Elogio della Supertutina

Mi pare sia stato Leo Ortolani a cogliere in pieno le differenze tra DC e Marvel:
la DC cammina in processione e prega sui propri peccati,
la Marvel fa il trenino di Carnevale, brindando e cantando.

Lucius Etruscus su questo blog

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Ecco, io sono una DC-girl, su questo non ci piove.
Ma non è dell’eterna lotta tra Marvel e DC Comics che ho in animo di parlare, bensì dell’eterna lotta dell’uomo contro il suo peccato. Peccato – questa parola volgare! Avreste mai detto che una persona illuminata come me, ancorché cattolica, potesse credere seriamente al peccato? In quest’epoca di abolizione del giudizio, poi!
Bene, meglio sapere presto se non subito con quali bestie si ha a che fare; internet poi è pieno di squali e di squale (tu chiamale, se vuoi, pari opportunità in politically correct sauce).

Ma dicevamo del peccato.
Dovete sapere che si può peccare non solo per opere ma anche per omissioni; non solo per parole ma anche per pensieri. A molti ciò pare ingiusto: se desidero ed immagino una cosa, ma sfogo il desiderio appunto nel pensiero e non lo trasformo in realtà, che colpa ho?
La realtà.
Sembrerebbe un’idea ragionevole, se non fosse che realtà non è concretezza, tangibilità.
Il pensiero di un mandarino (la prima cosa che m’è venuta in mente) è intangibile, astratto, potremmo dire con Magritte: “ce n’est pas un tangerine”, o come diavolo si chiamano in francese. Non è tangibile, non è concreto (se con ciò intendiamo: materiale), ma è del tutto reale, è reale quanto il mandarino fatto di spicchi, fibre, acqua e buccia che staziona nella fruttiera di cucina.
Il pensiero trasforma la realtà concreta. Ed è inutile accanirsi per stabilire se sia la realtà per prima che crea il pensiero oppure il pensiero che crea per primo la realtà; sarebbe come voler stabilire se è nato prima l’uovo o la gallina, e ciò che conta è soltanto che entrambi, pensiero e realtà concreta, esistono altrettanto validamente e si influenzano a vicenda.
Perciò, ecco: anche pensare (il male, o malamente) è peccato.
Bruce Wayne che medita, per una volta e tanto per cambiare, di torcere il collo al criminale di turno anziché acciuffarlo e consegnarlo a Gordon perché lo sbatta in galera; sta già cadendo nel peccato. E lo sa! Non c’è bisogno che compia attivamente il male per esserne macchiato, già fantasticandolo e cullandone l’idea se ne macchia, già così ha bisogno di redimersi.
Non per il piacere di un vouyeur dell’anima quale viene considerato Dio da certuni, ma perché se l’uomo è uomo e non animale, ha volontà e coscienza tali da conferirgli potere sul proprio Sé. E, come ben sappiamo, da grandi poteri derivano grandi responsabilità.

Allo stesso modo, il giudizio espresso da un supereroe su un criminale – o la minaccia proferita nei suoi confronti – sono già una punizione per chi li incassa; proprio come l’ammonimento di un sacerdote, magari in confessionale, è sufficiente a sollevare gli effetti dell’inferno dentro un Daredevil senza che questi debba sperimentarlo in via definitiva: non diversamente che per il paradiso, è un già ma non ancora.
Non c’è galera o manicomio che possa eguagliare il potere annichilente di un verbo autorevole che afferma la tua posizione rispetto al bene, precisando che tra questa e quello esiste una distanza pari, direttamente proporzionale, alla tua sofferenza morale.
Sofferenza morale che non è sofferenza psicologica: non ci sono in questi frangenti contorcimenti emotivi, o comunque non sono lampanti, se ci sono, sono l’effetto e non la causa dello spavento che prende il peccatore davanti al suo peccato squadernato.
Vi ricorda qualcosa?
Nient’altro che il secondo ed il terzo dei Novissimi; giudizio ed inferno.
L’inferno, sia chiaro, non è il castigo inflitto dal dio trinitario – o dal semidio kryptoniano, o dall’umano che esegue la giustizia -; è, in negativo, l’assenza di quel benessere, di quella compiutezza, di quella realizzazione totale che è una cosa sola con chi alberga nel cuore di Dio. O, se volete, del “bene” sommo, del bene senza mezze misure.
Proprio ciò che più di ogni altra caratteristica molti odiano tanto in Dio, quanto in un supereroe. Perché non ti permette di scaricare sull’intransigenza di Chi hai di fronte, e ti legge dentro, la colpa del tuo destino: la causa di una sorte dannata è solo tua che autonomamente l’hai scelta e lasciata entrare dentro, un Altro più grande o più giusto può “soltanto” indicarla – testimoniarla.
Ed ecco perché un supereroe arriva sempre al suo scopo, non fa mai minacce a vuoto: la sua minaccia è sempre, a prescindere, un giudizio di colpevolezza, un mero rilevare l’inadeguatezza, e come tale un pugno in faccia (chiedo scusa per la rimaccia).
In altre parole, dal punto di vista narrativo concordo con Lucius che si scoccia delle continue minacce a vuoto delle supertutine… ma dal punto di vista etico, le trovo ineccepibili 😉

 

17 pensieri riguardo “Elogio della Supertutina

  1. A me viene in mente subito non un mandarino ma a come potrei stare con la super tutina… tipo quelle cose alla daisy duke, unico essere al mondo a stare bene coi pantaloncini… cerco di vedermi come wonder woman…ma …idem come prima..

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  2. Onorato di essere citato ben due volte e di aver provocato questa riflessione ^_^
    Se trovassi tutto ciò che hai descritto nelle supertutine le leggerei con molto più piacere, purtroppo non ci riesco, e a parte incontri saltuari io e loro ci limitiamo a “Buongiorno” e “Buonasera”, come col vicino di casa con cui non vai d’accordo.
    Nella vasta gamma di minacce della narrativa a fumetti – in realtà sono in ogni tipo di narrativa americana – quelle che più mi fanno impazzire sono fra personaggi immortali, che si minacciano di morte. Ho letto saghe dove per decine di pagine Deadpool e Wolverine si minacciano di morte… ma perché? Lo sappiamo tutti che nessuno dei due può morire, perché una elevata percentuale di suoi antagonisti perde tempo a minacciarlo di morte?
    Poi ci sono quelli che non possono sparare (perché è un fumetto per ragazzi e pochi personaggi hanno mandato di sparare) ma minacciano di farlo. “Ora ti sparo…” “Guarda che ti sparo…” “Se non stai zitto ti sparo…” “Occhio che ti sparo…” “Che voglia ho di spararti…” “Basta ora ti sparo…” Decine e decine di pagine così, senza che nessuno spari. E questa sarebbe narrativa??? Non è meglio il Punitore, che prima spara e poi tice “Ti ho sparato”? 😀

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    1. Vedi quali meraviglie (?) nascono da una mente offuscata dal sonno?
      (A proposito, stanotte un cardinale-diavolo ha cercato di convertirmi, perché non ero sinceramente cristiana e, anzi, stavo concupiscendo un tale di un luna park presso cui svolgevo delle indagini. Oh, e c’era anche un cane che mi si affezionava e diventava mio. La colpa di tutto ciò è tua, ovviamente) O_o

      Non sapevo che Wolverine non potesse morire – ma sì, è davvero oscenamente fantastico che qualcuno abbia davvero scritto scambi di battute simili 😀
      Comunque, beato te che ti scambi saluti formali con i vicini con cui non vai d’accordo: qui nella nostra palazzina, chi “non ti ama” ti passa di fianco muto e cieco come un ectoplasma, quando va bene. E quando va male, potrebbe pure metterti le mani addosso (storia vera).

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      1. Mi spiace di averti (non so come!) fatto nascere un sogno così strano! 😀
        Un numero impressionante di personaggi Marvel non può morire, finché la casa disperata cerca l’Effeto Superman: finge di farli morire, così c’è il picco di vendite, e poi tornano in qualche modo. Tanto con tutte le realtà alternative che hanno, che problema c’è?
        Per carità, tutto bello, però passare intere saghe a pronunciare esclusivamente minacce di morte quando è ovvio che sono vane, è davvero imbarazzante.

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        1. Ah, ma io mi ci sono divertita, nel sogno 🙂
          Ed il Tizio che stavo concupiscendo era veramente hot 😎
          Penso di aver avuto un’esplosione di fantasie da film-horror-stralunato dopo aver letto d’un fiato la tua casistica sui ghostwriter & writerghost 😋

          Certo, messa così, che du’ palle ah?
          Ad un certo punto ti immagini che un Charles Bronson versione fumetto, e rigorosamente in bianco e nero che fa più spartano, si intrufoli tra le tavole e spari a tutti i supereroi, ad uno ad uno.
          E stavolta rimarranno morti, perché fossero pure Superman dalle infinite vite di Carlino han paura, e se lui dice che sono morti, nessuno oserà contraddirlo.

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        2. Woah! Non dubitavo che avessi pronta in tasca una delle tue perle di conoscenza 😉
          Sarà stato il modo ufficiale per sfogare bassi istinti degli sceneggiatori, che magari la pensano come te ma sentono stringere la museruola.

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  3. Ho letto. Il pensiero che mi è venuto è che praticamente i supereroi sono un’immagine di Dio. E’ questo che pensi, più o meno? In realtà il tuo post nasceva dalla volontà di esprimere un concetto teologico, e su questo non ho niente da dire, perché ciò che dici tu mi sembra vero e corretto. Ma poi mi ha un po’ incuriosito un certo parallelo che tu hai posto fra ruolo dello “sguardo giudicante” del supereroe e sguardo (o amore) giudicante di Dio (anche se hai ricordato che anche il supereroe può “peccare”.
    Poi ho trovato molto interessante ciò che tu chiami “il potere annichilente di un verbo autorevole che afferma la tua posizione rispetto al bene, precisando che tra questa e quello esiste una distanza pari, direttamente proporzionale, alla tua sofferenza morale”:
    Mi sembra che ce ne sia bisogno. Forse che io ne ho bisogno. Purtroppo, in questo, non solo possiamo lamentare l’assenza di un supereroe che svolga questa funzione verso di noi personalmente, ma anche la difficoltà di trovare confessori (la figura ecclesiale l’hai evocata tu) all’altezza di una tale responsabilità. Il fatto è, probabilmente, che in realtà tendiamo a confondere (non ne abbiamo quasi mai colpa) la figura del confessore (ministro della misericordia di Dio) con quella del maestro, della guida, del guru, del direttore spirituale (che, quello sì, giudica, inchioda e spaventa).
    Ma non voglio allontanarmi dal tema. Pensieri, parole, opere e omissioni. Certo. Maxima culpa. Il pensiero guida l’azione e l’azione condiziona il pensiero. Purtroppo. So bene come l’autocondiscendenza possa condannarci all’autocompiacimento. E (forse) siamo fregati. Ma anche no.

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    1. In realtà stabilire un parallelismo perfetto tra un supereroe e Dio non è possibile, sarebbe fuorviante; anche se di analogie simili, che ci vanno vicino, se ne fanno e ne ho fatte anch’io – l’ultima, mi pare, tra Superman e Cristo.
      Van bene per capirsi e per speculare, ma non da prendere troppo sul serio: le differenze sono pari se non superiori alle somiglianze.
      Per esempio qui non mi premeva, come giustamente hai notato, fare della figura del supereroe un idolo, ma buttar giù un paio di idee che la chiacchierata con Lucius ha sollevato, e che meritano uno sguardo più da vicino.

      Ma al di là di questo, sì, avremmo bisogno di più super-sacerdoti, per gli amici super-sacer. Può capitare di cercare in un “semplice” confessore un padre spirituale, è vero, ma credo che il problema sia un altro e più decisivo: spesso in confessionale non troviamo affatto buoni confessori, sacerdoti un minimo capaci.
      Ci troviamo invece pretuzzi standard, fatti con lo stampino e piuttosto, duole dirlo e che Dio mi perdoni, delle sciacquette, shampiste da peccato qualunque. E meno male che il sacramento agisce comunque, altrimenti sì che saremmo davvero fregati.
      Tra l’altro, anche una certa continuità tra sacerdote e fedele, che non ti capiti ogni volta un confessore diverso, sarebbe a mio avviso importante.

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