all’interno della persona che sogna.

E inoltre:

E’ un limite della presente raccolta che non vi siano inclusi sogni di nazisti convinti, né di un altro grande gruppo di sognatori: coloro che appoggiavano il regime perché permetteva loro di vendicarsi su persone che vedevano come nemici.
Ovviamente l’autrice non era nella condizione di ascoltare il racconto di questi sogni […]

Ciò detto, oltre ad essere meritoria in sé l’operazione di raccolta (semi-clandestina) dei sogni notturni di conoscenti ed estranei tuttavia disposti a raccontarli, per esempio, al proprio medico curante che faceva da tramite, trovo che essa sia stata condotta con metodo e discreto rigore.
Il contenuto dei non pochi sogni riportati, poi, è assai interessante e significativo in più d’un modo. Le tematiche sono numerose – dall’impossibilità di sottrarsi allo sguardo ed al giudizio, e ancor di più alla pressione altrui, fino ai sogni astratti-geometrici tipici dei confinati in campo di concentramento, passando per la necessità di dissimulare la propria opinione sul Partito, la spinta all’adattamento e poi all’assimilazione totale e l’alienazione da se stessi, alla perdita di autonomia prima e di senso dell’esistere infine. Dissenso e consenso, dunque, ma anche eros (desideri velati di approvazione e di elevazione).
Come riporta quest’articolo,

sono molto ricorrenti i sogni riguardo il controllo della mente, perquisizioni a sorpresa, regole e perdità di individualità.
Infatti, un uomo sogna poster, bandiere, barricate e megafoni da cui vengono declamate una serie di norme da rispettare, mentre un altro afferma che non riusciva a parlare, se non in coro con gli altri.
Il mondo dei sogni rappresentava all’epoca una dimensione in cui si era ancora liberi di agire e pensare senza costrizioni, in cui si poteva in parte riacquistare un senso di agency. 

Fino ad un certo punto, però.
Perché pian piano, per quanto fumosamente come avviene per cose che sono ancora allo stadio poco più che embrionale, anche i cittadini della Germania nazista iniziano a sentire narrazioni – via via sempre meno surreali e dalla parvenza ridicola – di microspie, sorveglianza costante e delazioni provenienti da ogni ambiente.
Nell’impossibilità di stabilire di chi e cosa fidarsi, anche nel sogno penetra la sensazione di non essere al sicuro, di non poter realmente esprimere, né essere, altro da quanto prospettato e desiderato dal regime.
Non è dunque poi così vero, o almeno non per tutti, che, come sostenne il gerarca Robert Ley,

l’unica persona che ancora conduca una vita privata
in Germania è qualcuno che dorme.

In più occasioni la Beradt suggerisce, non so fino a che punto prendendo l’ipotesi seriamente, che alcuni sogni particolarmente strutturati ed “esagerati” persino nella rappresentazione delle caratteristiche del nazismo (la raccolta è stata effettuata nel periodo 1933-’39: una fase dunque ancora relativamente iniziale) potessero essere profetici, nel senso naturalmente junghiano dell’inconscio collettivo e non in quello letterale-religioso.
Checché se ne pensi, è indubbio che come le storie orali di Svetlana Alexievich sui cittadini sovietici del dopoguerra, il lavoro di Beradt scopre gli effetti dei regimi autoritari sull’inconscio collettivo.
Ovviamente, anche se non nella totalità dei casi, questi sogni rivelano ebrei tedeschi e non ebrei come alle prese con la collaborazione e la conformità, paranoia e disgusto di sé, anche se, nella vita di veglia, hanno nascosto queste lotte agli altri e a se stessi.

Per acquistare l’edizione da me letta, potete andare su questa pagina dell’editore Meltemi.
Per leggere la prefazione di Reinhart Koselleck ed il primo capitolo, su questa pagina di Google Libri.

Nelle puntate precedenti:
> Novecento .1: Il fascismo, macchina imperfetta
> Novecento .2: L’Ur-Fascismo di Eco
> Novecento .3: Casapound Italia, di Elia Rosati
> Novecento .4: I ragazzi del Reich, di Dennis Gansel
> Novecento .5: Avene selvatiche, di Alessandro Preiser
> Novecento .6: Le altissime torri, di William Langewiesche
> Novecento .7: Brava e maledetta
> Novecento .8: La guerra di Hitler al cancro
> Novecento .9: Le assaggiatrici, di Rosella Postorino

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5 pensieri riguardo “Novecento .10: Sognare sotto il Terzo Reich

  1. Argomento intrigantissimo e sorprendente, la “cacciatrice di sogni” è un’attività che mai avrei creduto potesse esistere, eppure è una ricerca unica che mi chiedo se altri abbiano mai avuto un’idea simile, legate però ad altre realtà. Davvero una splendida chicca 😉

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    1. Non ricordo come mi sia capitato sotto gli occhi, immagino durante una delle mie cacce ai “diari di sogni” (per i quali ho creato uno scaffale apposito).
      Ma appunto una ricerca dedicata ad un tema specifico, ed in più di interesse generale e storico, è proprio una rarità.
      Per quanto mi riguarda se ne avessi la possibilità raccoglierei quanti più sogni legati al periodo pandemico, in tutti i suoi aspetti… tipo quelli che ho fatto spesso io, in cui entravo in una stanza – sempre diversa – o su un mezzo di trasporto pubblico, e mi rendevo conto di non avere la mascherina… con tutte le reazioni, mie e di chi mi stava vicino, del caso.

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      1. Ricordo che Borges amava citare sogni fatti, e anzi li usava per poesie e racconti. Memorabile il suo “La memoria di Shakespeare”, dove sognò di ricevere in dono la memoria del Bardo, o quella volta in cui sognò la data in cui sarebbe morto, per fortuna poi rivelatasi sbagliata 😛
        Ha anche raccontato sogni famosi di gente famosa, come quell’imperatore cinese che sognò di essere farfalla e di chiedersi se non fosse vero il contrario, cioè non fosse stata una farfalla a sognare d’essere imperatore cinese. Vista questa tua passione dovresti andare a trovare il Maestro di Buenos Aires 😉

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