A ciascuno il suo divino. Ogni liturgia rappresenta una diversa teologia, idee di Dio apparentemente inconciliabili. […] Ma la Chiesa è appunto Cattolica, che in greco significa “universale”, capace di tutto comprendere.
Ciò non vuol dire che tutte le Messe siano ugualmente belle ed ugualmente efficaci. Il sacramento è sempre valido (Cristo è presente nell’ostia anche in caso di prete indegno o di canti strazianti) ma il suo potenziale di conversione cambia di volta in volta e di norma è sottoutilizzato.
Se una Messa riesce a catturare i sensi, anziché respingerli, lo Spirito che in essa si incarna si approfondisce in noi. E ci cambia, e cambia il mondo.
Guida alle Messe: quelle da non perdere, dove e perché di Langone si potrebbe ben riassumere così, con questo paragrafo dall’introduzione.
Sorprendentemente, poiché in genere non lo amo, l’ho trovato in questo agile ed utilissimo libretto assai sul pezzo e per niente pedante o irritante.
E’ certo roba che può interessare eminentemente i cattolici o comunque i credenti, ma non… crediate: le due tipologie di voto che il giornalista de Il Foglio e de Il Giornale attribuisce sono una per la liturgia, ed una per l’architettura – arredo interno delle chiese italiane nelle quali ha assistito a qualcosa come 200 celebrazioni, appositamente per recensirle su quotidiano prima e raccoglierle qui poi.

Tali (brevi, ficcanti) recensioni, meritorie di lettura integrale e non solo di consultazione occasionale, sono suddivise in due modi: nell’indice, per diocesi, e nel testo, secondo la caratterizzazione prevalente, distinguendosi in: messe più belle, messa pontificale, messe in latino / con canto gregoriano, eterni anni settanta (chitarre & tamburelli), mediatiche (chiese al plasma), santuari, misticismo, umano (troppo umano?), ospedaliere, brutte ma buone (buone messe in brutte chiese) e belle e cattive (cattive messe in belle chiese), movimenti, comunità, turistiche, cattedrali.
Nella paginetta (un semplice elenco) dedicata alle Messe più belle, in apertura, mi inorgoglisce notare che ben tre su diciassette fra quelle indicate sono proprio a Brescia! Vi figurano infatti: quella al Duomo Vecchio (o Rotonda), quella ai Santi Nazario e Celso, e quella a Santa Maria delle Grazie.
Alla prima, di domenica mattina, ho partecipato un’unica (ma memorabile) volta, e garantisco che c’è tutto quanto si possa desiderare dal rito: panche in legno – niente sedie -, candele in cera, latino / gregoriano, sacerdote rivolto versus Deum, eucarestia in ginocchio alla balaustra con telo sottostante. Citando Langone nella relativa scheda, ci sono più o meno tutti gli elementi che secondo l’ebreo Alain De Botton rendono “plausibile che Gesù fosse il figlio di Dio” (Architettura e felicità, Guanda). A differenza di quanto riportato dall’autore, appunto, ricordo bene che fu celebrata spalle ai fedeli (può banalmente essere un caso dovuto a diverse tempistiche di frequentazione), non ricordo tuttavia se l’ostia sia stata intinta nel vino: forse perché è una pratica che ho scoperto esistere (!) e dunque potuto apprezzare solo successivamente, ed in tempi anzi molto recenti (sigh).
In conclusione, un’ottima idea che potrebbe incuriosire, alla stregua di una guida del Gambero Rosso o Michelin, anche i “profani”: gli estimatori dell’arte e dell’estetica, i latin-lover (ossia gli appassionati di latinorum) e la vostra vecchia zia monarchica Gertrude 😉